Il vero pericolo per la salute di cuore e arterie è costituito dagli acidi grassi cosiddetti trans, che si formano durante un processo industriale che serve a solidificare gli oli vegetali (idrogenazione). Poiché il palma è per natura in forma semisolida e può essere facilmente frazionato, separando la parte liquida da quella solida, non viene in genere sottoposto a questo processo.
Riassumendo: come il burro e gli altri oli vegetali, il palma è sicuramente meglio degli acidi grassi trans (e in effetti va detto che la maggior parte delle aziende alimentare ha eliminato il ricorso a grassi idrogenati). Allo stesso tempo, sembra non sia peggiore del burro.
Tutto bene, allora? Via libera per il grasso di palma? Non proprio, e per varie ragioni. «Intanto perché c’è il rischio che contenga residui di sostanze tossiche usate per la coltivazione o nelle aree di coltivazione» sottolinea Enzo Spisni, docente di fisiologia della nutrizione all’Università di Bologna. «Non dimentichiamo che l’olio di palma viene da zone in cui è ancora impiegato il DDT. In realtà i dosaggi effettuati finora in ambito internazionale non hanno riscontrato la presenza di queste sostanze in quantità superiori alle soglie consentite.
Però c’è sempre la possibilità di un effetto accumulo, critico soprattutto per i bambini». In secondo luogo, va tenuto presente il rischio di lavorazioni industriali che possano alterare il grado di pericolosità dell’olio di palma. Stiamo parlando in particolare della cosiddetta interesterificazione, un processo chimico che permette di ridistribuire e riorganizzare le molecole di acidi grassi degli oli vegetali per influenzarne le proprietà fisico-chimico. Non ci sono ancora risultati definitivi sull’argomento, ma alcuni studi preliminari suggeriscono che l’olio di palma interesterificato possa avere effetti negativi sul metabolismo dei grassi e dunque sulla salute di cuore e arterie. Il problema si pone perché non è richiesto (né lo sarà con l’entrata in vigore della nuova normativa europea, il 13 dicembre 2014) di indicare in etichetta la presenza di grassi interesterificati.
In ogni caso, va chiarito con forza che la parziale riabilitazione dei grassi, palma compreso, si riferisce a situazioni di equilibrio nutrizionale. Il messaggio non deve essere frainteso: certo, non c’è ragione per demonizzare il palma, come non c’è ragione per demonizzare il burro. Un po’ di olio di palma o un po’ di burro e latticini non fanno alcun danno se assunti nell’ambito di una dieta varia ed equilibrata, se possibile di stampo mediterraneo.
E in effetti le Linee guida per una sana alimentazione dell’INRAN non “vietano” i grassi, ma ne consigliano un consumo moderato: in una alimentazione corretta, dovrebbero apportare dal 25 al 35% al massimo della quota calorica giornaliera e dovrebbero essere variamente distribuiti tra saturi (non più del 7-10% delle calorie totali), monoinsaturi (fino al 20%) e polinsaturi (circa il 7%). Allo stesso tempo, però, questo non significa che si possa esagerare.
Il problema, dunque, è la quantità e in particolar modo il fatto che spesso assumiamo olio di palma in modo inconsapevole. In una giornata, le occasioni per consumarlo sono tantissime: dai cereali croccanti della colazione, ai biscotti confezionati con cui accompagnare il caffè di metà mattina. Dal toast del pranzo, al gelato industriale di metà pomeriggio, fino alla crema spalmabile per chiudere in dolcezza la cena (tutti prodotti che possono contenere olio di palma). Decisamente troppo. «Invece, il consumo di prodotti con olio di palma dovrebbe essere limitato al massimo a una volta al giorno e se possibile non tutti i giorni» afferma Laura Rossi, nutrizionista del Centro di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (ex Inran). «Se ne assumiamo uno a colazione, dovremmo ricordare che abbiamo esaurito le occasioni per la giornata e sostituire gli altri snack con frutta, pomodori ciliegini, frutta secca». Questo per quanto riguarda il consumatore. Anche l’industria alimentare, però, dovrebbe fare la sua parte, cercando di ridurre il più possibile il contenuto di olio di palma dei suoi prodotti.
© Riproduzione riservata
Le donazioni si possono fare:
* Con Carta di credito (attraverso PayPal): clicca qui
* Con bonifico bancario: IBAN: IT 77 Q 02008 01622 000110003264
indicando come causale: sostieni Ilfattoalimentare
giornalista scientifica
Ecco un motivo in più per rinunciare all’olio di palma:
http://www.corriere.it/foto-gallery/ambiente/14_settembre_03/sumatra-strage-elefanti-disturbano-coltivazioni-palma-olio-a65f4bf0-3340-11e4-9d48-ef4163c6635c.shtml
Complimenti per l’articolo! E’ interessante il dato che i grassi saturi devono costituire il 7-10% delle calorie totali. Quindi una persona che consuma 2000 kcal (l’italiano adulto medio) ha un “budget” giornaliero di massimo 22 g di grassi saturi!
1 cucchiaio di parmigiano sulla pasta ce ne dona 1,8 g
2 uova ne contengono 3,5 g
10 g di burro ce ne donano 5 g
Una tazza di latte intero da 250 g ne contiene 5,5 g
10 taralli del Mulino Bianco 7 g
100 g di salame o mortadella ce ne donano 10 g
Una crescenza (100 g) ce ne regala 13,6 g
6 grisbì ne esauriscono totalmente il budget: 22,5 g
10 taralli, 6 grisbì… ma io mi sento in colpa se ne mangio solo 5. Certo poi forse esagero con spalmabili vari e cioccolato ma questa “dieta” succitata non mi sembra tento sana…?
CIAO ROBERTO non era mia intenzione citare una dieta, ma solo far capire che raggiungere il massimo consentito di grassi saturi è molto facile e che ci sono alimenti, come le uova, che in genere si reputano poco salutari invece contengono meno grassi saturi di altri, tacciati come dietetici (come la crescenza) o di alcuni biscotti.
Articolo molto esaustivo.
Segnalo un articolo analogo (più semplice) che ho postato qualche settimana fa per rispondere ad un quesito che mi era stato posto.
http://www.dietaesalute.it/2014/08/olio-di-palma-si-olio-di-palma-no.html
grazie,sig.Pratesi,per l’articolo e soprattutto per aver chiaramente fatto i nomi delle aziende alimentari responsabili della malnutrizione
perché sistematicamente censurate i messaggi che contengono nomi di marchi “FAMOSI”? se barilla usa oli di palma,perchè non lo si può dire?
Gentile Fr, non censuriamo niente, anzi abbiamo più volte sottolineato come molte aziende famose (tra cui Barilla) impieghino l’olio di palma. Qui di seguito il link di uno degli ultimi articoli sull’argomento: http://www.ilfattoalimentare.it/biscottone-mulino-bianco.html