Schermata 2014-12-15 alle 10.45.18Gentile Direttore,

in data 3 dicembre su Il Fatto Alimentare è stato pubblicato un articolo sull’olio di palma nel quale si fa riferimento a uno studio condotto da me e dai miei collaboratori e pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition nel 2014. Vorrei fare notare che la descrizione da voi pubblicata non riflette assolutamente il contenuto e i risultati riportati nello studio originale.

In particolare:

– lo studio NON ha evidenziato “che il consumo abituale di olio di palma fa aumentare in modo significativo la concentrazione di grassi nel sangue, dal colesterolo ai trigliceridi”;

– lo studio NON ha evidenziato “che il rapporto tra colesterolo cattivo (LDL) e buono ( HDL) aumenta”;

– infine lo studio NON ha evidenziato una “maggiore presenza di colesterolo cattivo nel sangue tra gli abituali consumatori di olio di palma, rispetto alle persone che impiegano altri grassi decisamente più salutari come l’olio extravergine di oliva” (nello studio in questione l’olio extravergine d’oliva non viene neanche menzionato).

I risultati dello studio, al contrario, indicano che quando l’olio di palma viene sostituito agli altri principali grassi o oli presenti nella dieta non vi sono delle evidenze scientifiche solide di un suo ruolo negativo per quanto riguarda il rischio di malattie cardiovascolari. Vorrei anche segnalarle che a giugno 2014 ero stata contattata da una sua collaboratrice, alla quale, oltre che avere inviato le pubblicazioni dei miei studi sull’olio di palma, avevo dato piena disponibilità per rispondere ad eventuali domande e spiegare gli studi effettuati. Sono rimasta quindi sorpresa da non essere stata più contattata per rispondere ad alcuna domanda e poi vedere il nostro studio interpretato in maniera non corretta.

Elena Fattori,  responsabile Unità valutazione di rischio degli inquinanti ambientali IRCCS Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri – Milano 10 dicembre 2014

 

olio di palmaEcco la replica di Anna Villarini

I risultati e le conclusioni, tradotte dal testo inglese dell’articolo pubblicato dicono che:

– sono stati inclusi 51 studi. La durata degli studi d’intervento nutrizionale variava da 2 a 16 settimane. Il confronto tra diete con olio di palma e diete ricche di acido stearico, monoinsaturi acidi grassi (MUFA), e acidi grassi polinsaturi (PUFA) hanno mostrato significativamente più alto TC, colesterolo LDL, apolipoproteina B, colesterolo HDL e apolipoproteina AI, mentre degli stessi biomarcatori erano significativamente più bassi rispetto a diete ricche di acido miristico/laurico.

Il confronto tra diete ricche in olio di palma e diete ricche di acidi grassi trans ha mostrato significativamente più alta la concentrazione di colesterolo HDL e di apolipoproteina AI e significativamente più bassa quella dell’apolipoproteina B, i trigliceridi, e il rapporto TC / HDL colesterolo. Emerge quindi che l’olio di palma sta, in relazione ai marcatori per patologie cardiovascolari, in mezzo come rischio tra i grassi protettivi (mono e polinsaturi) e i grassi trans.

Inoltre, dato che il lavoro pubblicato parla di monoinsaturi, ho immaginato che si trattasse di acido oleico (ecco perché nomino l’olio extravergine di oliva) e il rapporto LDL/HDL risulta modificato negli studi riportati dove il confronto è fatto con l’acido stearico.

E dato che i risultati dello studio indicano che quando l’olio di palma viene sostituito agli altri principali grassi o oli presenti nella dieta non vi sono delle evidenze scientifiche solide di un suo ruolo negativo per quanto riguarda il rischio di malattie cardiovascolari, non possiamo escludere, visti anche gli altri studi citati (ma se ne possono citare anche altri), che un aumento di rischio ci sia, riferibile principalmente all’acido grasso palmitico. Per il principio di precauzione se ne dovrebbe vietare l’uso alimentare almeno fino a quando non ci saranno evidenze solide che non danneggi in alcun modo la salute e questo male si sposa con risultati di studi di breve durata (come ad esempio di 2 settimane).

Anna Villarini biologa nutrizionista presso l’Istituto nazionale dei tumori di Milano

 

Il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade hanno lanciato una petizione su Change.org per fermare l’invasione dell’olio di palma.

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Fabrizio Giudici
15 Dicembre 2014 13:20

Qui mi pare si inizi a fare confusione. Non apprezzo l’olio di palma e mi interessa relativamente poco il dibattito visto che non mi sembra ci siano prodotti di cui mi rifornisco che lo contengano (visto che se ne è parlato recentemente, non ho mai mangiato Nutella). Mi indispettisce l’atteggiamento dei produttori come Ferrero ed altri che, dopo aver fatto finta per decenni che l’olio di palma non esista, ora si apprestano ad “intortare” l’opinione pubblica facendolo passare per un ingrediente di qualità.

Ma sentire parlare del principio di precauzione, per di più in ambito scientifico, mi fa rizzare i capelli in testa. Il principio di precauzione non esiste, è politichese puro che si usa per trovare una pseudo-giustificazione a tutto. Se dovessimo applicare il principio di precauzione senza doppi standard, non dovremmo neanche uscire di casa.

L’unico approccio serio è il rapporto costo benefici, che però richiede una quantificazione di entrambi, costo e benefici.

È anche abbastanza seccante vedere citato un articolo scientifico dandogli un senso diverso da quello inteso dagli autori.

elenita
elenita
15 Dicembre 2014 14:09

Concordo con F. Giudici per quanto riguarda il principio di precauzione… l’olio di palma provocherà (forse! e l’articolo originale sottolinea FORSE) dei maggiori rischi, ma allora per il “Principio di evidenza” si dovrebbe vietare anche vino e tutto ciò che contiene alcol visto l’evidente danno alla salute! Chiaro che il grasso di palma non è indice di buona qualità (tralasciando poi la questione ecologica / sfruttamento, per me più significativa), ma parlando di Nutella e biscotti…la regola con questi snack dolci o salati è comunque non eccedere! E farebbero forse meno danno del famigerato mezzo bicchiere di rosso al giorno!

massimo
massimo
15 Dicembre 2014 18:30

Senza essere uno scienziato scrissi le stesse cose, il titolo era il contrario del contenuto dell’articolo.

pablo
pablo
16 Dicembre 2014 12:09

Signori se andate al supermercato vi accorgerete che non c’è alternativa al palm oil, che l’industria sta abusando di questo ingrediente. Perchè non posso avere alternative con olio d’oliva? Perchè devo avere solo prodotti ricchi di saturi? E sulla ristorazione scolastica? Qui non si parla di nutella ma della quasi totalità dei prodotti da forno e altro ancora…. la soluzione non è gli omega 3 ma ceeare alternativa, sensibilizzare sui saturi, sul burro è stato fatto di molto peggio in passato…

piergiorgio
piergiorgio
16 Dicembre 2014 12:45

Mi sembra una delle tante crociate che si portano avanti, più che per un’evidenza scientifica, per esorcizzare e combattere il male e, sentendosi dalla parte giusta, salvarsi, che sia l’olio di palma contenuto nel biscotto a colazione o il mezzo bicchiere di vino rosso come nel commento sopra.
Personalmente preferisco usare olio di oliva e burro, ma non credo che il burro sia più salutare dell’ olio di palma; così come non credo che spalmarsi il panino di nutella sia un comportamento a rischio.
Svuotarsi un barattolo di nutella al giorno al contrario lo è, ma anche in questo caso non credo che il problema vero sia l’olio di palma.
Per dire che, rispetto alla ‘chiamata alle armi’ per la crociata preferisco la stesura del manuale di sopravvivenza.

Fabrizio Giudici
16 Dicembre 2014 15:40

Un conto è criticare gli abusi dell’industria e chiedere che ci siano alternativa – d’accordissimo, per intenderci, ho firmato la petizione de Il Fatto Alimentare. Altro è parlare di pericoli senza quantificarli.

Sergio - saluteducazione
16 Dicembre 2014 19:05

E’ sempre difficile maneggiare gli studi scientifici, le metanalisi poi… uno dei problemi è legare l’aumento del colesterolo con un aumento del rischio cardiovascolare, in senso assoluto. Non è vero che qualsiasi modifica di un parametro si rifletta direttamente in una variazione del rischio, se lo intendiamo come probabilità di un evento ischemico un tot. Di tempo dopo l’aumento/diminuzione del parametro.
Consiglio (non richiesto) alla redazione di non fare lo stesso errore delle aziende farmaceutiche produttrici di farmaci contro il colesterolo, le quali hanno convinto le istituzioni ad abbassare le linee guida del colesterolo LDL sotto i 40 mg/dl per vendere un nuovo farmaco, senza nessun miglioramento in termini di mortalità.
La morale è: se è vero che l’olio di palma modifica qualche parametro, è tutto da dimostrare che a causa di questo le persone ne risentano, con aumento di infarti, ictus, ischemie e soprattutto morti. Nel nostro blog abbiamo riportato uno studio che suggerisce che l’utilizzo di olio di palma nei latti per neonati portino ad un minor assorbimento di calcio e modifiche nella consistenza delle feci. Non posso ancora dire che questa diminuzione provochi danni per la salute, però è un campanello d’allarme che suona. Come gli altri buoni articoli che avete scritto su questo argomento e che hanno il pregio di aver portato attenzione sull’abuso da parte dell’industria di un ingrediente scadente.

Roberto La Pira
Reply to  Sergio - saluteducazione
16 Dicembre 2014 19:10

Nel latte per bambini la quantità di olio di palma è davvero minima, nei biscotti che mangiamo al mattino la percentuale oscilla dal 15 al 25 %. Se proponessero alla gente di mangiare ogni mattina biscotti con questa percentuale di burro cosa direbbe

Sergio - saluteducazione
16 Dicembre 2014 21:28

Direi che lo fanno per scopi solo economici e aiuterei le persone a capire se fa male o bene, rendendo comprensibili gli studi che lo dimostrano.
Tuttavia consideri che di alimenti per adulti senza olio di palma ce ne sono parecchi, di latti per neonati solo 2 (forse tre). E i neonati mangiano solo latte, con un metabolismo piuttosto diverso dal nostro, quindi sono più esposti alle potenziali conseguenze negative.

Vincenzo Fogliano
Vincenzo Fogliano
19 Dicembre 2014 23:44

Mi fa molto piacere che la Dr.ssa Fattori sia intervenuta per denunciare l’uso improprio fatto del suo studio. Come avevo scritto nel commento all’altro articolo pubblicato qui non ci sono ad oggi evidenze scientifiche che ci dicano che l’olio di palma faccia male alla salute e quindi non c’è nessun principio di precauzione da adottare.
Purtroppo ci sono ricercatori seri che pubblicano i loro lavori su giornali scientifici veri e commentatori più o meno interessati che vogliono utilizzare la scienza per i loro fini.
La Dr.ssa Villarini piuttosto che interpretare in maniera (sbagliata) i lavori degli altri provi a scrivere Lei una metanalisi che dimostri gli effetti nocivi dell’olio di palma e quando gliela avranno pubblicata su una rivista scientifica seria ne riparleremo.

Roberto La Pira
Reply to  Vincenzo Fogliano
20 Dicembre 2014 10:23

Nel nostro articolo citiamo diversi lavori scientifici che muovono accuse all’olio di palma che nessuno ha messo in discussione. In un’altra nota del sito evidenziamo l’eccessiva presenza dell’olio di palma nella dieta di molti italiani e anche in questo caso nessuno ha detto niente. Alle persone che si occupano di nutrizione rivolgo l’invito a esprimersi su questo problema e sulla qualità dell’olio di palma. I nutrizionisti che ho sempre seguito come Carlo Cannella e Oliviero Sculati hanno sempre classificato il palma come un olio tropicale da evitare e in quegli anni la presenza nella dieta degli italiani era decisamente inferiore rispetto ad oggi. Che cosa è cambiato? Da lei Fogliano e da altri aspetto risposte .

Vincenzo Fogliano
Vincenzo Fogliano
20 Dicembre 2014 23:48

Caro La Pira,
la risposta che Lei mi chiede è nell’articolo della collega Fattori: oggi nel 2014, valutando tutto quello che è stato pubblicato finora, NON ci sono evidenze scientifiche che l’olio di palma faccia male alla salute. Capisco che per garantire successo alla vostra campagna contro l’olio di palma (che io condivido!) puntare sulla salute funzioni molto di più che parlare delle foreste e degli oranghi oppure dello sfruttamento dei contadini della Malesia, ma come ricercatori abbiamo il dovere di attenerci alla realtà dei fatti. Si può sempre trovare un nutrizionista che ha un opinione diversa o uno studio specifico che trova una certa correlazione, ma le metanalisi servono proprio come sintesi e la sintesi al 2014 pubblicata sul più autorevole giornale di nutrizione del mondo dice che NON ci sono evidenze. Questo è un fatto, non un opinione

Roberto La Pira
Reply to  Vincenzo Fogliano
21 Dicembre 2014 18:51

Caro Fogliano, la nostra iniziativa ha uno scopo preciso dire alla gente che la dieta quotidiana e caratterizzata dall’invasione dell’olio di palma. Un grasso di mediocre se non pessima qualità che gli stessi produttori come Ferrero e Mulino Bianco hanno nascosto ai consumatori , quasi
vergognandosi di citarlo in etichetta. Anzi. Mulino Bianco ha sempre parlato di ingredienti genuini e di qualità salvo poi dimenticarsi di citare il palma nell’elenco degli ingredienti. Nessuno mi ha ancora spiegato perché le aziende hanno tenuto nascosto per almeno 20 anni questo ingrediente. Anche lei non risponde. Ribadisco il concetto se dico a una persona che ha mangiato 40 g di burro si agita se dico 40 g al giorno di olio vegetale e invece tranquillo. Tutto ciò per me ha a che fare con la salute. Vede. Caro Fogliano. Cannella e Sculati non erano due nutrizionisti ma i”nutrizionisti” e comunque nessun addetto ai lavori che si occupa di nutrizione ha preso la parola per difendere il palma. Ci sarà un motivo. Le metanalisi di cui parla non hanno preso in considerazione che oggi una parte consistente della popolazione assume una quantità elevata di grasso di palma a sua insaputa e non si tratta di 5 o 10 grammi. Questa è l’altra questione che aspetta una risposta.

massimo
massimo
22 Dicembre 2014 12:56

Stiamo passando dal bigottismo al terrorismo alimentare… E’ dimostrato che il palm oil non è nocivo ma non basta. E’ il principio aberrante dell’inversione della prova, e’ necessario dimostrare che ha degli effetti benefici ??

Vincenzo Fogliano
Vincenzo Fogliano
23 Dicembre 2014 16:29

Caro La Pira,
sulla trasparenza delle etichette con me sfonda una porta aperta, sicuramente le aziende hanno giocato sulla dicitura grasso vegetale invece di grasso di palma come su tante altre cose.
Ricordiamoci anche che la tecnologia di raffinazione e di inter-esterificazione dei grassi è tale che da qualsiasi materia prima grassa si possono ottenere frazioni con composizione totalmente diversa. Possiamo ottenere grassi solidi partendo dal girasole e oli insaturi partendo dalla palma. E’ solo una questione di costi, ma la realtà può essere molto più complessa di quello che appare e che al peggio non c’è mai fine http://en.wikipedia.org/wiki/Gutter_oil

Comunque mi pare che agli aficionados di questo post ormai la questione sia chiara. La ringrazio per lo spazio e Le auguro Buone Feste… con un bel panettone al burro!

ezio
ezio
31 Dicembre 2014 12:39

Vede caro Fogliano, quello che manca in questa trattazione è il concetto d’insieme, che solitamente non esiste nel campo della ricerca scientifica.
In ricerca dove lei dimostra di eccellere insieme alla Fattori, ci si concentra su di un aspetto alla volta e lo si affronta con tutti gli strumenti che lo stato dell’arte mette a disposizione.
Quando si tratta di un composto prodotto da madre-natura e da noi trasformato in alimento, la prudenza dovrebbe essere il principio primo che ci guida e non secondario o addirittura invertendone l’onere della prova.
Ora se proviamo a fare la somma dei dati disponibili e non solo l’ingrandimento di un aspetto singolo, come lei è portato a fare per deformazione professionale, dovrà osservare che è la somma degli ingredienti ed il procedimento che fa una torta e non un singolo ingrediente/aspetto dell’insieme.
Questo insieme ho colto nell’iniziativa de Il Fatto Alimentare e che condivido in pieno.
La qualità dell’ingrediente, la quantità giornaliera diventata veramente eccessiva per la mancanza di scrupoli dei produttori di alimenti, la coltivazione invasiva, la gestione disumana delle piantagioni, l’estrazione e l’industrializzazione spinta di questo grasso, sono tutti aspetti di un unico problema che va affrontato senza i paraocchi della zummata scientifica, ancora provvisoria per mancanza di dati sul lungo e lunghissimo periodo.

Fabrizio Giudici
Reply to  ezio
31 Dicembre 2014 13:45

Scusi Ezio, ma il suo discorso francamente è poco accettabile e molto confusionario, anche se parte da un punto condivisibile. Innanzitutto mettiamo da parte la coltivazione invasiva e la gestione disumana delle piantagioni: non perché non siano problemi importanti – per me la gestione disumana è anche più importante dei potenziali rischi alimentari -, ma perché vanno affrontati con argomenti diversi da quelli degli acidi grassi saturi eccetera. Qui si parla di alimenti ed è corretto che ci si mantenga focalizzati sugli argomenti correlati. Da altre parti chi vorrà parlerà dei problemi ambientali ed umani.

È un bene non perdere il punto di vista globale, è vero che l’approccio scientifico non è l’unico, ma non possiamo fare un pastone. Quando si fa un pastone si dà un vantaggio ai tele-predicatori, ed è abbastanza scontato che poi vincono i più furbi.

La prudenza è una cosa buona, la presupposta inversione dell’onere della prova è altra cosa. Se per assurdo nei secoli precedenti i nostri antenati avessero dovuto seguire il travisato concetto di prudenza per cui bisogna prima provare all’estremo che una cosa non è dannosa (salvo ovviamente fatti evidenti), avrebbero dovuto rinunciare a pomodori, patate, mais, cacao e tonnellate di altre cose, semplicemente perché non avrebbero potuto dimostrarne la non tossicità, non avendone gli strumenti.

Questa forma di prudenza eccessiva è frutto di una deformazione moderna, quella del “rischio zero”: sembra che prima di fare una qualsiasi cosa dobbiamo assolutamente avere una valutazione totale e precisa di tutte le sue conseguenze. È semplicemente impossibile e poi non esistono cose a rischio zero. Anche questo atteggiamento è una conseguenza del pastone di cui parlavo prima.

Pellegrino
Pellegrino
Reply to  ezio
1 Gennaio 2015 18:09

E’ vero, l’industria è cattiva e i produttori di alimenti sono senza scrupoli, come dice Ezio…mica ne tengono conto Fogliano e Fattori no? Si occupano di scienza, che possono capire? Meno male poi che c’è una Villarini, che spiega a Elena Fattori il lavoro che la stessa Elena Fattori ha scritto.
Per fortuna ci sono queste petizioni per salvaguardarci dalla maligna industria agroalimentare. Ma vogliamo mettere una bella pasta frolla fatta dalla nonna secondo un’antica ricetta prodotta nella seconda metà del 1800, giusto un attimo prima che la rivoluzione industriale prendesse il sopravvento impedendoci con la sua perfidia di mangiare alimenti genuinamente contaminati del contadino e di morire di colera e di peste? Ma vogliamo mettere 300 grammi di farina (meglio se si grattugiano i chicchi di grano uno per uno), 150 grammi di burro, 125 grammi di zucchero, un uovo ed un tuorlo? Facendo due conti con le tabelle di composizione degli alimenti vediamo che questa pasta frolla ha un totale 11,6% di grassi saturi. Mica come la pasta frolla industriale che possiamo trovare già pronta, nella quale i produttori, senza il minimo scrupolo aggiungano olio di palma in quantità tale da portare i saturi a non superare l’8%!. Ah già…dite che l’8% è meno dell’11,6? Sì, può anche essere vero, però è fatto dall’industria, quindi deve fare male per forza. Magari ci sono dei conservanti che non vengono riportati in etichetta, magari le scie chimiche, magari hanno vaccinato il grano…
E che dire dei frollini fatti amorevolmente in casa con mani che sanno di mamma? 250 grammi di farina, 150 grammi di burro, 80 grammi di zucchero, due uova, lievito e un pizzico di sale. Mescolando tutti gli ingredienti, prima ancora di cuocerli hanno una percentuale di grassi saturi del 14-15%. Già da crudi sono superiori ai valori della maggior parte dei biscotti della perfida industria che fa prodotti pieni di saturi e non esita a mettere generose quantità del velenosissimo olio di palma: macine Mulino Bianco 10,8%, gocciole Pavesi 12,6, buoni così Galbusera 8,4%, gran frollino Colussi 8,3%. Vabè ma l’industria è maligna e perfida perché produce prodotti buoni e quindi invogliano noi poveri e indifesi cittadini a mangiare troppo. Da cotti la percentuale di saturi di un frollino “mammalingo” è del 20%. E’ ora quindi che si intervenga e che 40 mila cittadini non ottusi dalla scienza possano liberarci dalla malignità e dall’inganno dell’industria.

Roberto La Pira
Reply to  Pellegrino
2 Gennaio 2015 09:53

Pellegrino, la sua dissertazione è interessante ma forse dimentica che nel sito abbiamo redatto 4 articoli con l’elenco dei biscotti, delle merendine, degli snack salati e dolci e anche delle creme alla nocciola spalmabili che non contengono olio di palma. Perché allora fare un confronto con una ricetta “ideale” di biscotti fatti in casa ?

Rossella
Rossella
2 Gennaio 2015 12:01

Mi sembra ormai chiaro che ci si sia impantanati in una crociata che andava evitata: un conto è informare pienamente e correttamente, un conto è fare crociate.
Alla dott.ssa Fattori, che fa appello al principio di precauzione, consiglierei, in omaggio al suddetto principio, di astenersi dal mangiare e bere quasi tutto ciò che è in natura, come tutto ciò che è trasformato dall’uomo.

Roberto La Pira
Reply to  Rossella
2 Gennaio 2015 15:53

Una crociata impantanata che ha raccolto 93 mila firme è sicuramente un buon risultato. In ogni caso noi facciamo inchieste e non crociate.

Pellegrino
Pellegrino
2 Gennaio 2015 13:56

Semplice La Pira, perché non c’è alcun motivo per fare biscotti senza olio di palma perché comunque per fare un buon prodotto da forno servono i saturi e quindi che lei li prenda dal palma, dal cocco o dal burro non fa differenza e lei dovrebbe saperlo. Le ho fatto il confronto perché la sua petizione popolare sfrutta la pancia dei lettori e non la testa. Non è l’olio di palma ad essere nocivo alla salute, ma, forse il grasso saturo (e non è nemmeno detto). Le ho fatto notare che i prodotti che contengono olio di palma hanno meno saturi dei quelli fatti col burro tutto qui.
Poi lei può fare anche i biscotti con l’olio extravergine di oliva e, ammesso che siano più salutari (ne dubito) certamente sono più cattivi.

Roberto La Pira
Reply to  Pellegrino
2 Gennaio 2015 15:48

Per fare un buon prodotto da forno ci vuole il burro e non il grasso di palma. Si è mai chiesto perché la colomba e il panettone considerati i migliori prodotti della pasticceria industriale sono fatti con il burro e non con il grasso di palma e la ricetta è anche “protetta” . Si è mai chiesto perché al supermercato non si vende il burro di palma per fare i dolci? L’extra vergine di oliva buono lo uso per l’insalata.