L’ultimo Global Forum del Who (World Health Organization), a fine aprile a Mosca, è stato dedicato alle malattie associate a stili di vita e diete squilibrati. Patologie cardio-coronariche, diabete, infarti, tumori ai polmoni e disturbi respiratori sono, a livello globale, la causa del 63 per cento delle morti premature (il 70% in USA e il 90% in Russia).

Il direttore generale dell’Oms Margaret Chan ha puntato l’indice contro tabacco e cibi non salutari, tra i responsabili di una situazione descritta «senza esagerare, come un disastro in corso per la salute pubblica, la società e soprattutto per le economie nazionali».

Un giudizio severo e una provocazione, rivolti alle industrie del food & beverage: «Serve davvero ai vostri interessi produrre, commercializzare, distribuire e promuovere con pubblicità aggressiva – specialmente verso i bambini – prodotti che danneggiano la salute dei vostri consumatori? Che senso ha tutto ciò rispetto alle dichiarazioni di principio su teoriche «missioni in ambito sociale»?

E «dove sta il vantaggio della crescita economica, ha proseguito Mrs. Chan, se questa viene annullata dai costi – della sanità, della perdita di produttività, dalle morti premature – che invece è possibile prevenire?».

PepsiCo, Coca Cola, Nestlé e altri gruppi industriali, assieme alla World Federation of Advertisers, hanno presentato le proposte di autoregolamentazione sviluppate dalla International Food and Beverage Alliance (Ifba): riformulazione (cioè modifica in chiave salutistica delle ricette); pubblicità responsabile; sostegno a partnership tra pubblico e privato.

Ma ciò potrebbe non bastare: nelle relazioni delle ong, della Public Private Partnership, del Global Health Council e degli Stati membri sono state annotate le debolezze, le lacune e la scarsa concretezza delle suddette proposte. Ed è stato suggerito perciò di introdurre apposite legislazioni, per limitare la pubblicità del junk food e controllare l’effettiva riformulazione dei prodotti.

Sirpa Sarlio-Lahteenkorva, del ministero della Salute finlandese, ha descritto l’esempio della riduzione del sale dagli alimenti nel suo paese: le iniziative volontarie, all’inizio timide, hanno portato risultati solo quando il Governo ha imposto di indicare il tenore di sale sulle etichette di tutti i cibi. D’altra parte, la proposta di regolamento per l’informazione al consumatore sui prodotti alimentari contempla anche tale indicazione, nell’esaustiva tabella nutrizionale prevista come obbligatoria.

Il direttore generale dell’Oms ha concluso il dibattito sul “bastone o la carota” con un messaggio chiaro: gli Stati membri dovranno valutare l’idoneità delle iniziative volontarie dell’industria a realizzare gli obiettivi posti, mediante attento monitoraggio delle attività e dei risultati da parte di organismi indipendenti. Provvederanno, quando necessario, a intervenire con misure imperative. «Let’s move!», direbbe Michelle Obama.

Le Raccomandazioni del Who Global Forum e delle successive riunioni ministeriali (del 28 e 29 aprile) andranno alla World Health Assembly di maggio e quindi allo High level meeting dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a settembre.

Dario Dongo

foto: Photos.com

Per maggiori informazioni:

http://www.who.int/dg/speeches/2011/global_forum_ncd_20110427/en/index.htm

http://www.who.int/dg/speeches/2011/ministerial_conf_ncd_20110428/en/index.html

http://www.washingtonpost.com/world/who-takes-on-chronicdisease/2011/04/29/AF0GBEFF_story.html

http://apps.who.int/gb/ebwha/pdf_files/WHA64/A64_21-en.pdf