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pesca pesci
I Pfas sono presenti in tutta la catena alimentare ma soprattutto nei pesci

Una sessantina di comuni veneti situati in una vasta area tra Vicenza, Verona e Padova, sono vittime da anni di un inquinamento che interessa le acque potabili e di falda probabilmente causata da attività industriali.  Il problema è talmente diffuso che è stato adottato un programma di analisi del sangue su uomini e animali, oltre a un campionamento di alimenti di produzione locale alla ricerca di sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) riconosciute come  interferenti endocrini correlate a patologie riguardanti pelle, polmoni e reni. Le Pfas sono definite “microinquinanti emergenti” perché sono frutto di un’industria chimica recente e per questo motivo non vengono monitorate dalle indagini di laboratorio condotte di routine.

Le analisi sono state effettuate dai servizi veterinari e di igiene delle aziende sanitarie locali e i risultati dovranno essere ora valutati dal Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità. La difficoltà di una valutazione effettiva del rischio alimentare e ambientale sta nel fatto che, allo stato attuale, non esistono disposizioni di legge, non solo a livello comunitario, ma anche nazionale o internazionale, che disciplinino la presenza di Pfas negli alimenti. Sono stati individuati valori soglia solo per le acque potabili che però differiscono da paese a paese.

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L’acqua inquinata ha veicolato ovunque i Pfas

Il consigliere regionale veneto del Pd Andrea Zanoni ha ottenuto dalla Regione i risultati di 210 campionamenti alimenti, dove i Pfas, che dovrebbero essere assenti, risultano presenti in quasi tutta la catena alimentare, segno che probabilmente l’acqua inquinata le ha veicolate ovunque. Le analisi, focalizzate in particolare  su Pfoa (acido perfluoroottanoico),  Pfos (perfluorottano sulfonato) e Pfba (Acido PerfluoroButanoico), sono state effettuate su: foraggi, pesci di diverse specie (carpa, trota, cavedano, pesce gatto, scardola, carpa carassio), volatili (pollo, tacchino, fagiano, faraona, anatra), mammiferi (bovini, ovini e vaprini); verdure (insalata, bieta, carote, patate, pan di zucchero, asparagi, ravanelli, radicchio) e uova di gallina.

Nella risposta delle autorità sanitarie indirizzata a Zanoni si legge: “Da una prima valutazione i valori riscontrati per Pfos e Pfoa si presentano più elevati rispetto ad alcuni dati presenti in bibliografia, peraltro ascrivibili a scenari diversi e non associati a specifiche criticità ambientali”. Dalle tabelle allegate emerge che le analisi con valori superiori al livello di attenzione (relative a una contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche con concentrazioni superiori a 1 microgrammo per chilo), si riferiscono in particolare ai Pfos presenti su 33 campioni, mentre gli sforamenti per i Pfoa riguardano 4 campioni e  3 per Pfba.

I campioni positivi al Pfba, per un valore variabile da 1 a 57,4 microgrammi/kg (ug/kg), riguardano: 11 campioni di uova, 10 campioni di pesce, 9 campioni di bovini , 2 campioni di insalata, 1 campione di bieta, foraggio, pollo, fagiano, capra.

Sorprendono in particolare i 57,4 ug/kg di residui trovati in una scarola (pesce) prelevata  e i 18,4 ug/kg di una carpa prelevata a Creazzo, i 33,9 ug/kg di un pesce prelevato nel fiume Fratta a Cologna Veneta e i 21,2 ug/kg su un uovo di un allevamento domestico munito di pozzo di Cologna Veneta.

interferenti endocrini
La causa della contaminazione potrebbe essere una locale industria

In un’interrogazione rivolta alla Giunta regionale del Veneto, Zanoni ricorda che “l’Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale (Arpa) del Veneto avrebbe a suo tempo individuato la fonte della contaminazione negli scarichi di una locale industria. I composti del fluoro vengono infatti utilizzati per impermeabilizzare tessuti, carta, contenitori per alimenti”, e chiede “quali azioni urgenti intende avviare la Regione del Veneto affinché siano accertate e rimosse le cause della suddetta fonte inquinante nonché individuate le relative responsabilità al fine di tutelare la salute della popolazione coinvolta e di risarcire i costi sostenuti dalle amministrazioni locali per l’attuazione degli interventi di emergenza ambientale già effettuati”.

Il Ministero dell’Ambiente avverte che Pfos e Pfoa sono due composti chimici persistenti, possono accumularsi e occorrono anni prima che siano eliminati.

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Paolo
12 Novembre 2015 12:30

Molto bene Zanoni!
Ma non limitiamoci al PFAS, dal momento che ci sono MOLTE sostanze che agiscono come interferenti endocrini.
Invito alla lettura del documento http://www.pievedisoligo5stelle.it/progetti/ambiente-e-salute/42-approfondimenti-sugli-interferenti-endocrini in cui si spiega come molte sostanze utilizzate in agricoltura (stiamo parlando di agrofarmaci, quindi fungicidi, erbicidi, insetticidi, …) sono interferenti endocrini e sono i responsabili di malattie a carico della Tiroide, del sistema riproduttivo maschile e femminile (avete notato l’aumento di infertilità maschile e endometriosi nella donna, oppure anticipazione del menarca e sviluppo di pelosità nelle bambine), e del sistema psichico (disturbi dell’attenzione, iperattività, deficit cognitivi).

Robert
13 Novembre 2015 23:34

Buono a sapersi.
Ma con questi valori di soglia che cambiano di paese in paese (e, aggiungo io, di anno in anno all’interno dello stesso paese) non mi fanno mica stare tanto traquillo, anche quando non ci sono situazioni di allerta contaminazione.

Costante
Costante
22 Novembre 2015 18:12

Cosa ne dice EFSA?

Matteo
Matteo
Reply to  Costante
23 Novembre 2015 17:38
Anna
Anna
24 Novembre 2015 18:32

La relazione di ARPAV emessa il 30.9.2013 conclude evidenziando la necessità di ulteriori indagini per valutare l’area interessata dall’inquinamento e determinare i rischi.
Inoltre era stata individuata la possibile fonte in una azienda.

Cosa è stato fatto ?