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ciotole bicchieri melamina plasticaNella rassegna stampa del sito di Europass, l’ufficio che si occupa dei rapporti fra l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare e le realtà locali, compare un articolo intitolato Stoviglie di plastica, la paura è servita, firmato da Giorgio Calabrese e pubblicato da Famiglia Cristiana il 20 marzo.

Pur condividendo parzialmente le preoccupazioni relative a taluni tipi di plastiche di provenienza cinese, non si può fare a meno di sottolineare alcune imprecisioni contenute nel servizio e in grado di allarmare i consumatori.

Vediamo in dettaglio di che cosa si tratta.

 

Si legge nell’articolo:

La melamina è, insieme con la formaldeide, la materia prima per preparare le resine utilizzate nella produzione di stoviglie da cucina. Si tratta di una proteina propria della plastica che l’Efsa ha imposto di diminuire per legge da 30 mg per kg di alimento a 2,5 mg per kg, proprio a causa della trasmigrazione di questa sostanza al cibo.

 

bebè cina latte biberon Non tutte le plastiche sono preparate con melamina e formaldeide: lo sono solo quelle che contengono  resine melaminiche, sostanze termoindurenti utilizzate per la produzione di alcune stoviglie e contenitori da cucina, denominati comunemente “piatti o vaschette in melamina”.

Nel servizio di Calabrese, la melamina è definita una “proteina”, ma non lo è affatto. L’equivoco probabilmente nasce dal fatto che questa plastica è stata usata in passato per falsificare l’analisi del latte, facendolo credere più proteico del reale. Vi ricordate lo scandalo del latte cinese contaminato da melamina? Quest’ultima è un composto azotato e la sua presenza nel latte contribuisce ad accrescere il tenore totale di azoto (indice usato per valutare il contenuto di proteine). La presenza di melamina in un cibo  maschera l’effettivo contenuto di proteine di quell’alimento.

 

Proseguiamo nella lettura del servizio di Calabrese.

Il problema si pone soprattutto per la presenza di stoviglie di plastica che per il 70 per cento arrivano dalla Cina e da Hong Kong, paesi che non hanno obbligo di aderire alle direttive europee.

 

stoviglie piatti plasticaL’asserzione secondo cui gli articoli in resina melaminica e in plastica provenienti da Cina e Hong Kong non abbiano l’obbligo di aderire alle direttive europee è priva di fondamento. La Commissione Europea ha imposto misure molto severe per alcuni materiali provenienti da queste zone, tanto da creare regolamenti specifici; le misure adottate sono molto più rigide di quelle applicate agli articoli di origine europea o americana.

Il servizio che  Il Fatto Alimentare ha pubblicato in passato (Nuove regole e controlli più severi per gli oggetti da cucina cinesi) spiegava bene come venisse gestita la situazione e quali fossero i motivi alla base della scelta di istituire un regolamento ad hoc per questo tipo di prodotti.

 

Proseguiamo con il servizio di Famiglia Cristiana:

In Italia si è attenti ai controlli, per cui si è accertato che queste stoviglie rilasciano troppi metalli “pesanti” (cromo, nichel, manganese) e si consiglia di acquistarle soltanto quando derivano da produzione europea, meglio italiana.

 

utensili da cucinaAnche in questo passo, troviamo un po’ di confusione. La presenza di metalli pesanti, come cromo, nichel e manganese, e i frequenti controlli per rilevarne una presenza oltre i limiti previsti non riguardano affatto le materie plastiche, ma l’acciao. Secondo la legge italiana (Decreto Ministeriale 21/3/1973), la migrazione di questi metalli deve essere monitorata su articoli in acciaio, come posate e pentolame, non sulle plastiche dove è pressoché impossibile rintracciarli (nemmeno la legge europea prevede che questi metalli siano riscontrabili nei polimeri).

Visti i recenti casi di pentolame indiano contenente cobalto 60, si può invece concordare sul fatto che sia preferibile acquistare articoli in acciaio di provenienza italiana o europea.

 

Citiamo ancora dal servizio di Calabrese:

È consigliabile non mettere mai in queste ciotole brodi o zuppe, o comunque cibi caldi, e soprattutto non usarli nel forno a microonde, specialmente se dentro ci sono alimenti acidi come la salsa di pomodoro.

 

forno microondeAnche in questo caso, vanno chiarite alcune cose.

Per quanto concerne le resine melaminiche, il Bfr (Istituto di valutazione tedesco del rischio) ha dichiarato che ad alte temperature gli utensili da cucina fatti di questi materiali possono rilasciare formaldeide e melanina e non sono quindi adatti alla cottura o a essere inseriti nei forni a microonde (Cooking spoons and crockery made of melamine resin are not suited for microwaves and cooking).

 

Tali conclusioni non possono però essere estese a tutte le plastiche. Pensiamo agli articoli progettati proprio per essere impiegati nei comuni forni a microonde: in questi casi non sussiste alcun rischio per il consumatore.

Quanto agli alimenti acidi, va detto che l’abitudine di conservarli in contenitori di plastica non riserva alcun rischio. Sono piuttosto i cibi ad alto tenore di grassi a essere i più problematici per i contenitori o le stoviglie in plastica, utilizzati ad alte temperature.

 

La precauzione accennata da Calabrese e relativa ai cibi acidi è valida per i contenitori, le stoviglie e gli articoli in alluminio, tanto che per tutelare i consumatori la legge italiana impone ai produttori l’obbligo di etichettare questi prodotti come “non idonei al contatto con alimenti  fortemente  acidi  o fortemente salati”. L’obbligo di legge è parziale per gli articoli in acciaio, suscettibili a cibi particolarmente acidi, soprattutto se sono presenti scalfitture e righe di usura sulla superficie.

 

Luca Foltran

© Riproduzione riservata

Foto: Photos.com

 

 

 

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Michele
Michele
28 Marzo 2013 16:34

Bravo Luca Foltran!
Bravo!…
L’ho già detto?… Bravo.

(Ma come mai Calabrese ci va tanto leggero nello scrivere un articolo? E’ a corto di idee o ha delegato a qualche stagista?)

marwy
marwy
29 Marzo 2013 10:07

scusatemi una domanda da inesperto, ho letto che alcune di queste sostanze delle plastiche possono migrare con il calore
e con il freddo c’è questo pericolo?? se si utilizzano per surgelare alimenti??

grazie

Foltran Luca
Reply to  marwy
29 Marzo 2013 14:38

Buongiorno, è bene precisare che scientificamente nel contesto di materiali a contatto con alimenti il principio di migrazione zero è inesistente:non esiste materiale che non interagisca con l’alimento ed è quindi inevitabile uno scambio di sostanze tra packaging (o articolo da cucina)ed alimento. Ciò che conta però, e a cui la legge cerca di dare una risposta è la quantità scambiata. Non deve essere tale da causare danni all’alimento e conseguentemente al consumatore. Quanto alla temperatura, gioca un ruolo fondamentale nel processo di migrazione delle sostanze: il rischio è piu elevato ad alte temperature e decresce con l’abbassarsi della temperatura. Se un materiale non presenta rischi a caldo o a temperatura ambiente, ancora minore sarà il rischio a basse temperature (congelamento per esempio).

valentina
valentina
29 Marzo 2013 11:32

Da recenti ricerche che ho fatto circa le materie plastiche ammesse dalla ue come packaging alimentare, c’è poco da sentirsi in sicurezza, in realtà. Il fatto che, nonostante molte di esse siano ritenute per struttura con una solubilità nei liquidi pari a zero, poi alla prova dei fatti, con temperature superiore a 20°C (cioè quella utilizzata per indicare la solubilità in acqua), si ritrovano lo stesso disciolte nel mezzo dovrebbe comunque far almeno riflettere. E’ vero che l’esposizione di estima in ingestioni di quantità che sembrano assolutamente trascurabili (nano molari), ma quello che genericamente non si tiene presente è che si valuta la tossicità in acuto, e quasi mai viene considerato l’effetto di accumulo nel tempo (molto spesso nel tessuto lipidico, ove può tornare in circolazione in momenti particolari tipo gravidanza…). In giappone stanno studiando se questi packaging alimentari influiscono su parametri plasmatici e terapie seguite da pazienti ospedalizzati. Ora, non credo che l’atteggiamento giusto sia quello di fare terrorismo come il sig. calabrese, ma di certo occorrerebbero più campagne informative che rendessero cosciente la gente di quanta plastica “mangiamo” tutti i giorni (involucri di pillole compresi!). Il secondo passo è pensare che, laddove è possibile (soprattuto in casa), sostituire la plastica con il buon vecchio vetro non sarebbe una scelta così sciocca.

Federico
Federico
30 Marzo 2013 14:25

Buon pomeriggio a tutti, a seguito del preciso e puntuale articolo in risposta alle dichiarazioni del signor Calabrese, mi permetto di segnalare, in nome della chiarezza, una ulteriore precisazione. Sarebbe più utile indicare al posto di:” si tratta di una proteina propria della plastica che l’Efsa…”, con: “si tratta di un composto azotato proprio della plastica che l’Efsa…”

Grazie e buona Pasqua

Federico