Ho una domanda per l’avvocato Dongo sull’etichetta (di cui potete vedere la foto qui sotto) di un tramezzino integrale e vegano, senza olio di palma e senza grassi idrogenati. Il tramezzino non contiene farina integrale, ma crusca mescolata con una “farina tipo 0”. È legale?

Elide

tramezzino integrale vegano etichetta

Risponde l’avvocato Dario Dongo, esperto di diritto alimentare.

L’etichetta in esame, a ben vedere, rivela il ‘maquillage integrale’ già nella denominazione di vendita ‘pane di tipo 0 con aggiunta di crusca e olio extravergine di oliva’, di cui sono riportate le rispettive quantità in ricetta. La lista ingredienti, oltretutto, appare nel complesso pregevole: l’unico grasso impiegato é l’olio extravergine d’oliva, senza olio di palma né additivi di sorta. E il destrosio, comune alla categoria di prodotti, non ha la sola funzione di agevolare la lievitazione.

tramezzino integrale
Il pane per tramezzini venduto come integrale è in realtà prodotto con farina di tipo 0 con aggiunta di crusca

Certo, si può opinare la legittimità della pratica commerciale, poiché al vanto ‘integrale’ in lettere cubitali non corrisponde l’impiego di uno sfarinato realmente integro – che si connota per la presenza di crusca, ma anche del prezioso germe di grano – bensì quello di una farina ‘dis-integrata’ a cui viene data parvenza di integralità mediante aggiunta di crusca. A maggior ragione in quanto, come da Lei rilevato, la farina di base é un tipo 0, quindi raffinata finemente (1).

Il ‘vulnus’ per il consumatore risale a un’antica circolare dell’allora Ministero delle Attività Produttive, n. 168/03, che ammetteva l’uso del termine ‘integrale’ anche sui prodotti da forno realizzati con farine raffinate e addizionate di crusca (‘ricostituite’, in gergo tecnico). Ma tale provvedimento risulta superato dal regolamento (UE) 1169/11 e dunque inefficace, già dall’entrata in vigore della norma europea (2). In conclusione oggi non si dovrebbe ammettere l’impiego dell’appellativo ‘integrale’ su prodotti realizzati con farine ‘ricomposte’.

Dario Dongo

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Note:
(1) Diverso sarebbe il caso di integrazione con crusca di una farina di tipo 1, ancor meglio di tipo 2, il cui livello di molitura é progressivamente più vicino a quello della farina integrale, se pure non identico
(2) Già in passato si poteva dubitare l’efficacia della deroga al decreto legislativo n. 109/92 (atto avente forza di legge) da parte di una circolare ministeriale. L’intera disciplina é ora affidata a un regolamento europeo (il cui ruolo nella gerarchia delle fonti di diritto é addirittura sovraordinato alle norme costituzionali) e il governo italiano non ha notificato alla Commissione europea la circolare detta che é perciò escluso possa giustificare inadempienze ai criteri generali del ‘Food Information Regulation’, chiarezza e trasparenza dell’informazione al consumatore ‘in primis’

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ester
ester
27 Luglio 2016 12:32

La farina ricostituita dvorrebbe essere segnalata.primo per trasparenza. secondo per salute…la farina bianca e quella integrale hanno una risposte insulinica diversa.per un diabetico ė un fattore importante .non si può essere superficiali su questioni di salute

Marco
Marco
Reply to  ester
27 Luglio 2016 13:57

La risposta insulinica dipende dalla velocità di assorbimento del glucosio derivante dalla digestione dell’amido; é la quantità di fibra contenuta all’interno della farina, a parità di caratteristiche (quantità di proteine, tipo di amido), che ne varia l’indice glicemico. Sostanzialmente non c’è differenza se la farina è ricostituita o no a parità di contenuto di fibra, se vogliamo parlare di indice glicemico.
è poi la complessità del pasto nella sua integrità ad dare la risposta glicemica, sia chiaro.
Al di là delle prese di posizioni preconcettuali, e d’accordo che sarebbe bene indicare se si tratta di farine ricostituite o no (comunque è scritto negli ingredienti), un pane con aggiunta di crusca rimane un alimento valido se si vuole aumentare l’apporto di fibra nella dieta.

Dani
Dani
2 Agosto 2016 06:01

@Marco, l’aggiunta di crusca rende un alimento valido per l’apporto di fibre solo se la derivazione è biologica

Giuseppe
Giuseppe
2 Agosto 2016 09:09

Poichè l’alimento in questione è denominato PANE la sua disciplina è da ricercare nella L. 580/67 e s.m.i. in virtù della quale il pane integrale deve essere esclusivamente fatto con farina integrale, ciò ai sensi dell’art. 17 che precisa che il pane prodotto con farina integrale è denominato pane di tipo integrale, escludendo di fatto qualsiasi possibilità di aggiungere altri sfarinati di grano o crusca il cui impiego, in quanto tale, non rientra fra gli ingredienti consentiti nella produzione di pane. Non dimentichiamo che sono diversi i soggetti che abbisognano di apporti di fibra grezza nella loro dieta cui deve essere garantito il diritto di ottenere il vero pane integrale, fatto come dice la legge, cioè con l’impiego di sola farina integrale e degli ingredienti consentiti e non, come spesso capita di verificare, con mescolanze più o meno rilevanti di altri sfarinati di grano. Nè è consentito, per aggirare la legge, denominare diversamente il prodotto magari mediante l’utilizzo generico della dizione “prodotto da forno”. Quando un alimento ha le caratteristiche del pane deve essere prodotto in osservanza alla legge che lo disciplina. Spiace osservare che su questo bene di impiego comune non ci sia la dovuta attenzione anche da parte di chi è preposto al suo controllo.