Ridurre il sale nella dieta quotidiana dei teenager potrebbe ridurre l’ipertensione e il rischio di malattie cardiache e ictus in età adulta, secondo una ricerca presentata all’American Heart Association’s Scientific Sessions 2010 e riportata dal sito ScienceDaily.

Attraverso una sofisticata elaborazione dei dati al computer, i ricercatori hanno calcolato quali effetti avrebbe sulla salute a livello nazionale una riduzione di 3 grammi di sale nella dieta degli adolescenti, “tagliandolo” negli alimenti trasformati.

Ragazzi e ragazze mangiano più sale – oltre 9 grammi (corrispondenti 3.800 mg di sodio) – di qualsiasi altro gruppo di età. L’American Heart Association, l’associazione dei cardiologi americana, raccomanda di non superare i 1.500 milligrammi di sodio al giorno (5-6 g di sale). 

Riducendo di 3 g il sale consumato dai teen ager, i ricercatori hanno calcolato che il numero di ipertesi tra adolescenti e giovani scenderebbe del 44-63% (380.000- 550.000 casi in meno). Si stima inoltre una diminuzione fra il 30 e il 43% nel numero degli ipertesi nella fascia di età da 35 a 50 anni (2,7-3,9 milioni di casi in meno).

«Ridurre la quantità di sale aggiunto ai cibi potrebbe regalare ai adolescenti di oggi molti anni senza ipertensione – sottolinea Kirsten Bibbins-Domingo, co-autrice dello studio e professore associato di medicina ed epidemiologia alla University of California, San Francisco – Inoltre, si riabituerebbero palati a gustare alimenti meno saporiti, riscoprendo il gusto naturale dei cibi».

Una riduzione di un grammo al giorno  di sale si traduce in un  calo della pressione sistolica (la “massima”) di 0,8 mm Hg (millimetri di mercurio). 

Con una riduzione di soli 3 grammi di sale (da 9 a 6 g al giorno), i benefici per la salute che i ragazzi di oggi avrebbero a 50 anni comprendono:

riduzione del 7-12% delle malattie coronariche (120.000-210.000 casi in meno);

riduzione dell’8-14% di infarti (36.000- 64.000 casi in meno);

riduzione del 5-8% di ictus (16.000-28.000 casi in meno);

riduzione del 5-9% della mortalità in generale (69.000-120.000).

Circa l’80 per cento del sale proviene da prodotti alimentari trasformati o dai cibi pronti, come alimenti in scatola, condimenti e fast food; il 35 per cento da cereali, pane e dolci. Ha detto Bibbins-Domingo: «Attenzione: la maggior parte del sale che mangiamo non arriva dalla nostra saliera, è già inserito nei cibi». E, secondo i dati del National Center for Health Statistics, uno dei più grandi colpevoli nella dieta degli adolescenti americani è la pizza.

I produttori dovrebbero continuare a ridurre il sale nei loro alimenti in collaborazione con le istituzioni locali, statali e federali. Molte grandi aziende alimentari hanno già aderito alla campagna nazionale per la riduzione del sodio (National Sodium Reduction) e hanno volontariamente accettato di abbassare il contenuto di sale aggiunto ai loro cibi pronti e trasformati.

 

Mariateresa Truncellito

foto: Photos.com

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