Il surimi è uno di quei cibi che sembrano perfetti per una cena estiva, si prepara in fretta, ha un aspetto esotico, un sapore gradevole e si consuma freddo. Ma c’è qualcosa che molti consumatori non sanno. Quello che noi chiamiamo surimi è un prodotto legato alla tradizione giapponese dove da secoli si consumano piatti di “pesce macinato”. Negli ultimi 30 anni il pesce macinato si è diffuso in tutto il mondo grazie alla produzione industriale.

 

Quello venduto in Italia si presenta sotto forma di cilindretti colorati di colore arancione all’esterno e bianco all’interno. L’aspetto è molto gradevole e leggendo l’elenco degli ingredienti si nota che si tratta di strati di polpa di pesce – il vero e proprio surimi – arrotolati e tenuti insieme da addensanti e altri componenti. Secondo quanto riportato dal Centro Studi per la Sicurezza alimentare del Lazio, in origine la preparazione prevedeva l’utilizzo di merluzzo (generalmente Alaska pollack), mentre adesso nella composizione si trovano altre varietà di pesci quali i nemipteri, il suri, lo sgombro di Atka e specie di carpa asiatica. 

 

Per questo motivo in molti casi è difficile identificare le specie, anche perché il composto è spesso ottenuto da avanzi di lavorazione o ritagli industriali che durante il processo produttivo vengono tritati, pressati e addizionati con sostanze varie, un po’ come avviene con la Carne separata meccanicamente. Quando si apre la confezione, il surimi si presenta come un surrogato di granchio e per renderlo verosimile il sapore viene addomesticato con aromi.

 

In commercio esistono molte varianti: le più diffuse sono il surimi a forma di chela, quello al salmone affumicato e il cosiddetto affettato di mare.
“Le aziende amano questo prodotto perché permette di utilizzare pesci economici conferendo loro l’aspetto di prodotti di qualità come il granchio o altri crostacei, tanto che circa il 2% del pescato mondiale viene trasformato in surimi” si legge sul blog americano Fooducate. Il prodotto viene confezionato in due tempi: il semilavorato a base di pesce viene preparato direttamente sulle navi, poi congelato e trasportato a terra per completare la lavorazione.

Il prodotto finito contiene una percentuale di pesce che varia dal 30 al 40%, per il resto si tratta di fecola di patate o altri farinacei, albume d’uovo, grassi vegetali (olio di colza o palma) spezie, esaltatori di sapidità come il glutammato monosodico o l’E635.

 

La Sea Fish che riporta in etichetta le componenti, propone preparati a base di surimi in salamoia fatti con pesci nemiptero e catalufa. Dal punto di vista nutrizionale i prodotti a base di surimi sono poveri di grassi ma ricchi di sodio, e anche il contenuto proteico è piuttosto basso (7% nel caso dei “Bastoncini di mare” Coraya).

 

Facendo bene i conti il vantaggio economico per i consumatori non è così evidente. Le preparazioni di surimi costano dai 13 ai 15 €/kg, un prezzo che permette nei supermercati di acquistare pesce fresco come salmone e platessa – oppure surgelato.

 

Paola Emilia Cicerone

Foto: Photos.com

5 1 vota
Vota
3 Commenti
Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Michelangelo
Michelangelo
28 Giugno 2012 11:37

Quando venne presentato da Nino D’Amato in un suo programma degli anni 80, veniva allora presentato come un prodotto vegetale a base di alghe commestibili e lavorato per simulare consistenza e gusto della polpa di granchi. Leggendo la composizione è buona regola, fondamentale farlo al primo acquisto, ma andrebbe poi riletta una volta giunti a casa.

nicola
nicola
18 Agosto 2012 19:13

Sono sicuro che questo tipo di informazione sia molto importante per meglio orientare il consumatore finale, specie quando si tratta di alimenti. Però mi domando: è mai possibile che con il passar del tempo, le aziende che trattano alimenti investono sempre più su come risparmiare nella produzione dei prodotti e sempre meno sulla garanzia su ciò che si produce. Che senso ha arricchirsi in questo senso se poi il cibo che con quei denari così "guadagnati" si spenderanno per un cibo scadente se non addirittura finto? L’idea che l’uomo da anni investa molto più sulla finzione alimentare mi sconcerta tanto, al punto tale da non ritenerlo più l’essere più intelligente del pianeta. E’ vero che questi signori sono sempre esistiti, ma è pur vero che l’uomo dovrebbe evolversi per migliorare se stesso e gli altri sui simili, senza per questo affogarli nel cibo o bevande di qualità dubbia.

annamaria vernassa
annamaria vernassa
17 Ottobre 2012 21:21

Mi è piaciuto tutto l’articolo e mi ha colpito che venga usato l’olio di colza . Probabilmente ora lo trattano in modo che non sia pericoloso ma ditemi per favore dove informarmi per sapere come lo trattano. Grazie.