La  spesa settimanale composta da latte, burro, pasta, riso, acqua, zucchero, passata, caffè… può “pesare” in modo diverso sul portafoglio. Dipende dai marchi dei prodotti che mettiamo nel carrello. Anche facendo gli acquisti nello stesso supermercato l’importo può dimezzarsi.

 

Abbiamo preso come riferimento  “La borsa della spesa” pubblicata dal periodico GDO Week, nei mesi di febbraio, marzo, aprile e maggio 2012. La rivista rileva i prezzi di un paniere di 40 articoli, in prevalenza alimentari, ma anche detersivi, carta igienica e cibo per animali, acquistati in diversi punti vendita.

Ogni volta calcola l’importo da pagare selezionando nel primo caso un carrello virtuale composto solo da prodotti firmati dalle marche famose; nel secondo, solo da private label (articoli con il marchio del supermercato), mentre nel terzo caso il paniere comprende solo i prodotti con il minor prezzo. La prova è stata ripetuta in quattro punti vendita di Milano: Carrefour, Esselunga, Coop e  Billa.  L’ultimo confronto è stato fatto paragonando la stessa spesa in alcuni hard discount  Lidl, LD Market e Dico).

 

L’importo della spesa per i 40 prodotti di marca (una lista che comprende pomodori Cirio, latte Parmalat, tonno Rio Mare, pasta Barilla, Coca Cola…) nei supermercati è abbastanza omogenea: 82 euro da Coop, 83 da Esselunga, 88 da Carrefour e 92 da Billa che si rivela il più caro. A parte questo caso, le differenze sono abbastanza marginali.

È invece molto interessante osservare come varia la spesa se nell’ambito dello stesso punto vendita se nel carrello si mettono solo prodotti con il marchio del supermercato o di primo prezzo. Nel primo caso il risparmio ammonta a circa il 30%. Se si scelgono solo prodotti che costano meno (primo prezzo), il conto finale si dimezza e l’importo della spesa risulta uguale (se non addirittura inferiore) a quello di un hard discount come Lidl, LD Market e Dico.

 

Facciamo un esempio.  Al supermercato Esselunga di via Washington la spesa per i 40 prodotti costa 83 euro che diventano 60 per i prodotti con il marchio del supermercato e precipita a 38 con i prodotti primo prezzo. Nell’hard discount milanese Ld di via Rubens si spendono 40 euro.

Se si considera 1 kg di pasta Barilla, il costo di 1,37 euro scende a 0,84 per la pasta con il marchio del supermercato e 0,58 euro per il primo prezzo. Se andiamo in un hard discount il listino indica 0,65 euro. Il caffè Splendid nella confezione da 250 g costa 2,32 euro, la private label 1,77 e il primo prezzo 0,75, mentre il prodotto all’hard discount 0,85 euro.

 

Gli esempi possono continuare, ma il concetto è chiaro: la marca si paga. Ovviamente, le ragioni per preferirla possono essere molte: dal gusto, alla fiducia nel produttore “conosciuto”, alla possibilità di avere maggior scelta di sapori, varianti e tipologie. Se però si deve risparmiare non c’è bisogno di rinunciare a certi prodotti, basta orientarsi sulle versioni “non firmate” o sui marchi privati proposti dai supermercati.

 

Mariateresa Truncellito

foto: Photos.com

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Pasquale
Pasquale
15 Maggio 2012 08:59

Alle volte i prodotti non di marca potrebbero avere difetti o controlli non accurati,invece ci sono dei casi in cui il prodotto non di marca (esempio Riso Coop è un derivato del Riso Scotti)è confezionato nello stesso stabilimento della marca nota,indi è equivalente.

Industria alimentare
Industria alimentare
15 Maggio 2012 09:27

Si ma voi sapere come la Gdo strozza le aziende che producono marchio privato?
E la qualità del prodotto?
Parlo da produttore private label prodotto fresco e vi descriverò come per il marchio privato le aziende tagliano su tutte le materie prime per poter avere margine su contratti bloccati per vari anni:
4 anni fa abbiamo cominciato la produzione a marchio privato di un prodotto fresco x, all’inizio avevamo un margine decente, successivamente avendo una rotazione elevata del prodotto x, hanno deciso che eravamo da spennare così dopo 3 anni il nostro margine che prima era sufficiente successivamente non lo era più.
Allora siamo stati costretti a inserire negli ingredienti anziché le uova fresche uova pastorizzate in polvere olandesi 1/3 del prezzo… Anziché succo di limone italiano abbiamo optato per il limone in polvere spagnolo 1/4 del prezzo
Tutto perché il loro marchio deve essere sempre competitivo…
Continuate a comprare marchi privati e non solo uccidete le aziende di qualità italiane ma anche la vostra salute potrebbe risentirne.
Poi sapere che la gdo raddoppia i ricarichi su prodotti non a marchio per far sembrare il loro marchio competitivo ed economico, loro spendono di più in pubblicità di un marchio normale e questi costi chi li paga? Le solite aziende strozzate?
Stiamo alimentando un sistema che ucciderà prima la qualità e i marchi italiani e successivamente la libera concorrenza…
Pensateci bene prima di acquistare un prodotto a marchio!

carla
carla
15 Maggio 2012 13:05

Da brava madre di famiglia questa è una realtà che conosco da un bel pezzo, i soldi per noi a reddito fisso (operai entrambi) sono SEMPRE stati pochi, per cui da necessità virtù, Quello che veramente aiuta è il suggerimento degli esperti sulla qualità dei prodotti, faccio un esempio che vale per tutti: tempo fa ho letto qui che la qualita della pasta si capisce dalla quantità delle proteine nel residuo secco e da allora acquisto con fiducia un prodotto a minor prezzo ma di maggiore qualità della marca da noi consumata e pagata per anni. Io la spesa per il cibo la faccio DA SEMPRE controllando bene il rapporto qualità prezzo! Leggendo SEMPRE molto bene le etichette mi sono accorta che il produttore in alcuni casi è sempre lo stesso e cambia…la marca (salsa rubra, succhi di frutta ecc) Trovo che il non nomitato discaunt "in’s" offra un buon servizio, mentre COOP da Voi menzionata, qui nella mia zona sia di gran lunga il più caro in assoluto! All’estensore del post qui sopra faccio una domanda: mai pensato alla filiera corta? grazie, carla

Emanuele
Emanuele
16 Maggio 2012 04:40

Concordo totalmente con il commento di Industria Alimentare. La convenienza c’è solo per le grandi marche che si possono permettere di implementare una linea dedicaa alle private label. Le PMI che puntano tutto sulla qualità, ma non hanno potere d’acquisto, sono strozzate dalla GDO.
Mi permetto di rispondere alla signora Carla: la filiera corta esiste a malapena per il consumatore. Per le aziende produttrici, che necessitano di grandi volumi di materie prime, è difficile poterle reperire "dietro l’angolo", e con un buon rapporto qualità/prezzo. Saluti.

OC
OC
8 Giugno 2012 11:20

Concordo con Industria alimentare. Conosco perfettamente le dinamiche. Inizialmente la GDO da margini sul listini sufficienti da permettere investimenti che ti "consigliano" di fare per lavorare con loro. Poi quando ti sei dimensionato alle loro richieste abbassano il listino o magari abbassano gli ordini perché nel frattempo hanno spostato una parte del Quid da produrre ad un altro produttore. Se accetti il ricatto e abbassi il listino magari una parte degli ordini ti ritorna. Altrimenti ti trovi con investimenti strutturali e di personale fatti e gli ordini tagliati. E poi il prezzo sugli scaffali lo decidono loro! Solo alcune marche o prodotti "forti" possono dettare le leggi, come ad es. La Nutella. Comprate i marchi aziendali, non le private label!

fio'
fio'
30 Agosto 2012 14:14

ecco, alla fine non si riesce mai a far guadagnare il giusto ai produttori, l’aggio maggiore finisce sempre nelle tasche dei soliti noti, che prima spremono i produttori, poi spennano i consumatori…il film non cambia mai!