C’è un documento vasto e articolato che riassume i dati di tutti i controlli effettuati nel nostro Paese su sicurezza alimentare e qualità merceologica di cibi e bevande. Si tratta della relazione annuale del Piano nazionale integrato dei controlli ufficiali in materia di alimenti, mangimi, sanità, benessere animale e sanità delle piante (PNI), presentata lo scorso luglio al Ministero della Salute. Il Piano costituisce il livello massimo di coordinamento tra tutte le numerose autorità che vigilano sulle catene di produzione e commercializzazione dei nostri alimenti.

 

Di sicurezza e nutrizione, per esempio, si occupano il Ministero della Salute, le Regioni, le Province autonome, le Asl e i Nas (nuclei antisofisticazioni) dei Carabinieri. Un dato aiuta a capire la portata del fenomeno: nelle Asl della sola Emilia Romagna, il personale deputato ai controlli di sicurezza alimentare – tra medici igienisti, medici veterinari e tecnici della prevenzione – ammonta a oltre 800 persone. Di qualità merceologica, invece, si occupano il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, le Capitanerie di porto, i Nac (nuclei antifrodi Carabinieri) e la Forestale. Senza contare il coinvolgimento generale delle autorità doganali e della Guardia di Finanza. Una macchina complessa, dunque, un “Sistema Italia” impegnato in un’azione capillare e quotidiana sul territorio. Vediamo allora i dati principali presentati nella Relazione 2011, lasciando alla fine i commenti su alcuni aspetti critici.

 

Sicurezza degli alimenti e delle bevande

Le autorità facenti capo al Servizio sanitario nazionale hanno effettuato 660.804 ispezioni, rilevando il 10% circa di non conformità, relative soprattutto alle condizioni di igiene generale, all’igiene del personale, all’applicazione del sistema di autocontrollo HACCP e al funzionamento di impianti e macchinari.

 

Stabilimenti di alimenti di origine animale (macelli di carne rossa e bianca, produzione ittica, stabilimenti caseari ecc.). Su 228.622 ispezioni del Ssn, è stato rilevato il 10% circa di non conformità, riferite in particolare a condizioni strutturali e attrezzature.

 

Latte crudo

Sono stati censiti 920 allevamenti e 1.382 distributori automatici dedicati alla vendita. Su 15.647 campionamenti ufficiali sono emerse 104 non conformità (0,68%), dovute alla presenza di Campylobacter (63% dei casi), stafilococchi (20%) e Listeria monocytogenes (11%). Le autorità di controllo hanno sospeso 217 distributori e chiuso 40 attività.

 

Rischio microbiologico in alimenti di origine animale

Si segnala l’aumento di contaminazioni da  Listeria monocytogenes, in particolare nei prodotti ittici. Il programma coordinato di monitoraggio della prevalenza di questo batterio in alimenti pronti al consumo ha trovato non conformità per il 4,1% dei campioni di pesce affumicato confezionato.

 

Residui in prodotti di origine animale (farmaci, pesticidi, micotossine) 75 campioni non conformi su 38.882 analisi (0,19%). Rispetto al 2009 e 2010 si nota una diminuzione delle non conformità a fronte di una più intensa attività di monitoraggio.

 

Residui fitosanitari in alimenti di origine vegetale

25 campioni irregolari su 9.127 campioni (0,3%).

 

OGM

Nessuna non conformità registrata sul territorio nazionale su 894 campioni analizzati, relativi a prodotti a base di mais, soia e riso.

 

Frodi e contraffazioni

L’Ispettorato centrale per la tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole ha effettuato oltre 25.000 visite ispettive, controllando 21.431 operatori (di cui il 17% risultati irregolari) e analizzando 5.675 campioni, di cui 10% non conformi.

Le irregolarità rilevate avevano natura sia amministrativa (difetti nella tenuta dei registri, violazione in materia di etichettatura) sia penale, in caso di contraffazioni vere e proprie.

Al primo posto per irregolarità si colloca il settore vitivinicolo. Tra i problemi rilevati: usurpazione o imitazione di una denominazione protetta, frodi in commercio e falsità sull’origine.

Seguono cereali e derivati (vendita di varietà diverse dal dichiarato; commercializzazione di farine di grano come biologiche ma con presenza di principi attivi non consentiti); miele; carne; latte e formaggi (per esempio impiego di additivi non dichiarati o utilizzo di latte vaccino per prodotti presentati come di bufala, pecora o capra); oli e grassi (somministrazione in mense e ristoranti in contenitori non conformi, miscelazione di olio dichiarato extravergine con oli di qualità inferiore).

 

Attività dei Nas

Sono stati effettuati 34.610 controlli nel settore della sicurezza alimentare, individuando non conformità nel 35% dei casi, soprattutto nei comparti della ristorazione, delle farine e delle carni.

 

Attività dei Nac

I nuclei antifrodi dei Carabinieri hanno individuato vari illeciti, relativi soprattutto a: false dichiarazioni su marchi DOP (pomodori pelati destinati all’estero come “DOP San Marzano” ma prodotti in altre zone); commercializzazione di pomodoro concentrato cinese non dichiarato, di pomodoro falso biologico e di pomodoro in cattivo stato di conservazione; commercializzazione di false produzioni indicate come “biologiche” specie nel settore delle carni o di olio lampante al posto di quello extravergine d’oliva; commercializzazione di prodotti ittici con false date di scadenza o di pesca.

 

Attività della Capitaneria di porto

9% di illeciti su 27.737 controlli effettuati tra grossisti, mercati ittici, grande distribuzione, ristorazione, pescherie e ambulanti. Tra le irregolarità: prodotti con date di scadenza false o in cattivo stato di conservazione,

 

Tra i dati che sicuramente balzano all’occhio c’è la discrepanza di non conformità rilevate dal Servizio sanitario nazionale (10% del totale) e dai Nas (35% del totale), un fenomeno che si spiega anzitutto con i differenti criteri di controllo messi in atto dalle due autorità. I controlli del Ssn, infatti, sono casuali e a tappeto, mentre quelli dei Nas avvengono in genere dietro segnalazione o nell’ambito di operazioni specifiche di indagine. E c’è un altro aspetto che forse può essere considerato: i Nas hanno i mezzi della polizia giudiziaria, a differenza di Asl, Province e Regioni. Storicamente il compito prioritario delle Asl è stato certamente quello di proteggere il consumatore, ma anche di aiutare i produttori a migliorare la loro consapevolezza sull’importanza di seguire in modo scrupoloso gli aspetti relativi alla sicurezza alimentare. Significa che, a fronte di infrazioni minime e di nessun rischio per il consumatore (per esempio una lieve irregolarità amministrativa), le autorità del Ssn possono prescrivere la tempestiva rimozione della non conformità osservata essere senza imposizione di sanzioni.

 

Il secondo aspetto critico riguarda il fatto che i dati della Relazione annuale del PNI sono riferiti a tutte le non conformità rilevate, indipendentemente dalla loro gravità. In altre parole, non possiamo sapere se quel 10% di non conformità registrate dal Ssn si riferisca a situazioni estreme e rischiose per il consumatore o piuttosto a irregolarità minime e, dal punto di vista del rischio finale, praticamente irrilevanti. Neanche le informazioni sulle azioni adottate dalle autorità a fronte delle non conformità possono essere d’aiuto, perché sono qualitative (sappiamo per esempio che nel caso degli alimenti di origine animale sono state attuate varie risoluzioni, dal ritiro dei prodotti alla sospensione di attività), e non quantitative (non sappiamo cioè quante azioni sono state effettuate).

 

Questo è naturalmente un punto importante, rispetto al quale il Ministero della Salute fa sapere di aver già avviato la valutazione di nuovi sistemi per migliorare il flusso informativo dei dati. Resta il fatto che, fornendo una visione d’insieme di tutti i settori relativi alla sicurezza alimentare, la Relazione rappresenta lo strumento privilegiato per orientare i controlli futuri sulla base dei rischi già emersi.

 

Si ringraziano per le informazioni sul funzionamento del Pni e sulle autorità coinvolte, Silvio Borrello, direttore della Direzione generale igiene, sicurezza degli alimenti e nutrizione del Ministero della Salute e Gabriele Squintani, Responsabile del servizio veterinario e igiene degli alimenti della Regione Emilia Romagna.

 

Valentina Murelli

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