coop campagna origine materie 2013
La campagna “Origini Trasparenti” si propone di indicare l’origine delle materie prime su oltre 1.400 prodotti confezionati con il marchio dell’insegna

Coop lancia la nuova campagna “Origini Trasparenti che si propone di indicare l’origine delle materie prime su oltre 1.400 prodotti confezionati con il marchio dell’insegna. Le informazioni si potranno trovare in tempo reale sul sito e anche presso i punti vendita della catena che ospiteranno depliant, cartelloni e in alcuni casi anche computer a disposizione dei clienti per fare i controlli.

 

Sulla pagina internet i consumatori, digitando il codice a barre o il nome del prodotto, potranno leggere le informazioni relative alle principali materie prime che caratterizzano il prodotto. Su richiesta si potranno ottenere notizie anche sugli ingredienti minori. È stata realizzata un’applicazione, disponibile sia su piattaforma iOS che Android, che consente di ottenere le medesime informazioni sull’origine e la filiera fotografando il codice a barre.

 

coop origini campagna 2013 ricerca
Digitando il codice a barre o il nome del prodotto, si possono leggere le informazioni sulle principali materie prime che caratterizzano il prodotto

Il progetto della Coop va oltre quelle che sono le attuali leggi europee che prevedono l’obbligo di indicare l’origine sull’etichetta per i marchi Dop e Igp e i prodotti zootecnici freschi. La campagna “Origini Trasparenti” è un fiore all’occhiello di Coop che per prima ha deciso di fornire ai consumatori informazioni dettagliate e facilmente reperibili sull’origine dei prodotti e sulle modalità di produzione.

 

L’innovazione e l’aggiornamento continuo sono facilitati dall’impiego di internet, una vera e propria risorsa per scambiarsi informazioni e dati in tempo reale, come precisa Enrico Migliavacca, vicepresidente vicario di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori-Coop). «Si tratta di informazioni non aggiunte ma sostanziali e che il web permette, appunto, di fornire consentendo al consumatore una scelta consapevole. Per noi di Coop è doveroso mettere i consumatori nelle condizioni di scegliere responsabilmente».

 

L’iniziativa è molto interessante ma è lecito chiedersi perché Coop non impieghi la propria piattaforma internet per diffondere le notizie relative ai prodotti pericolosi o difettosi che vengono ritirati dagli scaffali dei supermercati. Anche questo è un modo per mettere i consumatori nelle condizioni di scegliere meglio.

 

Sara Rossi

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Alessandro
Alessandro
31 Ottobre 2013 15:29

Scegliere responsabilmente sulla base di cosa?
Come se un’origine rispetto ad un’altra fosse garanzia di qualcosa…
Il paradosso di tutta questa faccenda è che si fa credere alla gente che l’origine italiana (perchè alla fine lì si va a parare) delle materie prime sia un valore aggiunto. E la gente ne è contenta e alimenta questa falsa credenza…
Poi si legge di gente sconcertata dal sapere che i mirtilli della marmellata di Rigoni vengono dalla Bulgaria, come se questo li rendesse impestati da chissà quale male…

Roberto Giomi
Roberto Giomi
31 Ottobre 2013 18:12

Personalmente mi fido molto dei prodotti a marchio Coop, sapendo che sono sottoposti a milioni di analisi e migliaia di controlli negli stabilimenti di produzione o nei centri di allevamento, ogni anno. Il capitolato di fornitura, sia per un fornitore di latte italiano, sia per un latte francese o tedesco è identico, quindi non credo che la Coop lavori per far pensare ai consumatori che il made in italy sia meglio dei prodotti realizzati all’esetero. Dipende molto da come vengono realizzati, questi prodotti. Penso anche a quelli del commercio equosolidale. Perché vengono dalla peroferia del mondo, è necessario che siano di pessima qualità?!?Lo stesso dicasi per il rispetto dei diritti dei lavoratori ( norma internazionale SA8000 ), che viene richiesto a tutti i fornitori di prodotti Coop, non solo a quelli italiani ….Noto, ormai senza stupore, che il web serve anche ad alimentare il qualunquismo e il pressapochismo. Ognuno su internet vuol dire la sua.A prescindere. Ma il mondo è bello proprio per questo, no?

Alessandro
Alessandro
Reply to  Roberto Giomi
4 Novembre 2013 13:08

Non so se il suo finale di commento era per me.
Io non contesto assolutamente Coop e la sua serietà che conosco perfettamente. Io contesto il fatto che si voglia far credere che l’aggiunta di questa informazione sia indispensabile per una scelta consapevole. Non è così. E’ semplicemente un’informazione aggiuntiva e come tale va presa. L’origine di un prodotto non è un’informazione che tutela il consumatore; è piuttosto un’informazione che rischia di essere recepita e utilizzata dal consumatore in modo distorto, non per colpa del consumatore stesso, ma a causa proprio del qualunquismo propinatoci da enti e personalità ritenute “competenti”.

Roberto Giomi
Roberto Giomi
Reply to  Alessandro
4 Novembre 2013 18:41

Purtroppo, nel nostro paese ci sono molte persone, molti consumatori che non fanno scelte consapevoli, a prescindere da quanto dichiarato in etichetta, o sul web. Infischiandosene sulle materie prime, il sistema di lavorazione, il tipo di imballaggio e la possibilità di smaltimento, idem per i diritti dei lavoratori e le discriminazioni etniche o religioseno.Inoltre, molti sono convinti che tutto ciò che viene dall’estero è scadente, mentre tutto ciò che è italiano, è eccellente. La Coop, a mio modesto parere fa una operazione di trasparenza, già iniziata da tempo con il latte, l’olio, la mozzarella di bufala, la pasta di semola, il pomodoro 100% italiani. Pretendere, dai propri fornitori, il rispetto di capitolati più restrittivi rispetto a cosa prevede la nostra legge ( che non è proprio male, anche se qualche controllo in più non guasterebbe ), indipendentemente dal luogo di provenienza della materia prima, o dal luogo di produzione,credo che sia molto importante, per fare una scelta consapevole. Anche se, di norma, ciò che viene da molto lontano, ha un impatto ambientale molto elevato, come ci ricorda anche il progetto europero PROMISE, al quale Coop ha aderito dal 2010 ai primi mesi di quest’anno. Il progetto assegna ai consumatori un ruolo determinante, perchè con le loro scelte d’acquisto, possono influenzare anche le politiche commerciali delle aziende, se sono scelte d’acquisto consapevoli però. Come faccio io ( semplificando molto ), a ridurre l’impatto ambientale delle mie scelte di consumo, se non conosco da dove viene un prodotto, o le sue materie prime?

Fabio
Fabio
3 Novembre 2013 09:42

La provenienza italiana delle materie prime è a mio avviso un dato insufficiente. Gradirei sapere anche la provincia di provenienza. Recentemente ho visto il documentario delle Iene sulle coltivazioni nella “terra dei fuochi”. Sarebbe utile per me consumatore identificare i prodotti provenienti da quei luoghi per evitarli. Di conseguenza la dicitura: “provenienza Italia” a me serve poco, troppo vaga.

Alessandro
Alessandro
Reply to  Fabio
4 Novembre 2013 08:43

Basterebbe che gli organi ufficiali facessero i loro controlli. Questo è ciò che il consumatore deve esigere e pretendere!! Invece i controlli ci vengono spacciati da tutti come “eccellenti”…e i problemi sono sempre “altrove”…
Se un prodotto arriva sullo scaffale da un luogo non idoneo (ovunque esso sia) il problema è a monte, in chi doveva impedire che ciò accadesse (oltre naturalmente alla negligenza e mala fede di chi quel prodotto lo produce).
In questo contesto l’indicazione dell’origine è solo uno specchietto per le allodole.

gianfranco zambelloni
gianfranco zambelloni
Reply to  Fabio
4 Novembre 2013 11:31

Sono perfettamente d’accordo con Fabio.Occorreconoscere anche la provincia o meglio ancora la località di provenienza. Cordiali saluti

Alessandro
Alessandro
Reply to  gianfranco zambelloni
4 Novembre 2013 13:01

Mi complimento con chi, sulla base della località di provenienza è in grado di fare “acquisti consapevoli”.
Non è il consumatore che deve evitare certi prodotti: quei prodotti semplicemente non dovrebbero trovarsi in vendita! Invece di fare in modo che gli organi deputati al controllo facciano ciò per cui sono pagati, si preferisce scaricare sulle aziende costi in più (e inutili) per colpa di quei pochi delinquenti che “sfuggono” ai controlli…

Alessandro
Alessandro
5 Novembre 2013 10:18

@Roberto Giomi: può essere (anche) un’operazione di trasparenza verso il consumatore quella di Coop, è vero, ma è fine a se stessa e in un quadro globale non aiuta a fare scelte consapevoli. Lei la mette sul piano dell’impatto ambientale. Bene. Bisogna rendersi conto però che l’Italia non è “autosufficiente” per gran parte delle materie prime. Lo è (leggevo tempo fa) per le sole filiere del riso, del vino, della frutta fresca, del pomodoro e del pollo. In questo contesto, Coop può anche chiedere ai propri fornitori che la semola usata per la sua pasta sia italiana, va benissimo. Ciò non toglie che la domanda di semola superi comunque l’offerta, quindi il problema è solo spostato dai fornitori di Coop ai fornitori di altre GDO o marche. Se per assurdo si decidesse che la semola della pasta debba essere solo italiana non ce ne sarebbe a sufficienza. E quindi? Per soddisfare la domanda bisognerebbe comunque importare materia prima e l’impatto ambientale ci sarebbe comunque. Non sarebbe “a causa” della pasta di Coop, ma sarebbe “a causa” delle altre marche. Che differenza fa in termini di impatto ambientale globale? Nessuna. Non si tratta di non volere usare materie prime italiane, si tratta di non poterlo fare perchè l’offerta non copre la domanda. Lo stesso è per la carne della bresaola (compresa la Valtellina IGP naturalmente) che viene in gran parte dal Sud America. Sono solo due esempi, i più famosi.
Ripeto comunque, non sono qui a criticare l’iniziativa di Coop che da comunque informazioni aggiuntive al consumatore. Dico solo che queste informazioni non aiutano a fare scelte consapevoli. nè per quanto riguarda la sicurezza alimentare nè, a mio parere per l’impatto ambientale, per i motivi espressi sopra.
Poi non si può nemmeno trascurare l’impatto che può avere in termini di costi per le aziende il dover fornire questo tipo di informazione. Per prodotti complessi è tutt’altro che semplice farlo. Ma non conosco le modalità di Coop quindi non posso dire niente su questo…

Andrea Ricci
Andrea Ricci
6 Novembre 2013 07:57

Ho fatto la prova con prodotti che dichiarano in etichetta l’origine UE / non UE delle materie prime: il sito mi da origine Italia. Quindi a chi dovrei credere, al sito o all’etichetta? Mi sa che il sito ancora non funziona.

Alessandro
Alessandro
Reply to  Andrea Ricci
6 Novembre 2013 12:25

Tra l’altro questo mi da lo spunto per approfondire quello che avevo lasciato in sospeso nell’intervento precedente: i costi che un’azienda dovrebbe sostenere qualora divenisse obbligatoria l’indicazione dell’origine di tutte le materie prime in etichetta. Fermiamoci alle gallette, che di ingredienti ne avranno 3: mais, olio di semi, sale.
Vuol dire 3 origini da indicare. E se per anche un solo ingredienti ha più di un fornitore e più di un’origine cosa fa? Dopo aver stampato centinaia di migliaia di etichette con l’origine si trova a doverle buttare e farne di nuove perchè l’origine dell’olio è differente?…tanto per fare un esempio.
Ma se questo avesse un senso, dal punto di vista sanitario, non ci sarebbe nulla da eccepire. La sicurezza viene prima di tutto e quindi anche prima dei costi che l’azienda deve sostenere per garantirla. Il problema però è proprio che l’indicazione dell’origine, e la sicurezza alimentare non sono collegate in alcun modo!

Alessandro
Alessandro
6 Novembre 2013 09:28

Immagino fosse un prodotto biologico. Posso chiedere che tipo di prodotto fosse?

Andrea Ricci
Andrea Ricci
Reply to  Alessandro
6 Novembre 2013 10:21

Gallette di mais e marmellata di arance

Alessandro
Alessandro
Reply to  Andrea Ricci
6 Novembre 2013 12:12

Leggendo l’articolo, l’iniziativa prevede che venga fornita l’informazione dell’origine del solo ingrediente principale. E solo a richiesta anche di ingredienti minori.
Non trattandosi di prodotti monoingrediente, è verosimile pensare che alcuni ingredienti non siano italiani. Nelle gallette ad esempio, ipotizzo, visto che la lista ingredienti non la conosco, è probabile che il mais sia italiano (e anche qui, discutiamone: le sementi sono italiane? o il mais è cresciuto in italia da sementi straniere? e in questo è italiano o no?) e l’olio di semi possa essere Ucraino o Europeo secondo la disponibilità. Questo spiega l’indicazione agricoltura UE/non UE.

costante
costante
6 Novembre 2013 11:09

Peccato che la provenienza non soddisfi alcun requisito di qualita’. Coop come al solito segue le mode e le ideologie senza basi scientifiche, forse perche’ si rivolge ad un target di consumatori fortemente ideologizzato. Ma cosi’ non fa il loro interesse, ma solo il proprio interesse economico.

Andrea Ricci
Andrea Ricci
Reply to  costante
6 Novembre 2013 11:50

Sono purtroppo anche i consumatori di Coop come di altri supermercati che fanno quasi esclusivamente il proprio interesse economico e non ricercano la qualita’, altrimenti comprerebbero direttamente dai contadini, dagli allevatori, etc.
Coop ha il merito di aver fatto delle scelte ideologiche ma condivisibili e politicamente forti (vedi rifiuto ogm).
Se si scopre poi che Rigoni coltiva mirtilli in Bulgaria, certamente ci si aspetta che anche Coop faccia lo stesso, purtroppo: l’operazione trasparenza sulla tracciabilita’ dovrebbe e potrebbe essere piu’ utile al consumatore, invece noto che e’ ancora un sistema che non funziona. Questa e’ la mia critica.
Bisognerebbe poi fare luce sulla serieta’ degli enti certificatori del biologico …

Alessandro
Alessandro
Reply to  Andrea Ricci
6 Novembre 2013 12:41

I mirtilli per quel poco che so crescono in Nord America, Europa e Asia. Ora, le chiedo molto serenamente: dal momento in cui lei scrive “purtroppo” automaticamente dà una valenza negativa al fatto che quei mirtilli vengano dalla Bulgaria. Per quale motivo ritiene quelli bulgari inferiori ad altri? O, girando la domanda, per quale motivo ritiene quelli italiani migliori di quelli bulgari, polacchi, canadesi??
Poi è importante non confondere l’origine della materia prima con la “tracciabilità” perchè sono cose decisamente diverse.

Roberto Giomi
Roberto Giomi
Reply to  Andrea Ricci
6 Novembre 2013 16:21

Di recente ho partecipato a due incontri informativi pubblici organizzati da Unicoop Tirreno, uno a Grosseto e l’altro a Tarquinia, tenuti da due agronomi. I quali, apprezzando il progetto di filera corta di Unicoop Tirreno ( si chiama VICINO A NOI ),hanno entrambi evidenziato che non sempre, i piccolo agricoltori locali, fanno ridotto uso di sostanze chimiche di sintesi, a meno che non si pretenda da loro, come fa la Unicoop Tirreno con il VICINO A NOI, di sottostare a controlli e analisi frequenti.

Roberto Giomi
Roberto Giomi
Reply to  costante
7 Novembre 2013 14:41

Mi risulta che il Sistema Qualità di Coop Italia sia certificato IS0 9001:2008, per tutti i propri fornitori di prodotti a marchio Coop, quindi credo che la provenienza soddisfi anche i requisti di qualità. Come ho detto in altri post, Coop Italia dispone di un proprio laboratorio di biologia molecolare all’avanguardia, certificato da ACRREDIA, l’unico orgnismo italiano autorizzato a svolgere attività di accreditamento, che vanta ACCORDI DI MUTUO RICONOSCIMENTO INTERNAZIONALI. Ciò significa che questo laboratorio è considerato attendibile e autorevole. Quindi, francamente e umilmente, non capisco il Suo riferimento al seguire le mode, le ideologie senza basi scientifiche. Tra l’altro, da alcuni mesi, Coop Italia si è dotata di un gasgromatografo elettronico ( Heracles ), che “annusa” le parti volatili delle materie prime, per scoprire se il latte, ad esempio, definito 100% italiano, è realmente di mucche italiane; idem per il pomodoro, l’olio di extra vergine di oliva, il vino, le uova, la mozzarella di bufala campana, il grano e via discorrendo.

Alessandro
Alessandro
Reply to  Roberto Giomi
7 Novembre 2013 17:01

L’interessato risponderà certamente meglio di me. Ma intervengo anche io perchè, pur non condividendo la polemica contro Coop, condivido la sostanza dell’argomentazione.
Siamo continuamente bombardati da “informazioni” atte a convincerci che “made in italy” (e in senso lato, la “necessità” di conoscere l’origine delle materie prime) sia un valore aggiunto dal punto di vista della qualità e delle sicurezza alimentare. L’iniziativa di Coop “cavalca” questo trend dando al consumatore ciò che gli si è fatto credere di volere.
Si dovrebbe piuttosto fare una campagna di informazione seria in cui si spiega chiaramente che l’origine di una materia prima non è una garanzia di qualità e sicurezza.
Non è colpa di Coop naturalmente, se ciò non accade. Ci sono altri interessi dietro.

Andrea Ricci
Andrea Ricci
6 Novembre 2013 13:24

La sua domanda e’ legittima, e anche le sue osservazioni di metodo negli altri post; ma mi rivela una concezione dell’alimentazione molto diversa dalla mia: io vado al supermercato per prendere lo stretto indispensabile che non trovo a km.0, come si dice, cioe’ dai contadini della mia zona, che conosco, di cui so le fonti di inquinamento, le falde, etc.
E’ gia’ difficile controllare l’origine del cibo che viene da poco lontano a dove si vive, figuriamoci in altre regioni o addirittura in altri stati.
Non mi fido degli enti certificatori, figuriamoci di quelli che “certificano” prodotti in stati senza cultura del biologico, per di piu’ vicini a terribili disastri nucleari (che la certificazione biologica non prende in considerazione!).
Il processo di produzione sara’ anche “biologico”, ma il prodotto non e’ biologico, non e’ sano.
Se il prodotto almeno viene dall’Italia il rischio della sanzione del mercato puo’ essere piu’ alto. Se invece, “purtroppo”, viene dalla Bulgaria, e’ piu’ facile gabbare il consumatore in mille modi.

Alessandro
Alessandro
Reply to  Andrea Ricci
6 Novembre 2013 15:50

Per rispondere in modo completo le chiedo di chiarirmi meglio quello che sottintende nelle ultime due righe del suo commento.
Al di là di questo ritengo che il suo comportamento di acquisto sia legittimo, ma non sostenibile su larga scala. Ed è chiaro che non si può sostenere un ragionamento partendo da un caso “particolare”. Mi spiego. Rigoni è un’azienda importante con conseguente mole di vendita. Non può ragionare a km 0. Nessuna azienda lo può fare se come è logico che sia, cerca di massimizzare le vendite! E non lo può fare perchè la quantità di materia prima nazionale non è sufficiente a coprire la domanda. Questo discorso vale per tantissimi prodotti. Se tutti ragionassero come lei, cercando il km 0, partendo dal presupposto che la domanda rimanesse immutata, l’offerta non sarebbe sufficiente a coprirla. E allora? cosa si fa quando la materia prima è finita?
E non voglio essere frainteso, lei ha tutto il diritto di decidere di comprare a km 0, dal suo punto di vista l’origine le serve perchè LEI parte dal presupposto che LEI conosce l’origine, quindi LEI conosce la sua zona, quindi LEI sa…
Il lei maiuscolo è voluto e vuole indicare che è un ragionamento non generale, ma particolare. Dal mio punto di vista però il suo presupposto è sbagliato. Non nel suo caso particolare, che non mi permetto di mettere in dubbio, ma lo è se si parla in generale. Ci sono ottime aziende rumene che producono e commercializzano ottimi prodotti rumeni, come ottime aziende italiana che producono ottimi prodotti italiani. E ottime aziende italiane che producono ottimi prodotto con materie prime rumene. Non è l’origine di esse che ne determina la qualità. Lasciamo stare i disastri nucleari (e lo dico perchè se i livelli di cesio erano entro i limiti non è quello il problema. Poi possiamo discutere di questi limiti, ma questo è un altro discorso…), lasciamo stare i mirtilli, lasciamo stare Rigoni…
Facciamo un ragionamento generale su scala globale.

Roberto Giomi
Roberto Giomi
8 Novembre 2013 17:45

Forse il Sig.Alessandro è un consumatore molto giovane, perchè la Coop organizza campagne d’informazione e di sensibilizzazione dal 1984 ( Bianco il bucato e Azzurro il mare ) per ridurre i fosfati nei detersivi, del 1988 ( C’è uno strappo nel cielo, fermiamolo!), quando tolse dai sui scaffali i prodotti contenenti i clorofluorocarburi. Nel 1993 ” Fermiamo l’abuso dei pesticidi “, cioè una proposta di legge d’inziativa popolare per regolamentare l’uso dei fitofarmaci in agricoltura. Nel 2000 la campagna ” Conoscenza e prudenza “, bandendo dai propri prodotti a marchio gli OGM,fino alle più recenti ” Riciclo Aperto ” sulla raccolta differenziata e il riciclo della carta e cartone, ” Coop for Kyoto ” per ridurre le emissioni di anidride carbonica, del 2008 ” Risparmia le Energie”, nel 2010 ” Acqua di casa mia ” e ” PROMISE ” e del 2011 ” Boschi e Foreste ” e l’ultima dei ” Cortili Ecologici ” di questi giorni. Credo non ci siano paragoni, almeno in Italia, circa l’impegno di Coop per fare informazione ai consumatori, e dare loro la possibilità di fare scelte consapevoli. Si può fare sempre meglio, però credo sia apprezzabile la tenacia della Coop per fare corretta informazione sui consumi.

Alessandro
Alessandro
Reply to  Roberto Giomi
9 Novembre 2013 08:57

Forse io sarò giovane, ma il sig. Giomi dovrebbe almeno perdere due minuti in più per leggere e comprendere completamente quello che scrive questo giovane consumatore.
Nella prima frase ho premesso che non condivido la polemica di Cristante contro Coop.
Successivamente ho scritto “Si dovrebbe piuttosto fare una campagna di informazione seria in cui si spiega chiaramente che l’origine di una materia prima non è una garanzia di qualità e sicurezza.” Non ho scritto “Coop deve fare una campagna di informazione seria….”. Coop deve vendere prodotti, utilizzando i mezzi che ritiene opportuno usare per farlo. Tra questi ha scelto anche questa iniziativa. Sono altri gli enti che devono piuttosto fare informazione corretta sull’argomento.
Ed in chiusura ho nuovamente scritto che non è colpa di Coop se non si fa informazione corretta sulla questione “provenienza/sicurezza/qualità”.
Tra l’altro il sig. Giomi dimostra di non aver letto nemmeno i miei commenti precedenti dove non ho mai perso occasione per ribadire il rispetto verso Coop e la sua serietà.
La prossima volta magari cercherò di essere ancora più chiaro, sperando che il sig. Giomi possa dedicare ai miei commenti, se lo riterrà opportuno, qualche minuto di lettura in più.

Roberto Giomi
Roberto Giomi
Reply to  Alessandro
10 Novembre 2013 15:11

Non volevo urtare la Sua suscettibilità Sig. Alessandro, e se l’ho fatto, sia pure involontariamente, mi scuso sinceramente, né dare lezioni di sicurezza alimentare e qualità dei prodotti sull’analisi dei suoi interventi, peraltro pregni di competenza e in parte condivisibili pure da me, che sono molto schierato dalla parte della Coop, di cui sono socio e consumatore molto soddisfatto da circa 30 anni. Non credo che sia semplice, e a basso costo, scegliere di avere prodotti liberi da OGM, oppure tutta la carta a marchio Coop certificata FSC oppure Ecolabel. Con questo voglio dire? Che ciascuno dovrebbe fare la sua parte, compreso chi deve fare tutti i controlli previsti dalla legge, oppure occuparsi di fare corretta informazione. Se una cooperativa di consumo informa precisamente i propri consumatori, credo dia un contributo per farli fare scelte di acquisto più consapevoli, e non sono certo che non ci siano negative ricadute commerciali. Ricordo sempre quando la Coop tolse l’astuccio di cartone dai dentifrici e dalla maionese, nessuno acquistava più i prodotti, a parte gli ecologisti ultra ortodossi. Anche in questo caso, pur capendo che molte materie prime sono carenti in Italia, e quindi la scelta di importarle è motivata, non sarei così sicuro che tutti i consumatori reagiscano bene, riscontrando che il muesli biologico che hanno sempre consumato con piacere, è composto in prevalenza con materie prime estere. Dai suoi interventi, invece avevo percepito ( magari sbagliando clamorosamente ) che la scelta di Coop era solamente un’operazione pubblicitaria. Non credo di avere letto troppo velocemente i suoi post, ognuno di noi interpreta ciò che legge soggettivamente, anche in base al proprio livello culturale, e il mio in effetti non è proprio elevato. Io, in questo progetto della Coop ci vedo solo un intento di fare chiarezza, e mi pare una scelta coraggiosa.

Alessandro
Alessandro
10 Novembre 2013 18:49

Non si preoccupi, non ha urtato la mia suscettibilità, si tratta di un semplice scambio di opinioni.
Tornando in argomento: si continua a tirare in ballo la scelta consapevole. E sono costretto a tornare a chiedere: perchè? E consapevoli di cosa? Perchè i consumatori di muesli biologico smetterebbero di acquistarlo se sapessero che le materie prime che lo compongono sono polacche (esempio)?
Perchè dobbiamo essere così presuntuosi da pensare che le materie prime polacche/ungheresi/rumene siano inferiori a quelle italiane? Sulla base di cosa siamo autorizzati a pensarlo? Quando dico che Coop “cavalca” questo trend, non lo dico in senso negativo, perchè Coop, anche se non ha scopo di lucro, ha comunque l’obiettivo di vendere. E lo fa dando al consumatore ciò che lui crede di volere. La differenza che vedo io rispetto a tutte le iniziative da lei elencate è che mentre quelle avevano un reale impatto sulla società (CFC, pesticidi, riciclo…etc) questa non lo ha. E’ un’informazione “vuota”. Perchè non porta con sè nulla di più della soddisfazione di una curiosità. Ma è comunque legittimo che Coop scelga di adottarla. E questo non sminuisce certo le lodevoli iniziative del passato. Semplicemente, l’informazione che la farina che compro viene dal Canada o dall’Italia non è un valore aggiunto che deve indirizzare il mio acquisto e che mi fa compiere una scelta consapevole. E’ che ci viene fatto credere che lo sia. E’ questa la “disinformazione”. Ma ripeto, non è responsabilità di Coop. E’ una certa classe dirigente, politica e non, che ne ha l’interesse.

Silvia
Silvia
12 Novembre 2013 08:25

Non entro nel merito della campagna, ma vorrei tanto che Coop cambiasse lo spot con la scenetta del cacao torturato perché riveli le sue origini. Associare una pratica così orrenda e tanto comune nei paesi dai quali il cacao proviene a un messaggio positivo come quello della tracciabilità (e quindi della sostenibilità, dell’etica a e del rispetto dei diritti umani) mi pare di cattivo gusto e controproducente.

Alessandro
Alessandro
12 Novembre 2013 09:32

Peccato che tutto questo non c’entri nulla con la tracciabilità e di conseguenza con quanto viene riportato tra parentesi…
Troverei interessante che il Fatto Alimentare proponesse un articolo in cui chiarisse la netta differenza che c’è tra tracciabilità e indicazione della provenienza e in cui venisse spiegato chiaramente che non c’è rapporto tra origine materie prime e qualità/sicurezza del prodotto.
Sarebbe a mio avviso un servizio utile per tutti.