Allarme olio? Secondo il quotidiano la Repubblica e Coldiretti la situazione dell’extravergine in Italia è preoccupante, tanto che il giornale ha pubblicato il 23 dicembre un lungo articolo dai toni eccitati. Ilfattoalimentare.it segue con attenzione le vicende dell’olio, ma l’inchiesta di Paolo Berizzi su la Repubblica presenta risvolti incerti che ne mettono in discussione la validità. Tutto  prende spunto da un’analisi condotta alla fine di novembre da Coldiretti, Unaprol e Symbola su dieci bottiglie di olio extravergine di oliva (di cui non è dato conoscere le marche) i nviate in forma anonima all’Agenzia delle Dogane di Roma per effettuare l’analisi organolettica.

Secondo quanto riferito dal comunicato ufficiale di Coldiretti,

gli esperti hanno evidenziato nel 40% dei casi presenza di muffe (si tratta di una dizione impropria visto che il panel organolettico ha trovato un difetto di muffa dovuto alla cattiva conservazione delle olive e non certo muffe nell’olio come viene scritto e come è stato ripreso dalle testate on line). Il referto analitico prosegue con il 16% di campioni di olio proveniente da olive alterate (forse Coldiretti voleva dire più correttamente di cattiva qualità) e con l’8% dell’olio ottenuto da olive rancide  (forse Coldiretti voleva dire più correttamente con una nota di odore di rancido).

Accantonate queste inesattezze, nel testo si legge che tra le dieci bottiglie non ci sono marchi Dop e nemmeno oli qualificati come 100% olio italiano. È lecito chiedersi a questo punto come è stata fatta la campionatura? Perché sono state escluse alcune catego rie e qual è il valore statistico di un lavoro realizzato su pochissimi campioni per di più anonimi? Si tratta di un campione rappresentativo dell’1%, del 10% o del 50% del mercato? Abbiamo chiesto a Unaprol e Coldiretti i documenti analitici originali del laboratorio per capire meglio, ma ci è stato risposto che si tratta di analisi “riservate oggetto di indagine” da non divulgare!!!

L’altro elemento su cui riflettere è chiedersi quale valore ha una prova condotta su dieci bottiglie di olio anonime quando in Italia esistono una miriade di marche.

Il terzo punto  “critico” di questa storia evidenziato nel comunicato stampa di  Coldiretti e dall’articolo, è la tesi secondo cui l’80% delle bottiglie di extravergine vendute in Italia contiene olio di diver sa origine. La vicenda viene presentata come uno scandalo, quasi una presa in giro per il consumatore, anche se le indicazioni riferite alla provenienza dell’olio sono riportate sulle etichette in caratteri tipografici minuscoli. Questa scarsa trasparenza dei produttori può essere vera in qualche caso, ma le etich ette che utilizzano caratteri tipografici piccoli per indicare la provenienza della materia prima sono legali.

La legge permette a un’azienda italiana di imbottigliare olio spagnolo, tunisino, greco o di altre nazioni. L’unica acco rtezza è di indicarlo in etichetta e di non trarre in inganno il consumatore, con frasi o immagini che possono indurre in errore sull’origine della materia prima. Il problema dei caratteri tipografici minuscoli esiste, ma riguarda un po’ tutti i prodotti  alimentari. La questione verrà risolta con l’entrata in vigore tra tre anni del nuovo Regolamento europeo  1169/2011 sulle etichette alimentari approvato un mese fa dall’UE che prevede diciture più grandi.

Il tentativo dell’operazione “olio ammuffito” è di screditare l’olio di oliva dei Paesi europei ed extra-europei giudicandolo, per principio, di bassa qualità e dando per scontata una superiorità del prodotto made in Italy. Più che di un’inchiesta giornalistica sembra di leggere una favola per bambini dove si racconta che il prodotto  italiano è “sempre buono”, mentre quello degli altri Paesi è “sempre cattivo”, senza uno straccio di riscontro analitico.

La verità è  che in tutti i Paesi mediterranei si imbottiglia volentieri extravergine mediocre che viene poi venduto a prezzi stracciati.   Il più delle volte si tratta di olio deodorato (in parte legalizzato da una direttiva comunitaria di qualche mese che lo ha promosso di categoria trasformandolo per legge in extravergine), oppure di olio con difetti organolettici (classificabile come vergine o addirittura come olio lampante da rettificare).

 Purtroppo l’inchiesta un po’ evanescente dell’olio condotta dal quotidiano la Repubblica è stata ripresa a livello internazionale da diversi media, e le autorità cinesi hanno addirittura deciso di vederci un po’ più chiaro.

Il giornalismo investigativo è uno strumento importante del nostro mestiere, ma bisogna imparare a distinguere le grandi inchieste dalle piccole bufale.

Roberto La Pira

Quando si parla di olio c’è sempre molta confusione e il consumatore non ha le idee chiare. Per questo riproponiamo una nota sul prezzo e sulla qualità dell’olio pubblicato sul nostro sito a fine settembre 2011, che a distanza di tre mesi risulta di estrema attualità.

Il prezzo di una bottiglia di olio extravergine d’oliva italiano? Secondo l’associazione di produttori Unaprol sfiora i 6,0 € al litro. I conti sono presto fatti: 3,50 € la materia prima, 0,74 € per confezionamento, etichettatura e trasporto, 0,76 € le spese per commercializzazione e marketing… Quello che resta è assorbito dal punto vendita e dall’Iva (vedi tabella).

Dopo avere letto questa notizia sfoglio il mensile distribuito  da una grande catena di supermercati ai soci della Lombardia e trovo in offerta l’olio extravergine di una famosa marca a 2,90 €/l! Come è possibile? Visitando altri supermercati è facile scoprire che ogni settimana, tra le 70 referenze esposte mediamente sugli scaffali, c’è sempre una super offerta per l’olio extravergine di marca. La gente lo sa, tanto che quasi la metà delle bottiglie si compra a prezzi stracciati equivalenti a due litri di latte fresco di marca.

Di fronte a listini così pazzi, quando il consumatore arriva nel corridoio degli oli ha sempre un attimo di smarrimento. I prezzi per lo stesso prodotto lievitano anche di 10 volte e questo disorienta, perché nel settore alimentare non ci sono prodotti con differenze così marcato (vedi tabella 1).

Qualcuno consiglia di leggere l’etichetta, ma solo pochi sanno individuare e interpretare (quando ci sono) le vere indicazioni utili. La legge non aiuta perché si limita a differenziare tra olio di paesi europei ed extra europei, fornendo così informazioni poco interessanti.

Anche la dicitura olio 100% italiano aiuta poco perché non è un indice di qualità assoluta (anche se sul mercato costa più di quello greco e spagnolo). Più interessanti sono le bottiglie  con il marchio Dop e Igp perché che caratterizzano l’olio di una determinata zona. L’inconveniente di Dop e Igp è che costano da 8 a 25 €/l, mentre più abbordabili sono le bottiglie targate biologico.

Ma di fronte all’olio extravergine venduto (non in offerta) a 3 euro al litro cosa si può pensare? La questione è delicata (vedi tabella 2), tanto che ricercatori universitari ed esperti di analisi chimiche glissano volentieri sulla domanda.

Un’ipotesi accreditata è che in queste bottiglie si trovi olio deodorato. Si tratta di olio con un aroma cattivo che viene recuperato con un blando trattamento termico per eliminare l’odore e venduto come extravergine. Fino a un anno fa questa lavorazione era illegale ma molto diffusa (un test dell’Arpa di Ascoli Piceno su 68 campioni segnalava che un terzo di bottiglie contenevano olio deodorato).

Nel mese di aprile 2011 una legge europea ha adottato nuovi parametri contro questa frode, ma i valori fissati sono troppo blandi, per cui adesso una parte dell’olio deodorato risulta “legalizzato” e si trova magari miscelato con altro olio in bottiglia. L’esito è che i prezzi sono ridotti, il prodotto ha pochi antiossidanti e un sapore asettico.

Che fare? Imparare ad assaggiare l’olio crudo come si fa con il vino, apprezzandone l’aroma e il sapore e facendo un confronto tra una bottiglia da 3,0 €/l e una da 7-8. Il sapore tipico dell’oliva e il gusto dovrebbero differenziare il buon olio che, anche dopo qualche mese, non perde il sapore.

Diciture in etichetta da leggere con attenzione

L’origine. Ha una certa importanza negli oli Dop o Igp, ma non ha una grossa rilevanza per gli altri. La scritta “100% italiano” non è sinonimo di qualità, come molti pensano: In Italia ci sono oli buoni e mediocri, come negli altri paesi. La qualità dipende da fattori come il cultivar, l’annata, il sistema di raccolta e di conservazione, e non basta lo slogan made in Italy. I produttori che conoscono bene il settore scelgono ogni anno gli oli migliori nell’area mediterranea e li miscelano in modo intelligente per proporre un prodotto di qualità.

Bassa acidità. Caratterizza un olio con un profumo e un gusto superiore, essendo ricavato da olive con un grado di maturazione corretto, raccolte evitando il contatto con il terreno e spremute subito dopo il distacco.

Denominazione. Tutte le etichette dell’olio extravergine di oliva riportano la scritta “Olio d’oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici” che molti reputano farraginosa e difficile.

Formato. Confrontare sempre il prezzo al litro perché l’assortimento comprende bottiglie da 75 e 50 cc ed è facile sbagliarsi.

Tabella 1: Il listino

In un supermercato milanese ci sono mediamente 70 tipi di bottiglie
Prezzo minimo  €/l Prezzo massimo €/l
 Olio extravergine di oliva

2,9

9,0

 Olio extravergine di oliva Dop e Igp

9,0

25,0

Tabella 2:Analisi costi

Analisi costi olio extra-vergine oliva – €/l

 Olio italiano

(olio greco 2,50 )

(olio spagnolo 2,12)

3,50

 Confezionamento, etichetta, trasporto

0.74

 Commercializzazione e marketing

0.76

 Margine dettagliante e Iva

0.75

 Totale

5,84

 

foto: Photos.com

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thomas
thomas
8 Gennaio 2012 14:43

Avevo già letto questa storia tempo prima… capendo che alla fine l’approsimazione stava nella Coldiretti

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/24/muffe-in-quasi-la-meta-dellolio-in-commercio/172839/

Alice
Alice
8 Gennaio 2012 07:15

Io coltivo olive e produco olio, i costi indicati da unaprol sono corretti e ringrazio coldiretti per l’impegno a smascherare queste distorsioni di mercato. Sarebbe utile che anche voi vi attivaste in questo senso anziche’ criticare queste iniziative

Corrado
Corrado
9 Gennaio 2012 09:34

Affermare che l’origine non ha peso nell’olio significa misconoscere il regolamento 182/2009, laddove si afferma che "a motivo degli usi agricoli o delle pratiche locali di estrazione o di taglio, (tali oli) possono presentare qualità e sapore notevolmente diversi tra loro a seconda dell’origine geografica". Le cultivar italiane (ben 538, senza pari al mondo) sono state esportate ovunque e sono riconosciute come particolarmente ricche di polifenoli (a differenza di varietà come quelle spagnole= picual, arbequena, che puntano tutto su resa e altre caratteristiche), insigniti da EFSA di menzione salutistica.

Saluti

Roberto La Pira
Roberto La Pira
9 Gennaio 2012 09:48

Corrado, sono d’accordo l’origine ha la sua importanza per Dop, IGP … Buona parte dell’olio imbottigliato e venduto al supermercato è però composto da miscele di olio UE e quindi bisogna considerare l’origine e la qualità dovuta al trattamento. E’ vero che varietà spagnole come il Picual puntano sulla resa e non sono eccellenti ma esistono anche oli greci ottimi utilizzati per le miscele . In ogni caso la qualità di ogni ogni olio va valutata singolarmente e non si può generalizzare.

Gianni
Gianni
9 Gennaio 2012 11:19

L’articolo di Repubblica riporta anche un errore piuttosto grossolano in merito ai valori di acidità e la classivicazione degli olii.
Questa è la classificazione esatta :
– olio extravergine di oliva acidità max 0,8%;
– olio vergine di oliva acidità max 2%;
– olio lamapante max 2%.

massimo
massimo
11 Gennaio 2012 19:41

Alice, ciò che scrivono la Coldiretti e l’Unaprol è falso. Se lei legge attentamente l’articolo di La Pira, comprenderà come nella propaganda coldiretti ci siano delle falsità. Non deve guardare il suo singolo orticello quando si parla di mercato nazionale o internazionale piuttosto deve comprendere come l’Italia da sempre è importatore betto di olio. Tanto per cominciare non si sa precisamente quanto olio extra vergine viene prodotto rispetto all’olio "di pression" ossia compreso il lampante. E già questo è inaudito considerando ad esempio che in Spagna si può conoscere quasi in tempo reale la produzione. In ogni caso se la produzione di extra vergine fosse di 300.000 tonnellate, noi italiani ne consumiamo 700.000, con un differenziale da comprare fuori di 500.000. Dove si compra? Dalla Spagna , dove l’olio costa poco ed è classificato extra vergine o dalla Grecia o , in misura minore da altri Paesi. L’olio spagnolo o greco, viene confezionato ed etichettato come comunitario. Spesso poi, la GDO lo vende sotto costo, senza neanche avvertire le aziende di confezionamento, per attirare le persone nei loro supermercati (prodotto civetta). E’ evidente che in Italia in certe aree i costi di produzione possano essere alti per la morfologia del territorio che non consentono , ad esempio una raccolta meccanizzata. Tali oli sono venduti come IGP o DOP ma costituiscono solo l’1% del venduto nazionale. Il consumatore , se vuole comprare italiano, saprebbe cosa comprare ma nello stesso tempo spesso non apprezza neanche il buon olio , che può anche essere spagnolo o greco, così come non tutto l’olio italiano è buono, perchè manca la conoscenza del prodotto. Per poter migliorare i suoi acquisti, che trovano il limite comunque nel reddito spendibile, occrrerebbe essere educato. La Coldiretti e l’Unaprol con le loro dichiarazioni sulla stampa fanno però solo terrorismo alimentare, creando problemi a tutto l’export italiano, compreso quello diretto degli stessi piccoli produttori. D’altra parte npo si può impedire agli spagnoli di vendere il proprio olio o di declassarlo a vergine o a lampante, solo perchè , alla Coldiretti o all’Unaprol o anche ad altri non piace.

Gianni
Gianni
12 Gennaio 2012 07:40

La faccenda e’ alquanto complessa e poiché si sconfina inevitabilmente in dettagli tecnici di difficile comprensione per i non addetti ai lavori e si finisce per confondere
ancora di più un consumatore oramai impaurito e spettatore di denunce e contro denunce.
Solo pochi dati:
Oggi la materia prima olio quota ad Andria (Andria condiziona l prezzo dell’olio italiano) tra â

Luigi Tozzi
Luigi Tozzi
12 Gennaio 2012 08:38

Distorsione del mercato? Le regole del mercato sono chiare regolamentate e note a tutti. Semmai è la solita zolfa della Coldiretti che vuole promuoversi come l’unica organizzazione che difende il made in Italy per dare più forza ai mercatini delle pulci di Campagna Amica.
Di solito è il produttore che si adegua al mercato e non il contrario. a chi non l’ha capito resta solo dire che il prodotto del concorrente fa schifo.

simona marzetti
simona marzetti
12 Gennaio 2012 10:19

Segnalo una piccola svista nel testo dell’articolo:
Il provvedimento ue entrato in vigore il 12 dicembre è il regolamento ue 1169/2011 e non una direttiva.

Si veda nell’articolo la frase: La questione verrà risolta con l’entrata in vigore tra tre anni dalla nuova direttiva sulle etichette alimentari approvata un mese fa dallâ

Roberto La Pira
Roberto La Pira
12 Gennaio 2012 18:31

Simona, grazie, corretto.

Domenico
Domenico
16 Gennaio 2012 09:44

e un po il Gedini dell’agricoltura, Cmq, per andare oltre, nell’articolo leggo delle inesattezze, uno eclatante è quello riferito all’acidità, che nulla a che vedere con gusto e profumo, infatti l’acidità è solo un fattore che si determina …in laboratorio con delle analisi. Vero è che l’acidità viene ricavata dallo stato di maturazione delle olive, ma anche dal lasso di tempo che intercorre tra la raccolta e la molitura, non dimentichiamoci che durante la raccolta le olive subiscono ammaccature, ecc.
Il profumo e un gusto superiore, è determinato dalla qualità di olive, ad esempio la qualità "coratina" è molto fruttata, e raccogliendola in una fase di maturazione avanzata, si ottiene sempre un olio molto fruttato, ma con un’acidità superiore, che cmq rientra nei parametri di legge.
Il mio olio di quest’anno ha un valore di acidità di 0.18, analisi eseguite dalla SAMER presso la CCIAA di Bari; e proprio ieri sera leggevo su un sito di una nota marca di olio che il loro olio "BUONISSIMO" non supera l’1%
Ancora molto lunga è la strada da fare, la gente (ed è tanta) è convinta che l’olio più pizzica e più contiene acidita !!! Non hanno ancora capito che più pizzica e più è di QUALITA’ !!!
Ma ci stiamo lavorando !!

aldo
aldo
10 Dicembre 2012 20:56

Suggerisco un metodo sicuro per avere in tavola un buon olio di oliva.Non tutti però possono permettersi di adottare il sistema per tante ragioni.Allora si fa così :All’epoca della molitura ci si reca al frantoio dove sono presenti i vari produttori di olive,si osservano le migliori e si contatta il produttore con il quale si concorda la quantità e il prezzo che non può essere inferiore a 5-6 euro litro.