aceto, mele rosse in cestino più tre sparse intorno

melePer ridurre la concentrazione di pesticidi presenti sulle mele il sistema più efficace è anche quello più semplice ed economico: immergere il frutto in una soluzione di bicarbonato. Questo sistema è sufficiente, secondo i test effettuati dai ricercatori dell’Università del Massachussett di Amherst, a rimuovere la quasi totalità dei prodotti chimici presenti.

Negli esperimenti, di cui ha dato conto il Journal of Agricultural and Food Chemistry, gli autori hanno trattato le mele gala con alte concentrazioni di due pesticidi tra i più usati: il tiobendazolo, funghicida, e il phosmet, insetticida, per 24 ore. Quindi hanno sottoposto i frutti a tre diversi trattamenti: l’acqua corrente, una soluzione all’1% di bicarbonato di sodio oppure il lavaggio con una soluzione di candeggina (ipoclorito di sodio) simile a quello utilizzata da molti produttori prima di avviare le mele alla spedizione, il Clorox, e poi hanno verificato i livelli delle due sostanze chimiche sulla buccia delle mele.

Il risultato è stato sorprendente, perché il bicarbonato ha impiegato 12 e 15 minuti per rimuovere il 100% rispettivamente del tiobendazolo e del phosmet dalla superficie delle mele. Va detto però entrambi i pesticidi, il 20% del primo e il 4,4% del secondo, erano penetrati nella buccia, e non erano diminuiti dopo nessuno dei tre trattamenti. Inoltre è stato dimostrato che il tiobendazolo ha una capacità di penetrazione che è 4 volte superiore rispetto a quella del phosmet.

Per non mangiare antiparassitari non c’è dunque che una soluzione: togliere la buccia, anche se è lì che si concentra la quantità maggiore tanto di fibre che di nutrienti nobili o, in alternativa, scegliere mele biologiche.

Va comunque ricordato che in Italia molti produttori non usano solo pesticidi chimici ma si affidano alla lotta integrata e che in genere i livelli di pesticidi considerati massimi sono ben al di sopra di quelli che normalmente si ritrovano su frutta e verdura. Inoltre alcuni produttori come lavano le mele prima di avviarle al mercato, in modo tale che possano essere teoricamente mangiate anche senza risciacquo. Supermercati e grandi distributori, a loro volta, spesso utilizzano altre sostanze per allungare il tempo di conservazione.

Inoltre in generale i prodotti chimici autorizzati e usati per proteggere la frutta e la verdura, alle concentrazioni stabilite dalle autorità sanitarie, non sono considerati pericolosi per la salute, come hanno ribadito anche l’EFSA nel suo ultimo rapporto, del 2017, e l’OMS, pur con diverse cautele, e anche se negli anni molti studi hanno messo in luce potenziali rischi soprattutto per il feto e per i bambini.

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Paolo braghi
Paolo braghi
23 Novembre 2017 21:30

Ormai serve poco lavare la frutta .perché? Nessun lavaggio è in grado di togliere i prodotti sistemici .tipo neonicotinoidi ecc ecc

Lucio
Lucio
Reply to  Paolo braghi
2 Dicembre 2017 19:42

Quarant’anni fa avevo una meravigliosa fidanzata in provincia di Ferrara con una coltivazione di mele a fianco della villetta dei suoi genitori. Un giorno ho parlato con il padrone di tale meleto che mi disse che lui ERA COSTRETTO A FARE tra 40 e 47 passaggi di ” prodotti agrochimici” all’anno in base alle condizioni dell’annata e che il costo di tali interventi incideva molto sulla redditività… che quindi andava in tasca di chi vende tali sostanze ed al petroliere ! Era l’unico problema per lui!
A quei tempi si usava altra “chimica” ma poi ho imparato, e tutti lo possono confermare, che i principi attivi…testati ed autorizzati, IERI COME OGGI , vengono proibiti e sostituiti da altri , anch’essi testati ed autorizzati …..da sostituire più avanti con altri ancora ….. testati ed autorizzati…e poi…
Tutto sommato è noto che l’effetto cancerogeno/mutageno si sviluppa solo dopo PERSISTENZA NEL TEMPO dell’agente cancerogeno, quindi è LOGICA PRASSI del consumatore previdente, quella di cambiare fruttivendolo, marca di profumo, di dentifricio, pasta ed altro…. il tutto per interrompere la persistenza di A e ricominciare con un cancerogeno B . Consumatore fedele? MAI !
Io sono nato quando ancora l’Italia non aveva inventato la plastica…e mio figlio? arriverà alla pensione ?

Roberto La Pira
Reply to  Lucio
3 Dicembre 2017 11:17

La sua visione è abbastanza catastrofica. La vita media in Italia continua a allungarsi nonostante tutto . Forse la valutazione del rischio relativa a certi prodotti e certi additivi è elevata! La scelta bio resta comunque una scelta valida che si può portare avanti

ezio
ezio
24 Novembre 2017 10:39

Finché i valori residuali delle sostanze chimiche considerate tossiche, non terranno conto della potenzialità d’essere anche interferenti endocrini, con altre conseguenze dannose oltre alle possibili intossicazioni quantitative, avremo solo una parte limitata della protezione.
Cumulo, interazione ed interferenza endocrina di molte delle sostanze tollerate in uso ed ammesse come residui negli alimenti, se meglio valutate secondo principi ed effetti più estesi e profondi, potrebbero essere vietate e/o comunque rivisti i limiti di tolleranza già fissati.
Nel merito ed in attesa di più precise ed appropriate indicazioni di sicurezza, lavare frutta e verdura con bicarbonato di Sodio, è la miglior soluzione conosciuta ed efficace che possiamo e dobbiamo fare sui vegetali non bio.

antonio
antonio
26 Novembre 2017 16:03

Quando si danno consigli su come eliminare le tracce dei pesticidi dalla frutta che mangiamo,si dovrebbe anche suggerire su come elimarle dal terreno e quindi dalle falde acquifere.
L’uomo,è questo articolo ne è un esempio,si pone al centro del creato.
Usa il bicarbonato,elimina la buccia anche se è la parte importante di vitamine e fibre del frutto,riguardo lo sterminio di microorganismi presenti nel terreno e l’inquinamento delle falde è un problema che non ci riguarda.Poi c’è la favola della lotta integrata,termine che non vuol dire nulla.
Lotta integrata significa uso i prodotti fitoasnitari chimici solo quando serve,quindi sempre.Sarebbe come dire passa da 20 sigarette al giorno a sole 10,quando la soluzione vera sarebbe quella di smettere.
Antonio

Gianluca
Gianluca
28 Novembre 2017 11:29

Finché l’EFSA fa copia e incolla delle ricerche che le passano le multinazionali della chimica (vedi lo scandaloso caso del glifosato) non la citerei come fonte autorevole, anzi!
L’unica soluzione è comprare frutta bio, sperando che almeno lì i controlli siano seri.

Emiliano
Emiliano
Reply to  Gianluca
30 Novembre 2017 11:17

Speranza vana come dimostrato da Report dello scorso inverno sull argomento, gli Enti certificatori Bio sono pagati dai produttori Bio stessi……
L Ente certificatore comunica una settimana prima al controllato la data della sua visita…..cosi il controllato fa sparire tutto e fa trovare quello che preferisce.
Se l Ente certificatore non si comporta cosi e magari pretende di controllare un po’ troppo il produttore Bio richiede di essere controllato da altro Ente e fa mancare il contributo economico che permette all Ente Certificatore di sopravvivere.
Ditemi se è Normale una situazione del genere……

antonio
antonio
Reply to  Gianluca
30 Novembre 2017 14:21

gentile Emiliano,non funzione esattamente come tu lo descrivi.l’ente chiama prima ,questo è vero.
“Fai sparire tutto”,questo è impossibile perchè il certificatore non controlla solo carte ma prende campioni di terreno dove lui ritiene,e prende campioni di prodotto dalla pianta.far sparire un albero senza che ciò si veda credo che sia possibile solo con l’intervento di harry potter.
Inoltre le az. certificate vengono controllate dalla Regione di apparteneza perchè sono loro che erogano parte contributo,dall’Agea che eroga anch’essa parte del contributo,dalla repressioni frodi che hà tra gli altri ha anche il compito di controllare gli enti certificatori.Come vedi la semplificazione giornalistica può indurre a conclusioni semplicistiche.
Che l’ente certificatore possa,a volte,avere interesse a “chiudere un occhio” per non perdere il “cliente” ci può stare,per questo se proprio vuoi diffidare,diffida delle grosse aziende industriali o importatrici che pagano per la certificazione ciifre a 4 o 5 zeri.
I piccoli produttori e/o trasformatori di solito non superano i 1.000 euro annuiper la certificazione,capisci che queste cifre non inducono a tentazioni ne tanto meno c’è margine per corrompere.

ezio
ezio
Reply to  Gianluca
1 Dicembre 2017 12:28

Nessuno ha interesse a coprire le malefatte di qualche sprovveduto produttore o importatore malandrino, come emerge anche dalle sporadiche furbate, in cui la risonanza delle notizie nuoce a tutti e per primi proprio a chi doveva controllare i controllati che fanno i furbi, in fase di autodistruzione commerciale.
Infatti è sufficiente qualche analisi a campione per verificare la pulizia dei prodotti in commercio e salvo qualche sporadica eccezione, tutte le analisi sistemiche di raffronto dei prodotti bio con quelli convenzionali, hanno evidenziato l’assenza di sostanze chimiche o la presenza in tracce minime ed occasionali spesso dovute a contaminazioni crociate o ambientali inevitabili (acqua di falda, coltivazioni adiacenti, ecc..)
Il marchio BIO è come un marchio di fabbrica di un produttore di qualità affermato sul mercato, l’ultima cosa che può permettersi di fare è imbrogliare tradendo se stesso, pena la perdita del mercato e del marchio di qualità.
Autolesionismo puro di soggetti diversamente professionali e facilmente scoperti.

red
red
2 Dicembre 2017 10:44

Sarebbe interessante capire come ci si muove nel Veneto e in generale in Italia per quanto riguarda i pfas presenti nell acqua di falda e nell acqua usata nelle irrigazioni a prescindere da tutto il resto.
problema noto dal 1996 in tutto il mondo è senza ancora una soluzione assistendo al progressivo avvelenamento di ampie fasce di popolazione su base regionale e ormai si trova in traccie anche nelle uova nel latte e nelle carni oltre che nelle verdure che provengono da quei territori

felice
felice
3 Dicembre 2017 22:26

A me interesserebbe sapere, ad esempio, se nelle mele realmente presenti sul mercato (ad esempio: le mele Golden della Val di Non ), trattate come sono realmente trattate, sono presenti nella buccia e nella polpa sostanze pericolose per la salute e in quale quantità. Quanto è presente in mele-cavia di una qualche ricerca che usa metodi di “trattamento” e di analisi particolari non soddisfa alla prioritaria esigenza di conoscere la realtà.
Mi auguro una risposta più puntuale e più approfondita da parte della meritoria azione informativa del Fatto Alimentare. Grazie.

Costante
Costante
4 Dicembre 2017 16:18

Quarant’anni fa veniva fatta sui frutteti una lotta SISTEMATICA, con pesticidi “a gogò”. I problemi di salute appartenevano prima di tutto agli agricoltori. Ho conosciuto a quei tempi una persona che vendeva principi attivi e che presto se ne è andata.
Era argomento frequente di incontri e analisi dei dati con la ASL di Ferrara ed il suo laboratorio che effettuava monitoraggi a largo spettro.
OGGI è tutto cambiato a partire da principi attivi autorizzati e soprattutto con la lotta integrata, molto meno pericolosa e meno costosa (cosa vuol dire “quindi sempre” ?) mirata al minimo trattamento necessario con rispetto, certificato nella maggioranza dei casi, dei tempi di carenza.
La necessità del trattamento è monitorata con metodi sempre più precisi, e dai trattamenti chimici, ove possibile, si passa anche a metodi biologici.
Non facciamo di tutta l’erba un fascio

antonio
antonio
Reply to  Costante
5 Dicembre 2017 12:44

Se nel convenzionale si fanno per es. 15 trattamenti,(per le mele si arriva anche a 30),nell’integrata si arriva, a secondo dell’andamento climatico a 5 -6.Nelle annate climaticamente favorevoli 3-4 .In sostanza è escluso che ci siano annate nelle quali si puo fare meno di fare trattamenti con fitofarmaci e fitoregolatori.Affermare “quindi sempre” è piu che giustificato.Perfino nel biologico non si riesce a fare a meno di intervenire, usando prodotti non derivanti di sintesi chimica.

antonio
antonio
4 Dicembre 2017 17:56

Se si analizzano le mele convenzionali o quelle provenienti da agricoltura integrata,troveremo sempre tracce di un buon numero di fitofarmaci.Saranno nella maggior parte dei casi entro i limiti di legge.
Il vero problema è il fattore accumulo nel tempo e l’effetto della combinazione tra i vari principi attivi.
Ad oggi,che io sappia, non esiste uno studio definitivo su gli effetti del “coktail” dei vari pricipi attivi che ingeriamo noi e il terreno,che come gli esseri umani è anch’esso un organismo vivente.
Se per es. un individuo fumasse per la 1a volta 20 sigarette in un giorno,di sicuro non gli succede nulla di grave,al massimo un pò di tosse e bruciore alla gola.Se lo stesso individuo continuasse,(accumulo) per tutta la vita,qualche conseguenza se la deve aspettare.Se da 20 sigarette passasse a 10 o 5,cambierebbe poco.
La soluzione è smettere di fumare

apicoltura
apicoltura
5 Dicembre 2017 16:04

Testati e autorizzati??? Questi prodotti sono erano e saranno sempre cancerogeni.solo il potere economico delle multinazionali che corrompono Falsi ricercatori al loro soldo a dichiarare cose assurde.Io volevo sapere se è possibile eliminare i pesticidi sistemici.questi partono dal seme seguono tutta la crescita della pianta fino al frutto.questo imbottito del principio attivo…. ce .lo mangiamo.es : neonicotinoidi. Come posso toglierli ….visto che permangono e sono indistruttibili????? Distinti saluti ..ps tutti siamo capaci di lavare una mela con il bicarbonato .o prendere un coltello e sbucciata. Non serve ricerca o rigore sciemtifico

ezio
ezio
6 Dicembre 2017 12:34

“Essere o non essere” l’eterno dilemma!!
Preferire la quantità, l’estetica e la continuità produttiva assicurata, oppure la qualità, la stagionalità, la sostanziale assenza di prodotti chimici, con una produzione più scarsa, imperfetta e non costante, è il dilemma specifico che divide il mondo agroalimentare attuale.
Ognuno per la sua strada e tutti per la biodiversità, che però non danneggi il vicino e soprattutto l’ambiente di tutti in modo irreversibile.

Romano
Romano
9 Dicembre 2017 20:13

Innanzitutto grazie per quanto fate che è importante è prezioso. Ho necessità però di segnalarvi che, a mio parere, il titolo di questo articolo pur essendo preciso si presta a interpretazione frettolosa di non ha la capacità di approfondire leggendo l’articolo è mi creda molti, troppi non leggono…
La vera notizia utile degna di risonanza è in realtà quanto si legge nell’articolo:
.. “Per non mangiare antiparassitari non c’è che una soluzione: togliere la buccia …o, in alternativa, scegliere mele biologiche”
Le parole sono importanti, i titoli lo sono ancora di più.
Buon lavoro e ancora grazie.

ezio
ezio
Reply to  Romano
14 Dicembre 2017 18:19

Differenza sostanziale e non formale tra il titolo dell’articolo e quello da lei suggerito, che condivido.
Differente l’approccio tra la prevenzione (del metodo bio) e i rimedi a danni già fatti, alle mele ed all’ambiente!