sardines on a fish market

Permettere la rigenerazione della risorsa ittica e gestire in modo sostenibile la pesca. Sono due delle azioni adottate da 193 stati membri delle Nazioni Unite al termine della Conferenza internazionale sugli oceani, che si è svolta all’inizio di giugno a New York. Per portare avanti i progetti verranno istituite più aree marine protette, create delle zone di cattura vietata per alcune specie e attuata una lotta alla pesca illegale e non regolamentata. L’Italia, insieme alla Grecia, è il paese con la più ampia flotta di navi da pesca a livello europeo. Nel 2015 nell’area mediterranea i pescherecci nazionali hanno raccolto quasi 300 mila tonnellate di pesce. Nel nostro Paese si catturano principalmente: acciughe, sardine, vongole, naselli, gamberi e importiamo il 9% della risorsa ittica da altre nazioni, in particolare specie oceaniche e molluschi.

Il programma triennale per la pesca (2017-2019) del Ministero delle politiche agricole si pone come obiettivi di sostenibilità: la ricostruzione delle risorse ittiche e la riduzione della flotta nazionale. Il piano prevede la chiusura, temporanea o completa, di alcune aree per favorire la riproduzione. A questa misura si aggiunge il contrasto all’illegalità. Le sanzioni saranno applicate ai pescherecci in assenza di permessi, a quelli che lavorano in zone di divieto o alla cattura di specie non autorizzate.

Secondo un’analisi pubblicata nel mese di marzo 2017 da Oceana e Wwf, però, questi sistemi di controllo non vengono applicati allo stesso modo all’interno dei paesi comunitari, in particolare per quanto riguarda la frequenza e le verifiche. Dal documento emerge che tra il 2014 e il 2015 l’Italia non avrebbe inviato richieste di controllo sui lotti importati da paesi non UE, nonostante abbia ricevuto merci considerate ad alto rischio, perché provenienti da zone dove la pesca illegale è molto diffusa. Tra il 2010 e il 2015 il nostro paese non ha respinto nessun carico, misura prevista nel caso in cui il pesce risulti di provenienza illecita.

pesca
Le sanzioni saranno applicate ai pescherecci in assenza di permessi, a quelli che lavorano in zone di divieto o alla cattura di specie non autorizzate

In questo quadro si inseriscono diversi soggetti che si propongono come enti certificatori della sostenibilità del settore. Sugli scaffali dei supermercati si possono trovare i prodotti con il bollino Marine Stewardship Council (MCS) che si fonda su tre principi: la garanzia di una rigenerazione della risorsa ittica, il basso impatto sull’ambiente marino e il rispetto delle leggi vigenti in materia. Questo ente certificatore garantisce oltre 300 aziende di pesca in più di 30 paesi. Iniziativa simile è quella di Friend Of the Sea, una ong che fornisce una certificazione valida a livello internazionale e applica i criteri stabiliti dalla FAO a proposito dei prodotti ittici.

Per orientarsi esistono poi iniziative che hanno sviluppato dei consigli al consumo, come nel caso del Wwf. La “Seafood guide” spiega quali principi seguire per scegliere al supermercato e attraverso un sistema semaforico indica, per ogni specie, il grado di impatto. Una guida è stata elaborata anche dall’associazione Consumare Giusto che ha raccolto le indicazioni sulla sostenibilità di ciascuna specie ittica, permettendo al consumatore di comprendere l’impatto delle sue azioni di acquisto. Il manuale divide il pescato in: specie abbondanti catturate o allevate in modo sostenibile, criticità nelle metodologia di cattura e specie catturate o allevate in modo dannoso per l’ambiente.

Anche Greenpeace ha elaborato una piattaforma per orientarsi nella scelta, attraverso “Fishfinder”. In questo caso tra i criteri della pesca sostenibile rientrano anche le caratteristiche dei produttori. Secondo l’associazione ambientalista è sostenibile il lavoro delle piccole imprese familiari che rispettano le regole e contribuiscono allo sviluppo delle comunità costiere. L’ong valuta positive anche le tecniche di cattura artigianale, in contrapposizione con i metodi industriali considerati a forte impatto ambientale. Il portale dedica una sezione all’analisi dell’etichetta, che deve riportare oltre al nome scientifico e al prezzo anche la categoria di attrezzi utilizzati e la zona specifica di cattura. Si punta a coinvolgere anche la distribuzione, come nel caso del progetto “Blue Food Green Future” nato dall’incontro di: Wwf, Verdeacqua onlus, Istituto per gli studi del mare, Associazione Italiana Ristoratori Giapponesi, Greenpeace, Slow Food e Sharklab. L’iniziativa intende monitorare la sostenibilità nelle piazze italiane più importanti, nei mercati ittici di Milano, Palermo e Venezia.

Slow Fish sostiene le metodologie artigiane e punta alla sensibilizzazione del consumatore

A fine maggio si è chiusa l’edizione 2017 di Slow Fish di Slow Food, che sostiene le metodologie artigiane e punta alla sensibilizzazione del consumatore incentivando l’acquisto di specie meno conosciute ma più sostenibili. Silvio Greco, presidente del comitato scientifico di Slow Fish, spiega come il sostegno ai piccoli produttori si coniuga con la sostenibilità: “La piccola attività non utilizza metodi impattanti come la pesca a strascico, le barche sono inferiori ai dieci metri e possono raccogliere modiche quantità di pescato, inoltre, le giornate sono inferiori a quelle dell’industria perché legate alle condizioni del mare: difficilmente si va oltre i 100 giorni.

Ci sono poi esperienze come quella dell’azienda Eurofishmarket promotrice del progetto “l’Amo italiano” che vuole creare una connessione tra il produttore e la distribuzione, compresa la ristorazione. L’obiettivo è facilitare i produttori e tutelare i distributori di pesce. “Spesso il produttore ha difficoltà a organizzarsi- spiega Valentina Tepedino, direttrice di Eurofishmarket- e questo significa che nella filiera intervengono diversi intermediari e grossisti”. La sostenibilità, secondo Eurofishmarket, si coniuga in diversi aspetti: la filiera corta, la stagionalità, l’adesione alle norme, le specie tradizionali e la valorizzazione dell’economia del territorio. “Il progetto l’Amo valorizza principalmente la riduzione degli intermediari, lo sfruttamento di specie meno conosciute ma tipiche della fauna mediterranea (zanchette, rombi quattrocchi, suri o sugarelli, cefali, papaline, ecc” sottolinea Valentina Tepedino. Eurofishmarket sta selezionando eccellenze e buone pratiche di produttori, non solo nell’ambito delle attività di pesca ma anche della trasformazione: riduzione degli sprechi e migliore sfruttamento degli scarti, adozione di packaging sostenibile e minori consumi energetici. L’azienda agisce anche sui consumatori attraverso attività di sensibilizzazione al consumo di specie poco conosciute come avvenuto per il progetto “Pappafish” con il quale collaboriamo nelle mense scolastiche delle Marche: “Questo progetto ha portato il pesce fresco proveniente esclusivamente dalla regione a migliaia di bambini dell’asilo e delle scuole elementari in oltre 60 Comuni”.

Marta Gatti

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Carla
Carla
14 Luglio 2017 10:21

Buongiorno! Grazie per l’ottimo articolo. Vorrei sapere per favore se Fishfinder di Greenpeace è attivo solo per l’Italia o per tutto il mondo.