Pezzetti di vetro e di plastica, insetti, frammenti di metallo, sassolini, a volte anche code di topo e lamette… Sono alcuni degli oggetti che ogni tanto i consumatori trovano nelle confezioni dei prodotti alimentari. Certo la sorpresa è sgradevole e spesso la foto del corpo del reato finisce sulle pagine dei giornali, tuttavia la storia si ripete regolarmente in varie forme in tutti i Paesi. Basta leggere i resoconti settimanali del Sistema di allerta rapido europeo (Rasff) per rendersi conto che l’incidente è ricorrente e non conosce confini.

 

Il problema è ben conosciuto dalle aziende che cercano di prevenire gli incidenti in vari modi. È ormai prassi corrente disporre lungo la linea di confezionamento, sensori che permettono di rilevare la presenza di metalli e di corpi estranei, ma il sistema non è perfetto. Se, per esempio, nel cibo finiscono pezzetti molto sottili di legno, di plastica in posizione verticale, i sensori non sempre li rilevano. Bisogna poi considerare l’insetto sfuggito ai filtri dell’impianto di condizionamento, il capello che cade sulla linea nonostante l’obbligo di tenere sempre la cuffia in testa, il pezzetto di guanto di plastica che si stacca accidentalmente, il pezzetto di legno che rimane nelle nocciole o nelle mandorle sgusciate…

 

Una cosa è certa, il “rischio zero” non esiste e la questione dei corpi estranei rappresenta un problema importante per le aziende alimentari. Sicuramente quando il consumatore trova un dettaglio indesiderato nel piatto si arrabbia molto, in genere si rivolge al produttore per avere chiarimenti, a volte gli viene chiesto di inviare l’oggetto o il frammento per cercare di capire l’origine, ricevendo in cambio, a titolo di  risarcimento, buoni acquisto o qualche confezione omaggio.

 

Ma cosa succede quando il produttore riceve una segnalazione? Diciamo che in azienda dovrebbe scattare un piano prestabilito di controlli extra sui campioni del lotto ancora presenti nel magazzino e su quelli accantonati dal controllo qualità, per capire se si tratta di un problema comune alle altre confezioni o se è un problema singolo.

 

Una volta appurato che il problema esiste, si ritira immediatamente il lotto e si invia una lettera alla rete commerciale chiedendo il ritiro dagli scaffali. A questo punto in relazione alla gravità del problema, l’azienda ha l’obbligo di informare i consumatori attraverso comunicati stampa e avvertenze sul sito internet. Anche il supermercato dovrebbe avvertire la clientela attraverso dei cartelli nei punti vendita. In Italia c’è una certa distrazione su questo fronte e diciamo pure che spesso e volentieri i consumatori non vengono adeguatamente informati.

 

I supermercati di solito non avvisano e non prevedono spazi sui siti per ospitare questo tipo di comunicazioni. Anche il ministero della Salute è latitante perché interviene con un comunicato solo quando c’è un rischio serio per i consumatori (come nei casi di presenza di tossina di Botulino).

 

Due sole eccezioni: il supermercato Gros Cidac di Aosta e il sito della regione Valle d’Aosta sono gli unici che mettono in rete l’elenco dei prodotti ritirati dal mercato, compresi quelli con corpi estranei.

Quando capita di trovare un corpo estraneo nel cibo e questo inconveniente  provoca dei danni conviene fotografare subito l’oggetto e segnalare subito l’incidente all’azienda e al punto vendita, per chiedere eventualmente un rimborso o la sostituzione del prodotto. Se la cosa è di una certa gravità si può inviare una mail per conoscenza all’Asl.

Quando si chiama l’azienda bisogna fornire il maggior numero di dettagli: codice del lotto, data di scadenza, nome del punto vendita, eventuale scontrino, condizioni del prodotto al momento dell’acquisto, modalità di utilizzo in cucina. Più le informazioni sono precise più è facile risalire  alla fonte di contaminazione e aiutare il produttore ad adottare nuovi sistemi di controllo.

 

Un altro particolare importante è dare la possibilità al produttore di visionare il corpo estraneo, per capire esattamente di cosa si tratta. A volte nei prodotti a base vegetale e nei surgelati finiscono rametti, residui di semi, di gusci che possono essere scambiati per pezzetti di plastica o sassolini. Altre volte è un grumo di sale che non si è sciolto bene ad allarmare oppure il bordo della tazzina di caffè che si è rotta poco prima in cucina.  

Roberto La Pira

Foto: Photos.com

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Luca Bucchini
Luca Bucchini
28 Febbraio 2012 08:32

Questo articolo discute un problema importante, ben conosciuto dalle imprese, forse meno dal grande pubblico, se non per esperienze personali o di familiari. Più che i controlli ufficiali, sono le aziende ad avere fatto molto, e in alcuni casi moltissimo, su questo fronte. I piani HACCP dovrebbero affrontare questo pericolo in maniera adeguata e sistematica, con procedure specifiche per i pericoli più temuti, quali vetro e metalli acuminati. I sensori – metal detector o a raggi X – non dovrebbero essere intepretati come soluzione definitiva: i corpi estranei si devono controllare in ogni passaggio. I controlli devono essere validati. Alcune industrie hanno difficoltà particolari (prodotti che vengono direttamente dalla campagna); anche qui le soluzioni ci possono essere. E’giusto riconoscere che a volte la contaminazione con corpi estranei avviene in cucina (quando si rompe qualcosa dei frammenti possono restare in giro; massima attenzione ai bicchieri), mentre il consumatore la attribuisce al prodotto che sta cucinando. In Italia abbiamo anche un fenomeno esteso di tentativi di frode ai danni delle imprese che crea un qualche clima di sospetto. Ai consumatori le aziende generalmente rispondono bene, e i suggerimenti dell’articolo sono del tutto condivisibili. Senza dubbio, quando non si può escludere con certezza che la contaminazione riguardi il prodotto e quindi un lotto, non vi è alternativa al richiamo. Come ci insegna l’esperienza dell’IKEA, anche i consumatori italiani accettano di essere informati senza disertare l’azienda che comunica.
Luca Bucchini

Marco Gusti
Marco Gusti
2 Marzo 2012 08:51

Per quanto concerne i file test in Italia la tolleranza è di 5 reperti di insetti (antenne, zampette, ecc) ogni 50 gr di farina.
Per i peli â

max asino
max asino
10 Marzo 2012 18:20

Leggo con interesse e stupore. E, a parte la mia enorme ignoranza, leggere di esperti del settore che giustificano peli, antenne, zampette e scarti di ratti nelle filiere mi lascia intendere che, almeno fino ad oggi, una buona parte di ratto è toccato anche a me.
Certo, se vai in estremo oriente gli scarafaggi e i vermi, avendo un alto valore proteico, son roba da gourmet….ma i ratti, signori!