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Farmageddon, il libro verrà presentato a Milano sabato 28 marzo a Book Pride (Firgoriferi Milanesi).

La carne e il pesce a buon mercato rappresentano davvero un miglioramento  per l’umanità e una benefica ricaduta dello sviluppo e della globalizzazione? Non proprio.  Dietro l’hamburger venduti al prezzo di un euro o di un branzino a 5 ci sono effetti devastanti sull’ambiente, sofferenze e malattie per gli animali, impoverimento progressivo delle popolazioni residenti, qualità nutrizionale sempre più scadente. È agghiacciante il quadro che Philip Lymbery, direttore generale della Compassion in World Farming (associazione per la tutela del benessere animale nata in Gran Bretagna nel 1967) traccia nel suo Farmageddon, libro appena uscito per Nutrimenti (euro 19, pag 412) che l’autore presenterà a Milano sabato 28 marzo  alle ore 16,00 Milano, all’interno della manifestazione Book Pride che si tiene in via Piranesi 10, presso Frigoriferi Milanesi.

 

Poiché non è facile immaginare cosa ci sia dietro la carne supereconomica, se non lo si è visto con i propri occhi, Lymbery ha deciso di raccontarlo. L’autore è andato in tutti i continenti (dalla Cina alla Francia, dal Messico a Taiwan, da Sud Africa alla Gran Bretagna) a verificare le condizioni degli animali – ma anche degli uomini, e dell’ambiente – dei grandi allevamenti, come hanno fatto altri  grandi scrittori  come Michael Pollan, Tristram Suart e Paul Roberts. Ne è uscito un racconto drammatico e appassionato, in cui a ogni latitudine, pur con le varianti locali, tornano alcune caratteristiche comuni: animali (polli, maiali, mucche ma anche trote, salmoni e acciughe) costretti a vivere (se quella si può chiamare vita) in spazi dove non riescono a muoversi, pur essendo nutriti fino all’inverosimile per rendere di più. Poi ci sono le malattie causate  dallo stress e del sovraffollamento curatE con antibiotici e farmaci vari, talvolta mutilati (è il caso, per esempio, dei becchi delle galline tagliate con il laser per evitare che queste si feriscano da sole). Poi c’è il problema dello smaltimento degli  escrementi, che in Paesi come il Perù (ma anche alcune zone degli Stati Uniti o le coste della Scozia) vengono semplicemente buttati in mare o nel terreno, dove inquinano e creano grossi problemi ad altre  forme di vita.

 

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Per nutrire questi immensi gruppi di animali con centinaia di migliaia di esemplari, vengono adottate soluzioni a volte poco logiche

Per nutrire questi immensi gruppi di animali, che a volte contano centinaia di migliaia di esemplari, vengono adottate soluzioni a volte poco logiche: il mais per il mangime dove si può è geneticamente modificato, poi ci sono farine di cereali per gli erbivori e di pesce  per altri pesci (e anche agli animali terrestri) e così via. Per avere queste enormi quantità di cereali, occorre avere terreni da coltivare e per fare ciò si abbattono alberi, si estirpa (con dosi massicce di diserbanti) qualunque forma di vita presente sul terreno e si cacciano gli animali. Risultato: perdita  della biodiversità per migliaia di ettari, scomparsa delle api (che vanno poi importate per l’impollinazione), della fauna selvatica, delle specie di piante locali, di interi ecosistemi, che lasciano il posto a deserti travestiti da campi coltivati. Il tutto con un bilancio economico sfavorevole perché, il sistema è antieconomico e la carne viene venduta a un prezzo inferiore al suo costo reale, secondo quanto emerge da tutti i tipi di calcolo (compresi quelli che non tengono conto delle impronte di acqua, CO2 …). Per non parlare delle popolazioni, spesso già povere, depauperate delle uniche risorse di cui dispongono e lasciate a subire i danni sulla salute dei veleni riversati nell’ambiente.

 

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Per migliorare la situazione secondo l’autore si può limitare il consumo di carne a una-due volte settimana

Un panorama ormai tristemente esteso a tutto il pianeta, che non può reggere a lungo. Che fare? Lymbery indica i gesti concreti che ciascuno può mettere in pratica, oltre a sostenere politicamente le battaglie per una regolamentazione diversa e, soprattutto, per un cambiamento culturale. Il consiglio è di preferire alimenti come le uova di galline allevate all’aperto (a terra non è sufficiente, non garantisce trattamenti migliori rispetto a quelli riservati alle galline in gabbia). Si può  limitare il consumo di carne a una-due volte settimana (con grande beneficio per la salute), ridurre lo spreco a tutti i livelli, acquistare cibi locali, e pensare al futuro di tutti, animali, piante e uomini.

 

Titolo del libro: Farmageddon  di  Philip Lymbery Edizione Nutrimenti euro 19, pag 412

 

Agnese Codignola

© Riproduzione riservata

Foto: iStockphoto.com

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Giuseppe
Giuseppe
7 Aprile 2015 10:03

Grande Il Fatto alim.! Gossip al quadrato che nemmeno riviste del “calibro” di Novella 2000, Chi e Cronaca Vera messe insieme potrebbero fare.
Mi sa che è l’ultima volta che vi leggo, pensavo foste un blog serio ma mi devo ricredere. E non perché io sia fortemente carnivoro, ma perché prima di qualunque recensione uno fa una verifica e poi se proprio vuole pubblica un commento.
Ho una domanda per la signora Agnese: ma lei pensa davvero che tutto questo sia vero in assoluto? Non che non lo possa essere, ma siamo proprio convinti che è così? Di scandali alimentari siamo pieni e c’è sempre qualcuno che fa il furbetto più degli altri, ma da qui a dire che sia così per tutti ce ne corre, anzi ce ne corre assai! Anzi che peso hano gli scandali alimentari sul totale delle produzioni? Certo fanno notizia e riempiono pagine di giornali ben più che un’onesta azione quotidiana.
Restiamo in Europa: quante leggi sono entrate in vigore sul welfare animale,sulla rintracciabilità e etichettatura delle carni fresche, ecc? Lei pensa che tutti gli allevatori, produttori, macellatori, trasformatori e distributori siano dei malfattori?
Sulla questione dei prezzi delle materie prime, da che mondo e mondo pesano diversi fattori sopratutto economici (di resa e redditività). Restando sul tema a voi caro delle carni c’è ovvia differenza tra una carne polacca, un incrocio o un Hereford irlandese (per non tacere degli Angus, delle Limousine, ecc.), c’è differenza tra la fettina del discount o della macelleria gourmet (ma ancora ne esistono?) ma che ci possiamo fare? E’ la legge del mercato – bellezza! – e del portafoglio che ciascuno può spendere.
Però a prescindere da tutto ciò la qualità è garantita dai controlli (veterinari e sanitari), dalla tracciabilità dei capi, dalle industrie di trasformazione e di distribuzione che mi sento di dire oneste.
Che poi ci sia qualche “sottoscalista” o qualche malfattore – perché di questa categoria stiamo parlando – che vuole frodare il suo prossimo qui parliamo di azioni che hanno rilevanza penale… ma questa è un’altra storia!
Giuseppe

Giuseppe
Giuseppe
7 Aprile 2015 11:24

L’invio della mailing list è sempre un po’ in ritardo rispetto alla data di pubblicazione e ho visto solo ora questa “fantastica” recensione… però, grande Il Fatto alim.! Gossip al quadrato che nemmeno riviste del “calibro” di Novella 2000, Chi e Cronaca Vera messe insieme potrebbero fare.
Ho sempre ritenuto che il Fatto Alim. fosse un blog serio ma mi devo ricredere. E non perché io sia fortemente carnivoro, ma perché prima di qualunque recensione uno fa una verifica di quello che pubblica e magari lo tratta con un certo distacco o senso di critica: qui mi pare invece che si voglia sposare una tesi che invero mi sembra già in partenza discutibile.
Ho una domanda per la signora Agnese (che firma la recensione): ma lei pensa davvero che tutto questo sia vero in assoluto? Non che non lo possa essere, ma siamo proprio convinti che è così? Di scandali alimentari siamo pieni e c’è sempre qualcuno che fa il furbetto più degli altri, ma da qui a dire che sia così per tutti ce ne corre, anzi ce ne corre assai! Anzi che peso hanno gli scandali alimentari sul totale delle produzioni? Certo fanno notizia e riempiono pagine di giornali ben più che un’onesta azione quotidiana.
Restiamo in Europa: quante leggi sono entrate in vigore sul welfare animale,sulla rintracciabilità e etichettatura delle carni fresche, ecc? Lei pensa che tutti gli allevatori, produttori, macellatori, trasformatori e distributori siano dei malfattori?
Sulla questione dei prezzi delle materie prime, da che mondo e mondo pesano diversi fattori soprattutto economici (di resa e redditività). Restando sul tema a voi caro delle carni c’è ovvia differenza tra una carne polacca, un incrocio o un Hereford irlandese (per non tacere degli Angus, delle Limousine, ecc.), c’è differenza tra la fettina del discount o della macelleria gourmet (ma ancora ne esistono?) ma che ci possiamo fare? E’ la legge del mercato – bellezza! – e del portafoglio che ciascuno può spendere.
Però a prescindere da tutto ciò la qualità è garantita dai controlli (veterinari e sanitari), dalla tracciabilità dei capi, dalle industrie di trasformazione e di distribuzione che mi sento di dire oneste.
Che poi ci sia qualche “sottoscalista” o qualche malfattore privo di scrupoli – perché di questa categoria stiamo parlando – che vuole frodare il suo prossimo qui parliamo di azioni che hanno rilevanza penale… ma questa è un’altra storia!
Giuseppe