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L’azienda dei cereali Cheerios si è scusata per le assurde norme sulla privacy diffuse tramite il sito

«I consumatori non hanno apprezzato […]. Non avremmo mai immaginato una tale reazione […]. Siamo dispiaciuti di esserci avviati su questa strada e speriamo che vogliate accettare le nostre scuse».

Con queste parole, General Mills, proprietaria dei cereali Cheerios e di altri marchi alimentari, ha deciso di fare marcia indietro e di cancellare le modifiche alle proprie norme sulla privacy, annunciate sul proprio sito in lingua inglese il 2 aprile, che limitavano il diritto dei consumatori a denunciare la compagnia in tribunale, obbligandoli a un arbitrato, secondo le regole indicate dalla compagnia.

 

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Il 16 Aprile il New York Times aveva diffuso questa notizia, suscitando il dissenso dei consumatori

Il 16 aprile, il New York Times ha reso di pubblico dominio questa nuova politica di General Mills, notando che il cambiamento delle regole era stato deciso pochi giorni dopo, ossia il 26 marzo, che un giudice della California aveva respinto la richiesta di General Mills di archiviare una denuncia presentata da due madri, che accusavano la compagnia d’inganno per aver definito “naturali” i suoi prodotti Nature Valley, che contengono ingredienti molto lavorati e geneticamente modificati.

Lo scorso anno, ricordava ancora il quotidiano, General Mills ha patteggiato il pagamento di 8,5 milioni di dollari, pur contestando le accuse e senza ammettere alcuna responsabilità, per chiudere un’azione giudiziaria relativa alle sue dichiarazioni salutiste sullo yogurt Yoplait Yoplus. Nel dicembre 2012, la compagnia aveva chiuso un’altra controversia giudiziaria, togliendo la parola “strawberry” dalle confezioni degli snack Strawberry Fruit Roll-Ups, che non contengono affatto fragole.

 

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Negli Strawberry Fruit Rolls Up non c’è traccia di fragole

Le nuove regole sulla privacy di General Mills stabilivano che coloro che avessero usufruito di sconti, di servizi o partecipato a offerte e concorsi, si fossero uniti a comunità o si fossero iscritti alle newsletter attraverso i siti web della compagnia, accettavano che qualsiasi controversia o reclamo nei confronti di General Mills, relativamente ai servizi o ai prodotti acquistati online o nei negozi, a uso personale o della famiglia, avrebbero dovuto essere risolti attraverso una negoziazione informale via email o un arbitrato vincolante.

Le polemiche seguite all’articolo del New York Times hanno indotto la compagnia a un rapido dietrofront.

 

Beniamino Bonardi

© Riproduzione riservata

Foto: Thinkstockphotos.com

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Mary Mattana
30 Aprile 2014 15:28

Ho sempre dubitato su ogni, anche più innocente, pubblicità a discapito dei cibi che … si sa … nascondono sempre sotterfugi e inganni … Sono orientata verso il biologico … ma pare che non ci si possa fidare nemmeno di questi … Perchè ci si meraviglia tanto … se il mondo … è ammalato ??? Con quale coraggio i grossi produttori ci “invitano” a banchetti luculliani … avvelenati ??? Ma è vero … l’avidità del denaro … conduce oltre i limiti dell’umano …