Aumenta il numero di persone che mangia pesce crudo infestato da parassiti. Stiamo parlando di consumatori amanti di  alici marinate, bocconcini giapponesi di sushi e sashimi e altri piatti. I dati forniti dal ministero della Salute a ilfattoalimentare.it  confermano questa preoccupazione. “A livello comunitario  – dichiara il ministero – il sistema di allerta Rasff nei primi dieci mesi di quest’anno ha notificato 58 casi di pesce con larve di Anisakis ( 41 segnalazioni sono state fatta dall’Italia). Nell’anno precedente le notifiche sono state 48 di cui 31 originate dall’Italia. Oltre a queste segnalazioni che riguardano partite di pesce  importato da altri paesi o esportato dalle nostre regioni all’estero,  a livello locale il ministero  ha rilevato  altri 23 casi nei primi dieci mesi del 2010 contro i 9 dell’anno precedente”.

 

In genere si tratta di  parassiti come Anisakis, Opistorchis o Diphillobotrium latum che si annidano nelle viscere e/o nelle carni dei pesci. La sintomatologia  può essere  acuta o cronica e si  manifesta con nausea, vomito e diarrea o con sintomi simili a quelli d una crisi di appendicite, oppure con reazioni allergiche di vario genere. In molti casi la terapia risolutiva è purtroppo solo quella chirurgica! 

 

“Oggi c’è più consapevolezza su questo tema – spiega Francesco Bernieri responsabile del gruppo di studio di parassitologia dell’Associazione di microbiologi clinici italiani. I medici, in caso di sintomi sospetti fanno test diagnostici e il numero di infezioni aumenta anche  perché vengono diagnosticati meglio i casi». Basti pensare al recente episodio degli 80 alunni delle scuole di Aosta, finiti in ospedale per avere mangiato pesce contaminato da Opistorchis. Certo i casi registrati sono pochi, ma in ogni caso la tendenza all’incremento è chiara anche in relazione alla crescente moda di mangiare prodotto ittico crudo.

 

«Nella realtà i casi di infestazione causati da Anisakis ed altri parassiti sono molti di più di quelli pubblicizzati – spiega Valentina Tepedino veterinaria e direttore di eurofishmarket.it. Purtroppo se il pesce non viene esportato all’estero i veterinari delle Asl  che effettuano i controlli  non devono comunicare al ministero  i dati sulle posisitività, e questo non permette di monitorare la situazione. Il problema resta quindi in ombra anche se  nella realtà il numero di persone coinvolte aumenta notevolmente. Ci vorrebbe  maggiore coordinamento tra strutture ospedaliere e servizio veterinario ed una raccolta dati a livello nazionale». Conferma questa affermazione Letizia Fioravanti dell’Università di Bologna: «Il numero dei casi è in linea generale sottostimato, vista la difficoltà nel reperire le segnalazioni che rimangono a livello ospedaliero e che non vengono pubblicate».

Roberto La Pira

Per sapere quali precauzioni adottare leggi 

Le precauzioni  quando si mangia pesce crudo  

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