Come ogni rivoluzione, grande o piccola che sia, anche l’articolo 62 della legge 24.3.12 n. 27 è causa di reazioni scomposte e garbugli. Sorge un dubbio non tanto su quali parti siano tutelate dalla norma (in tutta evidenza, le imprese fornitrici di prodotti agricoli e alimentari), quanto piuttosto su chi rappresenti quali interessi.

 

Sul fronte commerciale, era prevedibile che la grande distribuzione organizzata (GDO) si opponesse a un insieme di regole che le impongono sia dei termini ragionevoli e indifferibili di pagamento, sia la fine di pratiche commerciali vessatorie nei confronti dei fornitori.

 

La distribuzione tradizionale e i pubblici esercizi provano a ignorare o ad aggirare le nuove regole. Se ne comprendono i motivi, senza tuttavia condividere la sfida alla legalità. Confartigianato e la Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa (CNA), scisse tra chi produce e chi acquista, rimanderebbero volentieri la questione avvalendosi di un’ennesima proroga (la prima, ricordiamo, venne già concessa in fase di conversione del decreto liberalizzazioni, DL 1/2012, in legge parlamentare n. 27/2012).

 

Anche il fronte agricolo è spaccato: mentre i coltivatori diretti (Coldiretti, CIA) e le cooperative di produttori (Confagri) plaudono all’articolo 62, Confagricoltura esita, nel timore forse di compromettere i rapporti coi grandi clienti.*

 

La reazione industriale rimane la più difficile da intendere. È chiaro il sollievo dei produttori di mangimi (Assalzoo) che sono riusciti ad avere una garanzia di pagamento a 75 giorni (media ponderata sul termine legale di 60 giorni fine mese) anziché a 180, come da prassi.* Confindustria, come si è visto, ha curiosamente preso le parti della GDO a fronte del rischio di ostacolare la cementificazione del paese e la costruzione di nuovi centri commerciali.

 

La federazione alimentare, come dichiarato al Corriere Economia del 12 novembre, è invece in cerca di “rapporti più equilibrati” che peraltro appaiono in linea con le richieste di Federdistribuzione: si vorrebbero, infatti, introdurre “criteri di flessibilità e derogabilità”, nell’ottica di “coordinare l’articolo 62 con la disciplina di recepimento della direttiva UE sui ritardi di pagamento” . Si tratta di una convergenza di interessi quasi sospetta, che merita un approfondimento.

 

Che cosa mai succederebbe se venisse introdotta la possibilità di derogare dai termini certi di pagamento fissati dall’articolo 62 per la compravendita di prodotti agricoli e alimentari?

È molto semplice:

– alcuni grandi gruppi industriali potrebbero decidere di accordare ai loro clienti tempi più lunghi per pagare le loro merci;

– altre industrie (e più in generale le PMI), non essendo dotate di altrettante risorse finanziarie, sarebbero invece costrette a chiedere i pagamenti entro i termini di legge, o comunque in tempi ragionevolmente brevi.

 

Non serve una laurea in economia per comprendere le conseguenze di un tale scenario sulla competizione interna alla filiera agro-alimentare: il pesce grande mangia i piccoli. Non s’era forse tutti nello stesso acquario? A parole, forse.

E la concorrenza basata su qualità-prezzo dei prodotti, la governance , come si dice oggi?

Gnam!

 

Resta da chiedersi perchè il problema dei ritardi di pagamento affligga solo Italia, Grecia e Spagna: i tempi medi in Germania sono di 24 giorni, e non c’è bisogno di emanare una legge ad hoc.

 

La direttiva sui ritardi di pagamento (dir. 2011/7/CE) si integra più che bene con l’articolo 62, per almeno due ragioni: in primo luogo perché il legislatore comunitario esplicitamente ammette l’adozione di norme nazionali più stringenti a salvaguardia dei creditori (le parti tutelate dalla normativa)**, e in secondo luogo perché la direttiva garantisce termini inderogabili di pagamento alle imprese che forniscano servizi (come quelli di ristorazione, ad esempio) alla Pubblica Amministrazione. L’intera filiera può dunque trarre giovamento, anche in caso di interfaccia con enti pubblici.

 

 

Dario Dongo

 

* Si veda Agrisole, 26.10.12, articolo a firma di Annamaria Capparelli, a pagina 2 su http://www.confartigianato.it/documentiportale/9_RS_26_OTTOBRE_2012.PDF#page2

 

** Dir. 2011/7/CE, art. 12, comma 3: “Gli Stati membri possono mantenere in vigore o adottare disposizioni più favorevoli al creditore di quelle necessarie per conformarsi alla presente direttiva”.

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Silvano
Silvano
25 Novembre 2012 10:19

La legge è in vigore visto che il comma 11bis dell’art. 62 prevede la necessità di modalità applicative da definirsi in un apposito decreto che, anche se compare già sul sito del ministero, non mi sembra sia ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale?