Un equivoco piuttosto comune nel mondo del biologico è che il cibo senza pesticidi sia sempre sinonimo di sano e incontaminato. Lo  stesso equivoco riguarda anche i cibi integrali. Le cose però non sono necessariamente così, come dimostra uno studio sul malto di riso integrale biologico (utilizzato come dolcificante) pubblicato sulla rivista Environmental Health Perspectives.

 

Un gruppo di ricercatori del Dartmouth College, negli Stati Uniti, ha misurato la concentrazione di arsenico in tre confezioni di marche differenti di malto, e in vari prodotti che lo contengono (latte di crescita, barrette di cereali ed energetiche, prodotti speciali per atleti), scoprendo quantità piuttosto elevate di arsenico e, in particolare, di arsenico inorganico, la forma più pericolosa.

 

Prendiamo il caso del latte di crescita: i ricercatori hanno trovato nelle due formulazioni contenenti malto di riso integrale biologico, una concentrazione di arsenico inorganico fino a 20 volte superiore rispetto agli altri preparati. Si tratta di una presenza superiore al limite di 10 microgrammi per litro stabilito per l’acqua potabile negli Usa e in Europa. In base ai risultati ottenuti, i ricercatori  auspicano l’introduzione di limiti non solo nell’acqua, ma anche per il cibo. Oggi solo alcuni paesi al mondo come la Gran Bretagna prevedono una regolamentazione, mentre non ci sono regole negli Stati Uniti e nell’UE. Oltreoceano la notizia è stata ripresa ampiamente da vari telegiornali e siti web: anche se non è il caso di allarmarsi, occorre però riflettere su alcuni aspetti.

 

Va fatta una precisazione: l’arsenico è un contaminante naturale ambientale che finisce con facilità nell’acqua di falda e nelle colture vegetali. Per questo motivo ogni giorno ne introduciamo quantità minime nell’organismo ed è normale che sia così. Alcuni alimenti (come riso e derivati) contengono naturalmente più arsenico rispetto ad altri. Un documento pubblicato nel 2009 dal gruppo di esperti dell’Efsa sui contaminanti nella catena alimentare, sostiene che per i cittadini europei, le fonti più comuni di arsenico inorganico sono: i cereali (in chicchi e derivati), l’acqua in bottiglia, il caffè e la birra, il riso, il pesce e le verdure.

 

Insomma, che il riso contenga livelli significativi di arsenico inorganico si sa da tempo, e non bisogna sorprendersi per i risultati ottenuti  sul malto di riso, tanto più se integrale perché è proprio negli strati esterni del chicco che la sostanza è più presente.

 

«Si possono trovare mille ragioni per preferire i prodotti biologici, ma dal punto di vista dei contaminanti chimici ambientali (cioè quelli naturalmente presenti in acqua, aria e terreno) queste coltivazioni si comportano  come le altre», spiega Sergio Ghidini, esperto di controllo e sicurezza degli alimenti dell’Università di Parma. Nessuna tecnica agricola permette di eliminare l’arsenico o altri metalli dalle colture. Insomma, meglio non illudersi: il cibo perfetto, sanissimo e privo di rischi non esiste, neppure se è bio o integrale.

 

Se da un lato è giusto non allarmarsi per questi dati, dall’altro il “problema arsenico” non va sottovalutato. Negli ultimi anni, le ricerche confermano che l’esposizione a lungo termine a livelli elevati della sostanza (in forma inorganica) può avere effetti importanti sulla salute, essendo associata a disturbi cardiovascolari, metabolici e del sistema nervoso, oltre che allo sviluppo di neoplasie. Il comitato congiunto di esperti Fao e Oms sugli additivi alimentari ha fissato in 15 microgrammi per kg di peso corporeo, il limite di tolleranza settimanale, ma secondo l’Efsa questo limite andrebbe abbassato.

 

I ricercatori americani chiedono di fissare un limite di concentrazione massimo negli alimenti. «Più facile a dirsi che a farsi» commenta Ghidini. «Al momento non sono disponibili tecnologie rapide ed economiche per misurare la concentrazione di arsenico inorganico. La strumentazione è costosissima e anche i test avrebbero costi proibitivi». Come dire che sarebbe inutile porre un limite senza disporre di strumenti validi di analisi. Che fare, allora? Semplice, basta seguire la regola d’oro dell’alimentazione sana: variare il più possibile. Una bevanda a base di riso potrà anche contenere livelli di arsenico più elevati del limite previsto per l’acqua, ma non farà certo male se la si beve una volta ogni tanto. Diverso sarebbe consumarne ogni giorno in gran quantità, ma questo – si sa – vale per tutti gli alimenti.

 

Valentina Murelli

Foto: Photos.com

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ezio
ezio
8 Marzo 2012 10:42

Non comprendo e non riesco ad accettare la mancanza di razionalità nell’approccio scientifico nella critica e commento di questi studi.
Il confronto del contenuto di arsenico nei cibi e nelle bevande, dovrebbe essere prima quantitativo, in base al consumo massimo giornaliero.
Quanta acqua consumiamo al giorno (da 1 a 2 litri al giorno?), quanto latte vegetale contenente il 10-17% di riso o di altro cereale si consuma al giorno (una o due tazze?), quanto malto di riso o altro cereale integrale si consuma al giorno per dolcificare un té o spalmato su di una fetta biscottata (1-2-3-4 cucchiaini al giorno?).
Poi il concetto qualitativo sul contenuto di arsenico nei prodotti raffinati ed in quelli integrali. Quali sono le differenze di contenuto di arsenico nei prodotti integrali convenzionali ed in quelli biologici? Dove si evidenziano le differenze di contenuto?
Queste battaglie ideologiche irrazionali e spesso preconcette, non giovano all’approccio scientifico ed alla credibilità di alcuni studi e della loro divulgazione.
Senza giudicare l’approccio poco razionale all’argomento, ma cosa centra il pregiudizio che il biologico vorrebbe che questi alimenti siano perfetti ed esenti da ogni contaminazione ambientale? Perché questa approccio ideologico contro alimenti, che se non sono esenti da contaminazioni ambientali inevitabili come l’acqua e l’aria, hanno però il pregio di evitare per principio e per metodo, tutte le altre contaminazioni chimiche che volontariamente l’agricoltura e la trasformazione convenzionale eseguono?

Valentina Murelli
Valentina Murelli
9 Marzo 2012 17:31

l’articolo non demonizza gli alimenti biologici, ma si limita a sottolineare il fatto che anche questi alimenti – spesso percepiti come più salutari degli altri – possono presentare qualche criticità.
Come riferito, la questione della quantità di Arsenico inorganico contenuta negli alimenti è piuttosto difficile da risolvere, dal punto di vista scientifico e da quello normativo. E’ difficile quantificare e porre dei limiti però ci è sembrato opportuno segnalare – come riportato nello studio – che alcuni alimenti possono contenere più arsenico di altri. In alcune situazioni (per esempio bambini alimentati con bevande a base vegetale, magari prevalentemente riso) questo aspetto dovrebbe essere tenuto in considerazione.

Benito Mantovani
Benito Mantovani
13 Marzo 2012 08:20