donna pesce
La crescente abitudine a mangiare pesce crudo ha aumentato il rischio di parassitosi di Anisakis

Mano a mano che si afferma l’abitudine di mangiare sushi, sashimi e altri piatti a base di pesce crudo o poco cotto, aumentano anche i rischi associati alla presenza del parassita Anisakis. Per questo motivo, il Centro di referenza nazionale per le anisakiasi (Crena) dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia ha pubblicato un documento su come affrontare il problema in cucina per evitare incidenti focalizzando l’attenzione sui pesci che presentano maggiore criticità (scaricabile qui).

Una volta diffusa soprattutto nel Sud-Est asiatico, oggi l’anisakiasi (o anisakidosi), la parassitosi causata da queste larve, è un problema in tutto il mondo. Secondo alcune stime, ogni anno si verificano 20 mila casi di infezione, il 90% dei quali segnalati dal Giappone, paese che tradizionalmente consuma moltissimo pesce crudo. Le cifre aumentano progressivamente ma c’è il rischio che siano sottostimate, poiché i sintomi della patologia sono spesso scambiati per quelli di una brutta gastrite o di una colite trattandosi di dolori allo stomaco e all’addome, nausea, vomito e diarrea. In alcuni casi si verificano complicazioni, come le occlusioni intestinali, che possono richiedere l’intervento chirurgico e allora la malattia viene registrata. Al momento non esistono farmaci per debellare il parassita e la prevenzione è l’unica arma.

Pesci di largo consumo come il merluzzo sono spesso infettati dall’Anisakis

L’Anisakis è un parassita che viene ingerito dall’uomo sotto forma di larva dopo aver risalito la catena alimentare. Le larve dell’Anisakis abitualmente si trovano nell’acqua di mare, dove vengono ingerite da piccoli crostacei che a loro volta sono mangiati da pesci più grandi che poi sono catturati, cucinati e serviti a tavola nei nostri piatti. La larva misura da 1 a 3 cm e spesso è visibile ad occhio nudo quando si procede ad eviscerare il pesce crudo prima di metterlo in padella.

Il Crena ha compilato la lista delle specie ittiche più frequentemente attaccate dal parassita, a cui bisogna prestare una certa attenzione. In cima alla lista troviamo la sciabola o spatola che praticamente contiene sempre lave di Anisakis. Per questo motivo il pesce viene immediatamente eviscerato dopo la cattura per evitare che le larve presenti nell’intestino arrivino ad intaccare la carne. A seguire troviamo il suro con una probabilità del 95%, il lanzardo (75%), lo sgombro (71%), il merluzzo (40%), il totano (22%), le alici (17%), la triglia (10%), il cefalo (9%) e la sardina (1%)*.

Le larve di Anisakis nei pesci misurano da 1 a 3 cm e possono essere anche visibili a occhio nudo

Di fronte a questi numeri è lecito chiedersi cosa fare per eliminare il rischio Anisakis e mangiare serenamente un piatto di pesce. La cottura è il metodo migliore per neutralizzare le larve di Anisakis. Secondo diversi studi, basta un minuto a 60°C per uccidere tutte le larve del parassita eventualmente presenti. In ogni caso va tenuto conto che maggiori sono le dimensioni del filetto o del trancio da cuocere, più tempo sarà necessario per bonificarlo: ad esempio, per un trancio di pesce spesso 3 centimetri sono necessari 10 minuti di cottura a 60°C. Altri esperti consigliano pochi minuti  a 70°C.

Per chi invece preferisce consumare il pesce crudo, la migliore contromisura per neutralizzare l’Anisakis consiste nel congelare il pesce prima di mangiarlo. Per distruggere tutte le larve del parassita è necessario tenere il pesce per almeno 24 ore a -20°C al cuore del prodotto. Questo trattamento è obbligatorio per legge per i ristoranti che vogliono servire pesce crudo. Visto che i congelatori domestici generalmente arrivano a -18°C, i tempi si dilatano e bisogna tenere il pesce per almeno 96 ore (quattro giorni) in freezer per neutralizzare il rischio Anisakis.

La conservazione sotto sale può essere un buon metodo per bonificare il pesce, se si rispettano alcune regole

Il congelamento è consigliato anche come trattamento preventivo prima della preparazione di pesce marinato perché la miscela di acqua, sale e ingredienti come aceto, vino o limone sono in grado di bloccare la crescita dei batteri, ma non di uccidere le larve di Anisakis che arriverebbero comunque vive nell’intestino. Non sorprende, quindi, che la maggior parte dei casi di infezione registrati in Italia in passato siano da ascrivere al pesce marinato.

Un altro tipo di preparazione casalinga che in alcuni casi può presentare criticità è il pesce sotto sale, come nel caso dei filetti di sardine o di alici. La conservazione sotto sale è un ottimo metodo per bonificare il pesce dalle larve di Anisakis, ma è necessario rispettare due regole fondamentali: utilizzare una concentrazione di sale dell’8/9% e consumare il prodotto solo dopo sei settimane dalla preparazione. Si tratta del tempo massimo di sopravvivenza dell’Anisakis in queste condizioni. Anche in questo caso si può fare un trattamento preventivo nel congelatore per essere certi di mangiare un prodotto sicuro.

Il pesce marinato in passato è stata la principale causa di anisakiasi in Italia

Anche l’affumicatura può essere un buon modo per distruggere le larve di Anisakis, ma dipende dal trattamento a cui si sottopone il pesce. Il metodo più efficace è l’affumicatura a caldo (70/80°C) per tempi che variano da 3 a 8 ore, in grado di  uccidere le larve del parassita. L’affumicatura a freddo (20/25°C), che è abitualmente la più utilizzata per pesci come il salmone, invece non è in grado di distruggere le larve. Quindi, anche in questo caso gli esperti consigliano a chi si cimenta nell’affumicatura domestica di congelare il pesce a -18°C per 96 ore prima del trattamento.

Per chi fosse interessato a conoscere tutto quello che c’è da sapere sull’Anisakis, il Crena ha sviluppato l’applicazione “Pesce Sicuro Anisakis”, disponibile su App Store per iPhone e iPad.

Qui sotto proponiamo un video realizzato dall’Istituto sperimentale zooprofilattico delle Venezie che descrive il problema dell’Anisakis e propone soluzioni.

(*) Nota: Tra parentesi la prevalenza della parassitosi nelle specie ittiche, espressa come percentuale di animali infestati per specie

© Riproduzione riservata

Le donazioni si possono fare:

* Con Carta di credito (attraverso PayPal). Clicca qui

* Con bonifico bancario: IBAN: IT 77 Q 02008 01622 000110003264

 indicando come causale: sostieni Ilfattoalimentare 2017.  Clicca qui

0 0 voti
Vota
2 Commenti
Feedbacks
Vedi tutti i commenti
renzo
renzo
11 Agosto 2017 09:11

Molto bello l’articolo e tutti gli allegati. Sorgono però alcune domande: nei supermercati si trovano già prodotti sfilettati (acciughe, sardine, carpacci vari, ecc.), sono sicuri? Cosiccome altri prodotti già marinati. Nessuna indicazione sulle confezioni. Grazie

Valeria Nardi
Reply to  renzo
11 Agosto 2017 09:49

Se intende filetti crudi, valgono le stesse regole che si applicano ai prodotti interi. Nelle pescherie inoltre da qualche anno è obbligatorio esporre un cartello come spieghiamo in questo articolo: http://www.ilfattoalimentare.it/anisakis-pescheria-obbligatorio-cartello-congelare-pesce-prima-mangirlo-crudo.html Se intende i prodotti venduti al banco gastronomia, il produttore avrà seguito le stesse leggi per preservare la sicurezza dei consumatori.