L’ARTICOLO SUL PANGASIO PUBBLICATO IL 1 APRILE  SUL SITO (VEDI SOTTO) CONTIENE INFORMAZIONI SBAGLIATE, COME HA SCRITTO NEI COMMENTI FRANCESCO CUBADDA.

SECONDO CUBADDA È SCORRETTO STABILIRE UNA RELAZIONE TRA LA QUANTITÀ DI ARSENICO TOTALE (ORGANICO E INORGANICO)  TROVATA NEI PESCI, E L’ARSENICO INORGANICO CONSIDERATO TOSSICO COME HA FATTO ALTROCONSUMO.

La correlazione fatta dalla rivista non è scientificamente corretta, come spiega in un documento del 2009  l’Efsa (l’Autorità per la sicurezza alimentare europea).

Va altresì detto che i pesci rispetto agli altri alimenti hanno un contenuto elevato di arsenico organico (non tossico), mentre l’arsenico inorganico molto tossico anche a concentrazione di parti per miliardo in genere non è presente.

Il non avere trovato tracce di arsenico nel pangasio non ha quindi alcun valore scientifico, né attesta una  superiorità di natura salutistica.

 

Articolo pubblicato il 1 aprile 2012

Sostenere che il pangasio è un pesce sicuro è una tesi ardita, ma è anche una realtà difficile da contestare. Basta cliccare su internet la parola pangasio per trovare decine di articoli “contro”, esiste persino una circolare dell’Asl milanese di qualche anno fa, in cui si dice che sono in corso controlli e accertamenti per verificare l’assenza di contaminanti e rassicurare la popolazione.

 

Tutto ciò risulta strano perchè i test condotti dall’Inran qualche anno fa e anche pochi mesi fa, hanno sempre confermato l’assenza di contaminanti. L’ultima conferma si trova in un’indagine pubblicata sul numero di aprile 2012 di Test Salute di Altroconsumo. La rivista ha acquistato 120 campioni di alimenti e li ha inviati in laboratorio per valutare la quantità di arsenico inorganico (un inquinante abbastanza diffuso negli alimenti anche se a dosi non preoccupanti).

 

L’aspetto interessante del test è che la  maggior parte dei prodotti esaminati era composta da pesci e frutti di mare. Più precisamente: 30 campioni di spigole e orate di allevamento (presumibilmente di origine greca e italiana), 23 partite di merluzzi, alici, sgombri catturati in mare e 12 campioni di pangasio di allevamento proveniente dal Vietnam.

 

L’esito delle analisi è molto interessante, perché solo il pangasio è risultato senza arsenico. Al contrario solo 3 campioni (pari al 10%) di orate e spigole sono risultate esenti, insieme a 3 campioni di pesce azzurro catturato in mare  (13%). Per la cronaca va detto che anche le analisi condotte su 36 campioni di  cozze e vongole di allevamento si sono concluse promuovendo a pieni voti solo il 10% dei frutti di mare.

 

Fermo restando i limiti nutrizionali del pangasio, che abbiamo descritto in un precedente articolo, risulta del tutto priva di fondamento la campagna portata avanti da diversi media contro questo pesce, considerato da molti consumatori un prodotto di scarsa qualità proprio in virtù delle leggende metropolitane.

 

Roberto La Pira

Foto: Photos.com 

 

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Francesco Cubadda
Francesco Cubadda
10 Aprile 2012 08:24

A integrazione di quanto già commentato, confermo che nell’indagine di Altroconsumo NON E’ STATO MISURATO IL CONTENUTO DI ARSENICO INORGANICO. Riporto quanto ho letto sul sito di Altroconsumo: "ricordiamo che a partire dal contenuto di arsenico totale, riscontrato in laboratorio, abbiamo stimato la quantità di arsenico inorganico (quello tossico) potenzialmente presente nei nostri campioni". Questo approccio non è stato riconosciuto valido dall’EFSA e non è utilizzabile. NON PUO’ ESSERE TRATTA ALCUNA CONCLUSIONE DAI DATI PRESENTATI DA ALTROCONSUMO, incautamente interpretati come rilevanti dak punto di vista della sicurezza alimentare. Presso il Dipartimento di Sicurezza Alimentare dell’ISS vengono misurate (non ‘stimate’) le concentrazioni di arsenico inorganico, la forma tossica di arsenico, negli alimenti. Attendiamo quindi i risultati dello studio in corso sui prodotti ittici.

Francesco Cubadda
Francesco Cubadda
5 Aprile 2012 23:12

Mi occupo di valutazione del rischio dell’arsenico negli alimenti da svariati anni. Premesso che non ho letto l’indagine pubblicata dalla rivista citata, alcune precisazioni penso siano utili per i lettori:
1) Sostenere che il pangasio è "un pesce sicuro" perché "non contiene arsenico inorganico" non ha molto senso. L’arsenico inorganico, la forma tossica di arsenico normalmente presente solo in tracce negli alimenti, è solamente uno dei tanti contaminanti prioritari rilevanti ai fini della sicurezza alimentare. Al più, se l’indagine fosse basata su un piano di campionamento dotato di rappresentatività statistica, si potrebbe dire che "il pangasio appare sicuro sotto il profilo della contaminazione da arsenico", ma ciò non toglie che potrebbe essere ricco di altri contaminanti, residui di farmaci, etc. Lo stesso vale per le altre specie ittiche: non è corretto affermare che un prodotto è "sicuro" perchè "non contiene" un singolo contaminante.
2) L’analisi dell’arsenico inorganico non è un’analisi di routine ed appare un pò incauta l’enfasi posta sui risultati ottenuti "da un laboratorio" (quale? con quale esperienza nella determinazione di questo contaminante?). Il sospetto è rafforzato dall’impropria espressione "prodotti esenti da arsenico". Un campione alimentare non può essere "esente da arsenico": semplicemente questo può essere presente in concentrazioni che un laboratorio (specialmente se non esperto nell’analisi) non è in grado di misurare (l’espressione corretta è "sotto al limite di rivelabilità del metodo analitico"). E’ inoltre confondente parlare prima di "arsenico inorganico" e poi semplicemente di "arsenico". Sono due cose diverse. I prodotti ittici sono ricchissimo di arsenico, ma in forme organiche atossiche. Quello che importa ai fini della valutazione del rischio è quanto "arsenico inorganico" tossico contengono. I due termini non andrebbero confusi perchè non sono sinonimi.
3) la considerazione sopra ci porta al punto centrale. La concentrazione è solo un elemento di valutazione, ma per la caratterizzazione del rischio quella che importa è l’esposizione che dipende dalla concentrazione E DAL CONSUMO DI UN DATO ALIMENTO. Un alimento può contenere poco arsenico inorganico ma essere estesamente consumato contribuendo così in modo significativo all’esposizione, un altro alimento può essere più contaminato ma contribuire in modo irrilevante all’esposizione in quanto consumato solo sporadicamente.
4) Nel contesto di un progetto finanziato dal MIPAF, L’INRAN e l’ISS stanno rivalutando congiuntamente le concentrazioni degli elementi in traccia di interesse nutrizionale e tossicologico (incluso l’arsenico inorganico) nei prodotti ittici italiani e da questa indagine emergeranno dati aggiornati che saranno un utile riferimento per i valutatori del rischio e per i consumatori.