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Secondo la nutrizionista Marion Nestle i coupon sono una questione di marketing, non di salute

Con la crisi economica si moltiplicano le offerte al ribasso, che negli Stati Uniti hanno molto spesso la formula dei coupon, buoni sconto per specifici prodotti diffusi anche in Italia soprattutto attraverso le catene della grande distribuzione.

Ma che cosa spingono a comprare queste offerte? Per verificarlo Hilary Seligman, della School of Medicine dell’Università di San Francisco, ha selezionato circa mille coupon per ottenere alimenti scontati, proposti on line dalle cinque principali catene di supermercati americani nello scorso mese di aprile, e ne ha analizzato l’oggetto.

 

Come riferito su Preventing Chronic Disease, l’esisto è stato sconfortante: la stragrande maggioranza (circa il 25%) dei coupon offre alimenti poco sani come patatine fritte, cracker, biscotti o dolci; il 14% riguarda cene e pietanze surgelate o precucinate; il 12% è per bibite (nella metà dei casi dolcificate o succhi di frutta); l’11% propone sconti sui cereali; il 10% su condimenti per insalate ricchi di grassi come i dressing e la maionese; l’8% propone carni lavorate o cucinate come hot dogs e bacon. Al contrario, solo il 3% degli sconti ha come oggetto frutta e verdura fresche, surgelate o in scatola, il 4% il latte, le uova o lo yogurt e solo l’1% la carne al naturale, non lavorata né precotta.

 

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L’8% dei coupon propone carni lavorate o cucinate come hot dogs e bacon

Secondo la nutrizionista dell’Università di New York, Marion Nestle, blogger di Food Politics e non direttamente coinvolta nello studio, la sorpresa sta nell’aver trovato anche qualche coupon dedicato agli alimenti sani, e non il contrario. «I consumatori – ha sottolineato la Nestle commentando il lavoro – devono sempre tenere presente che negozi e supermercati distribuiscono buoni per attirare i clienti in accordo con i produttori, e li concentrano sui prodotti per i quali è comunque assicurato un buon margine di profitto, cioè, in media, quelli più industriali, conservati e in generale più attraenti per i clienti come, appunto, il junk food. I coupon sono una questione di marketing, non di salute».

 

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Solo il 3% degli sconti ha come oggetto frutta e verdura fresche, surgelate o in scatola, il 4% il latte, le uova o lo yogurt e solo l’1% la carne al naturale

E la questione si vede anche nei buoni statali del Supplemental Assistance Nutrition Program (SNAP), che distribuisce ai meno abbienti un coupon da 4,5 dollari per il nutrimento quotidiano. “Nelle intenzioni del governo” ha sottolineato la Seligman “questi buoni sono un’integrazione alla spesa quotidiana. Ma in molti casi non c’è altro denaro da aggiungere a essi per acquistare un pasto bilanciato e completo.

Il risultato è che, per sconfiggere la fame il più a lungo possibile, i beneficiari possono contare solo sui buoni, e se i negozi offrono sconti solo sugli alimenti più calorici e meno sani, non si ha molta scelta”.

 

Agnese Codignola

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