vigneti vino

Vino libero FarinettiLe pagine di pubblicità del cosiddetto vino “libero” apparse sui quotidiani nazionali negli ultimi mesi hanno gettato un po’ di scompiglio e di confusione sui concetti che ruotano attorno a naturalità e produzioni biologiche. Il Fatto Alimentare, con l’aiuto di FederBio, prova a fare un po’ di chiarezza.

 

Oscar Farinetti, patron di Eataly, oltreché di Tenuta Fontanafredda (vino), del Pastificio Afeltra di Gragnano, di Lurisia  (acqua minerale e bevande analcoliche) e altro, ha fatto gran vanto del cosiddetto vino “libero”, descritto in un’intervista come «libero dai concimi chimici, libero dai diserbanti, libero dai solfiti (-40%)».

 

vino 156721998«I vigneti di vino “libero” saranno anche liberi da fertilizzanti e diserbanti», spiega Paolo Carnemolla, presidente di FederBio, «ma non lo sono da insetticidi e antricrittogamici. I solfiti saranno anche il 40% in meno di quanto consentito dalla normativa generale, ma per gli altri coadiuvanti e processi c’è – appunto – libertà. Tenuta Fontanafredda ha anche annunciato il progetto “Riserva bio” in cui il termine “bio” è associato soltanto alla “CO2 neutral” (a emissioni zero di CO2), mentre per il resto rimane una normale grande azienda, basata sull’agricoltura integrata, non certo un’azienda biologica».

 

Prosegue il presidente di FederBio: «Nei fatti, si tratta di una pura e semplice operazione di marketing che, contando sulla scarse conoscenze agricole e dei processi di trasformazione da parte del pubblico, tenta di accreditare una nuova categoria di prodotto a scapito di altre. La comunicazione al pubblico sul vino “libero” è assai poco trasparente e oscilla tra l’ingannevole e l’insidioso; è anche condita da affermazioni quali “Il biologico è un concetto confuso e farmaceutico che non piace a noi gourmet“.

 

vini scaffaleFarinetti sta lavorando per introdurre un sistema di certificazione alternativo a quello dei sistemi di qualità regolamentati dalla UE; possiamo quindi concludere che operi anche per disorientare il consumatore, causando grave danno al comparto vitivinicolo biologico».

 

E questo appare tanto più grave, quanto più si pensi al notevole potere mediatico di Oscar Farinetti, nel bene e nel male (1).

 

VinItaly Bio é una delle soluzioni adottate da FederBio per mostrare agli operatori e ai consumatori internazionali i soli veri vini biologici e biodinamici, certificati in conformità alle regole europee (Regolamento UE 203/2012, ne abbiamo già parlato). L’accordo con Verona Fiere è stato siglato il 9 aprile 2013. A partire dalla prossima edizione del 2014, il Vinitaly manterrà quindi il Salone Bio ben distinto dal Salone Vivit, dedicato al vino “naturale” che esprime la tipicità e il legame col territorio, ma non ha nulla a che vedere con le produzioni biologiche.

 

Dario Dongo

© Riproduzione riservata

Foto: Photos.com

Nota

(1) Per una breve rassegna stampa sul tema, redatta da Federbio.reg. UE 203/2012, http://www.ilfattoalimentare.it/vino-biologico-regolamento-ue.html

 

 

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fabrizio
fabrizio
15 Aprile 2013 16:56

Premetto che concordo con quanto affermato sulle operazioni di marketing che possono “celarsi” dietro l’iniziativa di vino libero.
Per dovere di completezza d’informazione però devo sottolineare che, contrariamente a quanto si dice o meglio non si dice, relativamente alla SO2, anche il vino BIO ne può contenere in misura rilevante.
Ovviamente i livelli rispetto al vino tradizionale sono inferiori ma comunque molto significativi, tanto è vero che anche il vino bio deve dichiarare in etichetta la presenza di tale sostanza.
Inoltre non deve passare l’idea che le uve BIO siano coltivate senza apporto od uso di prodotti fitosanitari, ed infine che il vino BIO sia prodotto senza impiego di additivi.
Naturalmente tutto permesso dalla normativa di riferimento e di conseguenza tutto lecito.
Quindi non trovo perfettamente corretto fare critiche a Farinetti di scarsa correttezza informativa e poi ricadere immediatamente nello stesso errore, che però è ben più grave se commesso dal censore.

ezio
ezio
16 Aprile 2013 11:49

Se il vino “libero” per il Sig. Fabrizio è come il vino bio, o viceversa, perchè il Sig. Farinetti ha inventato un termine nuovo ed alternativo e non si è uniformato al disciplinare europeo appena approvato?
Se invece ci sono differenze significative e non marginali, nessuno dovrebbe essere autorizzato a scopiazzare il metodo, creando solo confusione, al fine di vendere meglio il proprio prodotto.
Con tutta la stima ed il rispetto per un validissimo imprenditore che valorizza il food italiano, ma questa iniziativa di marketing aggressivo, è proprio fuorviante e dannosa per tutto il settore bio italiano.

fabrizio
fabrizio
16 Aprile 2013 16:15

sig Enzo buon giorno
ribadisco quanto citato all’inizio del mio precedente intervento, mi sembra di essere stato chiaro circa le critiche al marketing del vino libero
ma mi permetta la sua risposta in realtà non affronta la questione che io ho posto: l’informazione deve essere chiara su tutti i fronti e parlare di bio facendolo passare per vino senza additivi continuo a credere sia altamente fuorviante.
infine in merito al paragone di vino libero e bio non credevo ci fosse bisogno di rimarcare che la differenza è che vino libero si auto celebra mentre il vino bio si sottopone a una serie di controlli da parte di enti terzi accrediatti, poi volendo possiamo discutere sull’affidabilità di tali controlli da parte di terzi, che comunque per principio sono sicuramente meglio delle autocertificazioni

Giovanni Borella
Giovanni Borella
23 Aprile 2013 16:13

Furbesco, come Farinetti.
Carnemolla colpisce ancora. E ancora prima di consultare i
viticoltori cha hanno dedicato una vita alla loro terra ed al loro vino, si propone come unico interlocutore per rappresentare il VINO BIOLOGICO o BIODINAMICO con la organizzazione di VINITALY

emilio
28 Aprile 2013 10:22

Scusate il virgolettato non si legge, ripeto l’invio
Si sente continuamente ripetere” bisogna difendere il regolamento sul vino bio perché rappresenta una garanzia per i produttori e consumatori e perché è il frutto di un processo democratico che ha visto il coinvolgimento e la partecipazione a livello europeo di consumatori e vignaioli (progetto Orwine 2006 – 2009)” . Ma la verità storica non è questa:
Roberto Pinton (Federbio)all’indomani del varo del regolamento sul vino bio, in un suo articolo ricostruisce tutti i passaggi che hanno portato alla nascita dell’attuale regolamento. Tra l’altro scrive :
“Il nuovo regolamento sul vino biologico e la posizione di FederBio
Nel giugno 2010 il commissario Dacian Ciolos si era visto però costretto a ritirare la bozza di proposta della Commissione per il mancato consenso degli Stati membri…Non fidandosi molto dei tempi parlamentari, diverse organizzazioni e istituzioni scientifiche cominciavano a elaborare una“European Organic Wine Charta”, che intendeva diventare il disciplinare privato di riferimento…
Il 7 e 8 febbraio 2012 lo SCOF approvava la bozza di regolamento, che con il numero 203/2012 veniva pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea l’8 marzo …
Stremati dall’iter di questa norma, che dire?
…La riduzione dell’anidride solforosa è talmente limitata da non poter essere agevolmente spesa per la promozione del prodotto, che dovrà concentrarsi sugli aspetti ambientali e agricoli…Al di là degli aspetti salutistici legati all’uso dei solfiti, l’aspetto critico è che possono costituire un ausilio per la “sistemazione” di uve “così così”; la possibilità di “aggiustare” i vini in cantina non stimolerà tutti i produttori a raggiungere l’eccellenza in vigneto, e introduce elementi per
una concorrenza al ribasso, anche se, ovviamente, i produttori di qualità non avranno interesse ad appiattirsi sui limiti massimi o sull’adozione di tutte le tecniche ammesse. In ogni caso, una norma a maglie larghe mal si combina con un mercato esigente di fascia medio-alta e potrebbe non contribuire positivamente allo sviluppo del mercato delle produzioni di qualità, soprattutto nei confronti di Paesi con minor tradizione enoica, che potrebbero accontentarsi della presenza
del logo europeo…Neppure l’ammissione delle resine a scambio ionico,dell’osmosi inversa, del riscaldamento fino a 70 gradi (ma non della crioconcentrazione, quasi che portare il vino a 70 gradi sia coerente con gli obiettivi e i principi stabiliti nel regolamento n. 834/2007 e concentrarlo parzialmente a freddo no), tutte prassi diffuse nell’enologia convenzionale, siano particolarmente utili per promuovere il vino biologico.” Questo quanto scriveva Pinton di Federbio, l’AIAB invece:
In un Comunicato Stampa del 27 agosto 2010 rilanciato dall’ADN Kronos:
“ Roma, 27 ago. (Ign) – L’Aiab-Associazione Italiana Agricoltura Biologica lancia il disciplinare per il vino biologico.
Con il provvedimento, spiega l’associazione in una nota, si intende superare l’empasse creatasi lo scorso giugno quando la Commissione europea ha ritirato la proposta di regolamento sulla vinificazione biologica per il mancato accordo tra le diverse esigenze degli Stati, con la conseguenza che il logo europeo con il regolamento sulla vinificazione e la foglia verde con le stelline sulle etichette del vino non andrà in bottiglia con la prossima primavera.”
In quel periodo l’AIAB inviò anche una lettera aperta ai produttori in cui si invitavano gli stessi ad aderire al disciplinare di vinificazione AIAB, e nella parte finale recitava:
“ L’iter normativo la cui negoziazione è partita dai risultati del progetto ORWINE circa un anno fa si è arenato…”
Quindi secondo Pinton la bozza fù “ritirata” secondo l’AIAB si è “arenata e ritirata“.
Quello che non si può chiedere ai vignaioli naturali (e non) è di difendere il disciplinare europeo sul vino bio, nato e voluto dall’industria per l’industria.
Nel biologico, invece, tale dichiarazione è confermata dalla certificazione di un organismo di controllo terzo, espressamente autorizzato dal ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, che ispeziona vigneto e cantina, anche prelevando campioni da sottoporre ad analisi”.

I funzionari del Mipaaf mi dovrebbero spiegare perchè se io produco vini doc e igt (con tutti i controlli che ne conseguono) se certifico le mie uve bio, se ho anche la certificazione Demeter, non posso scrivere in etichetta la quantità totale di SO2, gli altri ingredienti, le pratiche in campo ed in cantina? Inoltre non si può normare un processo naturale che in ogni zona, in ogni cantina si svolge seguendo lunicamente le leggi caotiche della vita. Le norme ed i disciplinari vanno bene per i prodotti industriali, morti, senza vita. I vignaioli devono unirsi nel richiedereed ottenere la possibilit di menzionare in etichetta le principali pratiche in vigna ed in cantina e gli ingredienti in e
E’ necessario fare massa critica ma per ottenere la possibilità di riportare in etichetta gli ingredienti e le pratiche in vigna e cantina. Da anni discutiamo della necessità di un disciplinare del vino naturale e/o di una legge sulla agricoltura contadina e la trasformazione artigianale dei prodotti agricoli. Ormai sono convinto che quest’ultima strada richiederebbe tantissimo tempo che non abbiamo; sarebbe elemento di divisione tra i vari gruppi: immaginate le divisioni su qualche mg si SO2? o sulla definizione di agricoltura contadina e trasformazione artigianale? Inoltre si trasformerebbe presto in una trappola, che snaturerebbe gli intenti iniziali: come si fà a normare un processo vitale che differisce in ogni luogo dove si svolge? Gli ingredienti in etichetta e le informazioni sulle pratiche in vigna e cantina, libererebbero anche il campo dalle posizioni ambigue di chi oggi pensa di contare su una rendita di posizione e si oppone ad una crescita ed evoluzione del Movimento dei vini naturali, con affermazioni del tipo:” è solo una questione culturale, che risolveremo con il manifesto del vino naturale, sottoscritto dalle tre principali associazioni…” L’etichetta trasparente (così si chiama e non da oggi) renderebbe obsoleta ogni diatriba sul termine naturale, che rimarrebbe a identificare il solo Movimento come è giusto che sia. Non lascerebbe più spazio e margini di manovra a furbi ed illuminati dell’ultima ora.

La CEVI sulle proposte della Commissione sull’etichettatura
Come comunicato negli ultimi mesi la CEVI sta svolgendo una forte azione sindacale per cercare di evitare che il vino venga assimilato a qualsiasi altra derrata alimentare…La UE tende a semplificare i propri impegni assimilando il vino alle altre derrate alimentari complicando la vita ai produttori ed ai consumatori. Da questo nessuno ha da guadagnarci. Immaginate un etichetta del vino trasformata in uno sterile elenco con le incomprensibili quantità di carboidrati, proteine e grassi, magari una altrettanto incomprensibile lista di ingredienti: E220, … etc.
LETTERA DELLA CEVI AI DEPUTATI EUROPEI

I Vignaioli Indipendenti Europei, forza viva della viticoltura europea rappresentati dalla CEVI, sostengono l’esenzione dell’etichettatura delle calorie e degli ingredienti per il vino, proposta dalla Commissione europea nel progetto di regolamento concernente l’informazione dei consumatori sulle derrate alimentari (COM 2008-0040), e valicata in 1° lettura sia dal Parlamento europeo che dalla posizione del Consiglio.

I Vignaioli Indipendenti Europei domandano il mantenimento di questa esenzione per tre ragioni essenziali:

il vino non è una derrata alimentare come le altre
il consumatore non desidera queste menzioni sulle etichette del vino
le imprese dei vignaioli indipendenti desiderano restare competitive

Perché penalizzare la competitività delle nostre imprese per un’informazione che i consumatori non vogliono?
L’etichetta per il vino naturale è già possibile!

Il dibattito sulle diciture da riportare in etichetta per i vini naturali, assume toni sempre più surreali, ma pur partendo da punti di vista differenti, e da associazioni diverse, un gruppo di vignaioli ha deciso sperimentare una etichetta trasparente condivisa.
L’art. 14 del D.M. 13 agosto 2012 stabilisce che ALTRE INDICAZIONI VERITIERE E DOCUMENTABILI possono figurare nell’etichettatura del vino, a condizione che non siano tali da creare un rischio di confusione nello spirito delle persone a cui sono destinate tali informazioni. Inoltre anche il Regolamento n 203/2012 (biologico) consente di riportare in etichetta “senza solfiti aggiunti” oppure la quantità di So2 totale se verificabile (analisi).
Questa possibilità ci è stata più volte ribadita nei vari incontri svolti, dal dirigente del Mipaaf, Stefano Vaccari. A dire il vero in una interpretazione più restrittiva sembrerebbe che la dicitura “senza solfiti aggiunti”possa essere utilizzato solamente in presenza contemporanea della certificazione bio: il reg. 314/2012 ha eliminato l’obbligo di registrare le aggiunte di So2 ( scelta sostenuta in Italia dalla FIVI) in cantina, quindi non è più documentabile “in negativo”. Senza quest’obbligo non è possibile documentare la scelta di non aggiungere solfiti, poiché analiticamente è impossibile distinguere i solfiti aggiunti da quelli prodotti spontaneamente nella fermentazione.
Ma secondo il principio del DM 13 agosto 2012 e del reg 607/2009 che prevedono che si possa inserire in etichetta altre indicazioni “veritiere e documentabili”, riportando sui registri di vinificazione, le aggiunte di So2, ciò dovrebbe essere consentito. Secondo la stessa logica tutte le informazioni riportate anche sulla documentazione dell’ hccp, o sui quaderni di campagna, tutti documenti ufficiali verificati da organismi di controllo autorizzati, potrebbero essere riportate in etichetta! Il DM inquadra l’abito in cui inserire queste indicazioni ulteriori e tra queste quelle riportate nel contesto tecnico colturali e/o di elaborazione e/o delle caratteristiche del prodotto, se sono nettamente separate dalle indicazioni obbligatorie.
Inoltre se si è certificati bio, con la stessa logica potremo scrivere che non utilizziamo diserbanti, concimi chimici, fitofarmaci, ecc
Il vino “gode” di una deroga comunitaria in scadenza nel 2014, sull’obbligo degli ingredienti in etichetta (anche questa deroga sostenuta in Italia, dalla FIVI).Ma anche qui possiamo in etichetta riportare un elenco di ingredienti di tutto quello che si usa e di cui i registri recano testimonianza.
In conclusione per quanto riguarda gli additivi utilizzabili, l’interpretazione delle norme, sembrerebbe permettere l’indicazione positiva e non quella negativa: ossia possiamo riportare quelli utilizzati (e riportati nei registri) e non e possibile scrivere quelli non utilizzati in etichetta.
QUINDI L’ETICHETTA TRASPARENTE E’ GIA’ UTILIZZABILE:
Possiamo scrivere:
– mg/l anidride solforosa totale (analisi) o senza solfiti aggiunti (se certificati bio);
– ingredienti ad es: uva e solfiti (registri)
– pratiche agronomiche nel vigneto (se certificati bio)
Possiamo riportare queste indicazioni a patto che siano nettamente separate dalle indicazioni obbligatorie, e che non abbiamo una dimensione dei caratteri maggiore delle indicazioni obbligatorie.
Per una ulteriore tutela, possiamo studiare una etichetta tipo, e sottoporla per l’approvazione direttamente all’ufficio competente del Mipaaf.