Sull’etichetta del vino non si può scrivere che è “digeribile” (nel senso di “facile da digerire”). Lo dice l’avvocato generale presso la Corte di Giustizia. L’approccio del legislatore europeo nei confronti delle bevande alcoliche è duro, come si è visto anche nel regolamento “Claims”, che vieta di associare benefici salutistici al loro consumo, a prescindere dalla fondatezza scientifica. Il concetto viene quindi ribadito, negando anche la possibilità di citare la digeribilità nel caso di un vino a basso tenore di acidità.

 

La controversia è insorta tra una cooperativa di viticoltori (Deutsches Weintor) e il Land Renania-Palatinato, che aveva censurato la pubblicità di un vino che descritto come “digeribile” (bekömmlich), con riferimento alla sua lieve acidità.

 

I viticoltori hanno presentato ricorso alla Corte amministrativa federale, evidenziando che “digeribile” è un concetto ben diverso da “digestivo”. Quindi non si stava vantando un beneficio per la salute, ma solo una qualità del vino – dimostrata dalle analisi chimiche – che lo distingue rispetto ad altri per una migliore digeribilità.

 

Sull’etichetta del vino renano, in effetti, si legge: “Leggero grazie all’utilizzo del nostro speciale processo protettivo LO3 di deacidificazione biologica”. Il collarino sulle bottiglie ha la dicitura: “Edizione leggera, sana/facilmente digeribile (Edition Mild bekömmlich), e sul listino dei prezzi è descritto come “Edizione leggera – lieve acidità/digeribile” (Edition Mild – sanfte Säure/bekömmlich).

 

Il Tribunale amministrativo e la Corte d’appello hanno dato torto ai viticoltori. Che, perciò, hanno fatto ricorso alla Corte di legittimità tedesca. Il Bundesverwaltungsgericht, equivalente della nostra Cassazione, ha condiviso le tesi dei ricorrenti: un riferimento alla digeribilità dei prodotti, motivato dalla loro lieve acidità, attiene solo al fatto che, durante la digestione, il vino non causerebbe disturbi allo stomaco o causerebbe minori disturbi di quanto normalmente ci si aspetti da un vino dello stesso tipo e qualità. Ed è inverosimile vedere in ciò una valenza concreta per la salute o un riferimento al fatto che il consumo di vino contribuiscaì un’alimentazione sana.

 

Inoltre, sempre secondo la Corte, indicare che un alimento è “meno dannoso” per la salute rispetto a prodotti analoghi, diverso dall’indicare un miglioramento della salute. Ma, a scanso di equivoci, trattandosi di interpretare norme comuni, la questione è stata portata in Lussemburgo.

 

La questione pregiudiziale che il giudice supremo tedesco ha rivolto alla Corte di Giustizia Ue riguarda l’interpretazione del regolamento “Claims” (reg. CE n. 1924/06): la dicitura “digeribile” va intesa alla stregua di un’indicazione sulla salute ed è perciò soggetta ai limiti e alle condizioni imposte dalla norma europea?

La domanda è stringente, visto che il regolamento vieta l’impiego di “health claim” per le bevande alcoliche (cioè quelle con un tenore alcolemico in volume pari o superiore a 1,2%, art. 4, comma 3, reg. citato). 

 

L’avvocato generale Ján Mázak è stato rigoroso nel concludere che «la nozione di “indicazione sulla salute” deve essere interpretata nel senso da comprendere le indicazioni che sottintendono un effetto benefico temporaneo sullo stato fisico, … limitato al periodo necessario per l’assunzione e la digestione di un alimento», comprese «le indicazioni che sottintendono che, grazie al ridotto contenuto di una sostanza, le conseguenze negative di un determinato alimento sul benessere fisico sono più limitate di quanto sia solitamente il caso per gli alimenti di tal genere».

 

Si aspetta ora la pronuncia della Corte di Giustizia che, tuttavia, in genere tende a confermare le conclusioni dell’avvocato generale. “Edizione leggera” può dunque passare, “lieve acidità” pure, ma non si parli di digeribilità.

 

Dario Dongo

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Il testo delle conclusioni dell’avvocato generale nella causa C-544/10 in questo link.