latte vegetale
I produttori di latte americani chiedono di far rispettare la definizione di “latte”, negando l’uso del nome a quelli vegetali

La Federazione dei produttori di latte di mucca statunitensi (National Milk Producers Federation) ha chiesto alla Food and Drug Administration (FDA) di intervenire in difesa dei consumatori e degli allevatori, facendo rispettare la definizione ufficiale di “latte” che risale agli anni ’30 e che si riferisce solo alla secrezione di una ghiandola mammaria. I produttori di latte vaccino, appoggiati in modo bipartisan da 32 deputati del Congresso Usa, vogliono che non sia più consentito definire “latte” i prodotti derivanti da vegetali come soia, mandorle, riso, canapa, pistacchi, noci macadamia e semi di girasole, perché hanno sostanze nutritive diverse da quelle del latte di origine animale, l’unico che può essere chiamato in questo modo.

In un periodo di crisi del settore lattiero-caseario, i produttori di latte di vacca e i deputati che li appoggiano lamentano la confusione che si è determinata nel settore del latte, che esporrebbe i consumatori a denominazioni fuorvianti rispetto al valore nutrizionale dei vari prodotti nell’ambito del fenomeno del latte vegetale.

I produttori chiedono una legge su modello di quella europea, che definisce il latte vegetale come “bevanda di”

I produttori del settore lattiero-caseario Usa chiedono che si prenda ad esempio la regolamentazione dell’Unione europea, che sulle confezioni dei prodotti di origine vegetale consente l’utilizzo della terminologia “bevanda di” ma vieta quella “latte di”.

Come riferisce il sito Food Navigator Usa, però, la questione dei latti vegetali è già stata esaminata a livello giudiziario nel 2015, quando un giudice ha archiviato un ricorso contro un produttore di latte di soia, sostenendo che nessun consumatore ragionevole può confondere questo prodotto con il latte di origine animale. Inoltre, secondo il giudice, la definizione di “latte” della FDA non esclude che si possano chiamare altri prodotti come “latte di soia”, “latte di mandorla”, o altro, perché questi termini li distinguono chiaramente dal latte derivato dalle mucche.

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Patrizia
Patrizia
10 Gennaio 2017 12:40

Anche in Italia qualcuno sta provando con gli Hamburger vegetali a far pensare che i consumatori siano incapaci di distinguere e scegliere cosa mangiare.

Roberto Contestabile
10 Gennaio 2017 18:39

Siamo alle solite: le lobby industriali difendono i propri interessi alludendo alla protezione dei consumatori!
Come se fosse difficile distinguere un prodotto da un altro…o fosse obbligatorio bere il latte vaccino. Le persone sono più consapevoli e scelgono di consumare altri alimenti più sani e nutrienti, e anziché incentivarli si pensa a polemizzare su stupide normative. Mi viene da dire: chi decide cosa mangiare? I clienti o le aziende?

luigi
luigi
11 Gennaio 2017 15:18

le ragioni della crisi del consumo del latte animale non vanno certamente cercate nella denominazione di “latte” ammessa anche per fonti vegetali, ma negli aspetti salutistici che lentamente si stanno instaurando nel circolo delle informazioni tra i consumatori. cominciassero prima ad abbattere l’uso smodato di ormoni, antibiotici e mangimi ogm, poi si facessero una ragione circa il declino dell’interesse generale per un prodotto che presenta criticità crescenti nel consumo, quantomeno, tra gli adulti.

francesco
francesco
Reply to  luigi
12 Gennaio 2017 09:53

Ciao Luigi. Sei sicuro che non siano le “lobby industriali della soia”, peraltro fortissime, ad aver inondato il web di tante assurdità? Improvvisamente il latte causa cancro, allergie, muco, intolleranze, infarti. E chi più ne ha, più ne metta! E, in contemporanea a questi attacchi, il mercato viene inondato, come per incanto, da tutta una serie di “alternative” vegetali. Comparsa casuale? Ma dai!

luigi
luigi
Reply to  luigi
18 Gennaio 2017 15:21

non mi risulta che, per esempio, il dr. Berrino, o la d.ssa C Mary Schooling (City University of New York), il dr. Frank Oski, già direttore pediatrico al Johns Hopkins School of Medicine, il dr. Walter Willett, professore di epidemiologia e capo del nutrition department alla Harvard School of Public Health, o riviste e istituti internazionali come il New England Journal of Medicine, o The Journal of Pediatrics, l’Harvard Nurses’ Health, l’ American Journal of Clinical Nutrition, Pediatrics, American Academy of Pediatrics, Journal of the American Medical Association, British Medical Journal, Uppsala University, il Karolinska Institute e lo Swedish National Food Agency, ecc., siano strumenti delle lobby industriali della soia…

ezio
ezio
14 Gennaio 2017 12:00

Completamente e razionalmente d’accordo con l’FDA americana e penso che le normative europee si debbano aggiornare di conseguenza.
I consumatori non sono poi questi ignoranti che vogliono far credere e che l’indicazione del contenuto del brik sia sufficiente perché nessuno acquisti latte di riso confondendolo per latte di vacca! E perché no anche viceversa, pur essendoci scritto solo latte senza altre specificazioni.
Francesco, da dove deriva che le lobbys industriali della soia sarebbero fortissime, vista la nicchia di mercato che hanno?

emilio locatelli
emilio locatelli
15 Gennaio 2017 17:03

Lasciando stare la “storia” delle lobby più o meno agguerrite -e quale produttore non ne farebbe parte?, personalmente in questo caso do completamente ragione ai produttori usa, per il semplicissimo motivo che le parole hanno un significato ben preciso, associato in questo caso ad una merce e non c’entra assolutamente nulla con “l’ intelligenza” del consumatore finale! Saluti, e. l. P.S. personalmente non sono molto “affezionato” alle mucche e ai loro prodotti…

enciclopivo
enciclopivo
Reply to  emilio locatelli
17 Gennaio 2017 11:52

Sono perfettamente d’accordo: c’è tanta confusione, tanta superficialità e tanto pressappochismo nei discorsi e negli scritti, forse voluta per intorpidire le acque e confondere meglio. Bene ha fatto la UE a vietare il termine latte per quello che di latte ha solo l’aspetto. A Roberto C. e a Ezio chiedo: nessuno obbliga nessuno a bere il latte animale, ognuno scelga ciò che vuole, ma almeno si usi correttamente la propria lingua. Il latte è quella roba lì, le altre sono bevande, dignitosissime, magari anche buone e salutari, ma non sono latte!

ezio
ezio
17 Gennaio 2017 14:03

A mio parere il termine italiano “latte” identifica solamente la forma-funzione e non l’origine, che è identificata dalla provenienza con il termine che deve essere aggiunto: vaccino, di capra, d’asina, di cammella, di mandorle, di soia, di riso, ecc…
Poi possiamo normare tutto quello che vogliamo a favore di una o dell’altra categoria di produttori, ma per i consumatori serve l’indicazione completa, perché il solo “latte” è incompleto e non univoco.
Almeno da qualche decina d’anni.

Roberto Contestabile
17 Gennaio 2017 15:13

A “enciclopivo” (un nome vero no?!): almeno si dica pubblicamente che il latte vaccino non è indispensabile alla salute Umana (considerato anche che siamo l’unica specie al mondo che usa ed abbonda tale alimento NON NOSTRO bensì dei Vitelli che vengono quindi uccisi subito dopo la nascita), e anzichè diffondere campagne speculative e false informazioni si scelga una diffusione giusta ed etica verso il benessere di tutti. Il latte vaccino (e derivati) è presente nel 90% della pasticceria industriale e fresco libero servizio (per restare in tema gdo)…per quale dannato motivo?

Paolo
Paolo
17 Gennaio 2017 16:33

Bah chiamatelo pure come volete io con i latticini e il latte di origine animale ho chiuso per etica e salute. Poi contro le lobby del latte di soia, autoprodurselo costa meno del 10% del prezzo.

Elisabetta
Elisabetta
17 Gennaio 2017 17:34

Mah… gli allevatori americani dovrebbero rendersi conto che, se pure la loro richiesta dovesse essere messa in pratica, la gente non smetterà di bere il latte di soia solo perché sulla confezione non c’è più scritto “latte”. Proprio l’Europa che vorrebbero imitare ne è la dimostrazione, vengono chiamate “bevande vegetali”, “bevande a base di…”, eppure è un mercato in crescita.

Cristina
Cristina
17 Gennaio 2017 18:10

Alle lobby intetessano solo i soldi, che controllino il mercato del latte o della soia poco importa…
La soia poi viene coltivata principalmente per produrre mangime anche per le vacche da latte..
Non penso che il consumatore possa essere tratto in inganno se non quando sulla busta del latte vede ‘mucche felici’ al pascolo che allatano l’unico essere che ne avrebbe diritto, il proprio vitello, che invece non assaggerà mai una goccia di latte dalla sua mamma..

Iacopo Bertini
Iacopo Bertini
18 Gennaio 2017 10:25

Buongiorno a tutti,
se può interessare, un mio articolo recente sulla dibattuta questione del rapporto salute-latte.
http://www.natural1.it/alimentazione-ragionata/item/1860-latte-un-alimento-discusso
saluti

ezio
ezio
18 Gennaio 2017 11:33

Solo per la cronaca, i più grandi produttori europei ed italiani di latte di soia e riso, fatta eccezione per pochi (Alpro, Valsoia, Abafoods e Scotti), sono grandi latterie che hanno completato la gamma latti con quelli vegetali.
Granarolo un esempio per tutti solo in Italia, ma in Spagna e Francia il grosso della produzione del latte vegetale è realizzata da mega latterie che esportano e confezionano in tutta Europa, marchi GDO italiani compresi.
Questi a quale lobby appartengono? E pensate che cambi le loro vendite se sulle confezioni ci sia scritto latte di.. oppure bevanda di…?
Quello che importa al consumatore è che ci sia scritto chiaramente cosa contiene il brik senza equivoci estetici, ma non ho mai visto una mucca in un brik di latte di riso, o un mandorlo in fiore in un latte di capra.