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Il Ministro  Martina ha chiest di ripristinare l’obbligo di indicare lo stabilimento di produzione

Il viceministro Claudio De Vincenzi in risposta ad un’interrogazione parlamentare del Movimento 5 Stelle, un mese fa dichiarava di non ritenere possibile portare avanti la richiesta. Adesso è intervenuto il Ministro Martina che, capito l’errore, ha rivolto un appello al suo collega di Governo per rimediare. Fonti giornalistiche e lo stesso Movimento 5 Stelle in un comunicato confermano l’esistenza di una richiesta formale

Il Fatto Alimentare ha sempre evidenziato l’importanza della norma italiana che prescrive l’indicazione sulle etichette alimentari della sede dello stabilimento di produzione e/o confezionamento. Si tratta di una regola antica – a suo tempo accettata dalla Commissione europea per facilitare la gestione di richiami dal mercato urgenti, relativi a prodotti nocivi all’organismo.

 

Al riguardo è stata avviata una  petizione on line promossa qualche mese fa dal sito Io Leggo l’Etichetta, ed è stata presentata un’interpellanza urgente alla Camera dei Deputati dal Movimento 5 Stelle per mantenere in vigore l’indicazione. Il Fatto Alimentare ritiene importante insistere con questa richiesta per agevolare il lavoro dei sanitari quando si trovano ad affrontare una seria emergenza alimentare.

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Il Fatto Alimentare ha sempre evidenziato l’importanza della norma che prescrive l’indicazione dello stabilimento di produzione e/o confezionamento.


Un esempio verosimile riguarda un’intossicazione da botulino. Dopo la visita al pronto soccorso dallo sventurato consumatore e la rassegna dei cibi assunti, occorre immediatamente identificare il prodotto e contattare lo stabilimento di produzione per allertare i cittadini. A questo punto ci sono due possibilità: risalire subito allo stabilimento di origine indicato sull’etichetta, oppure rintracciare lo stabilimento interpellando l’azienda che ha apposto il marchio sulla confezione e che magari ha la sede all’estero. Se il problema accade di sabato o domenica sarà necessario aspettare ore e forse  giorni e il botulino potrebbe provocare altre vittime e forse dei morti.

 

Non si tratta di un evento così improbabile e la Direzione generale per la sicurezza degli alimenti e della nutrizione del Ministero della salute sa di cosa stiamo parlando e sa che il rischio c’è ed è serio. In Italia l’allerta botulino è scattata tre volte negli ultimi 16 mesi! In quasi tutti i casi  il Ministero della salute ha brillato per il  ritardo nell’allertare i cittadini e, a dispetto delle indicazioni presenti sull’etichetta ha impiegato giorni prima di comunicare il lotto e le aziende produttrici. Possiamo solo pensare cosa succederà in futuro quando sull’etichetta non sarà più indicato lo stabilimento di origine.

 

 

Il secondo motivo per cui lo stabilimento di origine deve essere riportato sull’etichetta è quello di dare la possibilità ai consumatori di scegliere. Ciascuno ha il diritto di privilegiare i prodotti confezionati in Italia per favorire il mantenimento di posti di lavoro a livello locale e contribuire alla lotta contro le delocalizzazioni. Se anche in Italia prevarrà la “logica” delle multinazionali, potremo trovare sugli scaffali alimenti con una forte caratterizzazione italiana ma prodotti altrove.

Speriamo che questa richiesta di Martina venga accolta. Vi terremo informati.

 

Sara Rossi

© Riproduzione riservata

Il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade hanno promosso una petizione per ripristinare l’obbligo di inserire in etichetta lo stabilimento di produzione.

Per sottoscrivere la petizione clicca qui.

stabilimento produzione petizione

 

Foto: iStockphoto.com

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andrea
andrea
31 Dicembre 2014 15:23

Mi sembra che si parli tanto per farlo….il fatto che ci sia o no l’indicazione dello stabilimento di produzione non pregiudica nulla in fatto di sicurezza l’esempio fatto nell’articolo di Sara Rossi sul botulino..mi sembra senza senso…se è sabato e domenica e non è rintracciabile il titolare del marchio che distribuisce…non lo è neanche il produttore e poi il produttore visto che vende al distributore non sa dove è stato venduto il prodotto….quindi non ha nessun senso!!!a chi può interessare se il prodotto è fatto in Piemonte….se poi le materie prime arrivano dall’estero….quindi ripeto l’indicazione dello stabilimento non seve…forse sarebbe più utile sapere la provenienze delle materie prime…

andrea
andrea
1 Gennaio 2015 16:56

Guardi che la normativa che attualmente è in vigore ha levato l’indicazione dello stabilimento in italia,per gli stabilimenti al di fuori dell’italia non è mai stato obbligatorio indicare l’indirizzo dello stabilimento.
Solitamente chi non inserisce lo stabilimento di produzione sono aziende che commercializzano a proprio marchio e sono loro che sanno dove hanno venduto il prodotto.
A me sembra solo una presa di posizione,ci sono altre cose (come l’origine delle materie prime)ben più importanti.

valentina
valentina
5 Gennaio 2015 18:36

In un paese dove appena si prova a scavare trovi ,se va bene, spazzatura se non amianto o rifiuti medici ospedalieri, io personalmente non guado più’ al madre in Italy come requisito essenziale per farmi stare tranquilla quando vado a fare la spesa. Per dire.

Luca
Luca
6 Gennaio 2015 09:53

Condivido appieno il parere di Andrea. Oltre a ciò non capisco perché solo ora viene mossa un’interrogazione parlamentare. Tenete presente che sono anni ormai che si discute di questo regolamento. Mi sembra una richiesta prettamente “politico-mediatica”.

Massimo
Massimo
6 Gennaio 2015 10:10

La volontà di non indicare lo stabilimento di produzione in etichetta non avvantaggia le multinazionali, ma al contrario, potrebbe fare incrementare e sviluppare i prodotti Dop e Igp, dove nei disciplinari è previsto, tra le altre cose, l’obbligo dell’origine.
È uno dei pochi articoli che ha senso in tutto il regolamento 1169.
L’Europa punta molto sulle Dop e Igp.

Dario Dongo
Dario Dongo
6 Gennaio 2015 15:19

La citazione in etichetta della sede dello stabilimento non influenza la sicurezza del prodotto, é ben vero, ma indubitabilmente agevola le operazioni di gestione della sicurezza alimentare. A maggior ragione in quanto la confezione riporti il marchio e i riferimenti del distributore in luogo di quelli del produttore.

Dal punto di vista del consumatore, questa informazione permette di favorire l’economia rurale e manifatturiera di determinati Paesi o Regioni, quindi perciò anche di contribuire alla sovranità alimentare dei rispettivi territori. Il che, come la recente storia e le attuali contingenze economiche ben mostrano, non è affatto poco!

Sta a noi anzi, informare ed educare al valore della scelta di prodotti Made in Italy. Quanta più parte della filiera – perciò della catena del valore – sia localizzata in Italia, tanto più la nostra economia e occupazione ne trarranno beneficio. Il concetto è semplice e vale per qualsiasi prodotto e servizio, anche al di fuori dell’alimentare. Ma non molti paiono accorgersene, a partire dai politici e dalle pubbliche amministrazioni che – per dirne una – destinano fondi pubblici all’acquisto di automezzi, macchinari e tant’altro di provenienza estera

massimo
massimo
Reply to  Dario Dongo
7 Gennaio 2015 13:18

D’accordo tranne l’ultima parte, non vedo perché si dovrebbe privilegiare l’azienda automobilistica italiana che non è più tale….