microplastiche

sale salt sale iodatoDopo la pubblicazione del nostro articolo sui livelli di assunzione di iodio e i consumi di sale iodato, diversi lettori ci hanno scritto chiedendo maggior chiarezza sull’opportunità di assumere sale iodato in presenza di una malattia della tiroide. La domanda è molto semplice: ipertiroidismo, ipotiroidismo e carcinomi della tiroide sono condizioni che devono scoraggiare l’uso di sale con aggiunta di iodio? Abbiamo chiesto un parere ad Augusto Taccaliti, ricercatore presso la Clinica di endocrinologia dell’Azienda ospedaliera universitaria di Ancona.

«In generale, un uso appropriato di sale iodato, stando nei limiti dei 4-5 grammi al giorno indicati dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), non comporta particolari problemi per pazienti con una patologia tiroidea in atto» chiarisce subito Taccaliti. Detto questo, qualche distinguo si può fare, anche se il messaggio di fondo rimane rassicurante. «In caso di cancro della tiroide, per esempio, il sale iodato va evitato in previsione di una terapia con iodio radioattivo o di controlli con scintigrafia» precisa l’esperto. Per quanto riguarda l’ipertiroidismo, è vero che di solito ai pazienti in fase acuta si preferisce sconsigliare il sale iodato, ma è solo una misura di cautela. «In realtà, nella stragrande maggioranza dei casi non ci sono rischi, perché le quantità di iodio in gioco sono tali da non compromettere il decorso della malattia». Questo, naturalmente, a patto di non eccedere con il consumo di sale. L’assunzione di cinque grammi al giorno di sale iodato, infatti, corrispondono a un massimo di 150 microgrammi di iodio: una quantità sicura praticamente per tutti. E se l’ipertiroidismo c’è stato in passato? «Il problema non si pone – sottolinea Taccaliti – perché il rischio di ripresa della malattia per il consumo di sale iodato è davvero molto ridotto».

Fresh assorted prawn
Lo iodio è contenuto solo in crostacei, latte e uova: l’OMS ha quindi scelto di puntare al suo consumo legato al sale

Infine, ci sono i pazienti con tiroidite cronica autoimmune, che seguono terapie ormonali sostitutive. Per loro è semaforo verde all’uso di sale iodato. «In questi pazienti la tiroide non funziona e quindi non è influenzata dallo iodio contenuto nel sale. Che, per di più, non ha alcun effetto neppure sugli ormoni previsti dalla terapia». Insomma, nelle parole dell’esperto l’arricchimento con iodio del comune sale da cucina si conferma come una misura di salute pubblica efficace e sicura. «La iodoprofilassi è importante, soprattutto per i bambini e le donne in gravidanza, per ridurre l’incidenza di gozzo e di noduli tiroidei, che potrebbero anche dare origine a carcinomi della tiroide» conferma Taccaliti.

Purtroppo, la sola alimentazione non basta a garantire un apporto adeguato di questo elemento, che è presente in tre sole categorie di alimenti – pesce di mare (soprattutto crostacei), latte e uova – la prima delle quali spesso poco amata dai bambini. Oltre che costosa. Da qui la scelta, promossa da decenni dall’OMS, di puntare sul sale come veicolo ottimale di iodio, in tutto il mondo.

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Luisella
Luisella
3 Novembre 2014 00:06

Ottimo, grazie per l’approfondimento!

Alberto Mantovani
4 Novembre 2014 09:56

EFSA definisce “adeguato” un livello di assunzione adeguato di 150 microgrammi/giorno per l’adulto e 200 microgrammi/giorno per la donna in gravidanza. Il livello massimo tollerabile è di 600 microgrammi/giorno. Tuttavia il sale iodato non può essere che un complemento e non il sostituto dell’apporto nutrizionale
http://www.efsa.europa.eu/it/efsajournal/doc/3660.pdf

ezio
ezio
4 Novembre 2014 10:14

Non mi spiego tanta incertezza dei consumatori nei riguardi di queste patologie endemiche molto diffuse in Italia.
E’ come se i medici di famiglia non esistessero nella prevenzione nei confronti dei loro assistiti.
Solo quando si presenta una patologia scatta l’iter dello specialista endocrinologo, che deve gestire ormai una patologia acuta non più guaribile, ma mantenere allo stato di bassa cronicità.
Anche in questo caso si osserva il malcostume italiano di gestire le emergenze, per non avere mai fatto prevenzione adeguata,meno costosa, meno dannosa e spesso risolutiva.