cucchiaio di legno con varie pastiglie e compresse colorate
antibiotici
La resistenza agli antibiotici è un problema affrontato dalla Banca Mondiale

Secondo un rapporto della Banca Mondiale, l’aumento della resistenza agli antibiotici può creare danni economici maggiori della crisi finanziaria scoppiata nel 2008, facendo scendere il Pil mondiale dall’1,1% al 3,8% entro il 2050, con un aumento di 1.200 miliardi di dollari dei costi dell’assistenza sanitaria e 28 milioni di persone in condizioni di povertà assoluta. La maggior parte degli effetti si avrebbe nei paesi a basso e medio reddito, dove le malattie avrebbero la maggior incidenza e i maggiori effetti sulla produzione economica.

Secondo il rapporto, pubblicato in occasione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, l’aumento della resistenza agli antibiotici potrebbe comportare perdite significative per tutti gli agricoltori a livello mondiale, con una diminuzione della produzione animale compresa tra il 2,6 e il 7,5 per cento. Nei paesi a basso reddito, questa diminuzione potrebbe raggiungere l’11%.

L’aumento della resistenza agli antibiotici potrebbe comportare perdite significative per tutti gli agricoltori a livello mondiale,

L’allarme è stato rilanciato all’Onu dai leader mondiali, secondo i quali gli alti livelli di resistenza agli antibiotici che si registrano già oggi sono il risultato di un uso eccessivo di questi farmaci e di altri antimicrobici negli esseri umani e negli animali, compresi i pesci d’allevamento, oltre che nell’agricoltura, nonché della diffusione dei residui di queste medicine sul suolo, nelle colture e nell’acqua.

Secondo José Graziano da Silva, direttore generale della Fao, l’aumento della resistenza agli antibiotici non è un problema solo degli ospedali ma anche degli allevamenti e del cibo che mangiamo: “L’agricoltura deve assumersi la sua parte di responsabilità, sia usando gli antimicrobici in modo più responsabile, sia riducendo la necessità del loro utilizzo, attraverso buone pratiche di igiene negli allevamenti”.

 

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luigi
luigi
7 Ottobre 2016 14:50

questo significa che gli allevamenti intensivi non pagano!