In Lombardia, come in tutta Italia, si lavora sodo per capire se e quanto la radioattività di Fukushima  sorvolerà le nostre teste o, peggio, pioverà sulle nostre insalate. Secondo Giuseppe Sgorbati, coordinatore dei dipartimenti di Arpa Lombardia e responsabile della rete regionale di rilevamento della radioattività ambientale “Le masse d’aria giapponesi sono arrivate anche in Europa, dopo circa 2 settimane dall’inizio dell’incidente. Grazie alla sensibilità estrema degli strumenti in dotazione ad Arpa Lombardia e ad altre Agenzie regionali sono stati rilevati valori pari a circa un millesimo di becquerel di Iodio 131 nell’aria. L’evoluzione futura porterà lievi incrementi di questi valori, destinati però a diminuire rapidamente in virtù del breve periodo di dimezzamento della vita, di questo radionuclidedi strimato in otto giorni. Le pioggie hanno trasportato al suolo qualche becquerel per metro quadro di Iodio 131, ma questo non comporta nessun rischio per la catena alimentare”.

Siamo in una situazione di attesa che però non dovrebbe aggravarsi, rassicura Sgorbati: “Non ci aspettavamo valori maggiori perché la  radioattività rilasciata dagli impianti ed entrata nelle correnti di alta quota è stata poca e la distanza dal Giappone è comunque notevole. Anche se la crisi scatenata dall’incidente di Fukushima dovesse perdurare  causando un aumento dei rilasci nell’atmosfera da parte dei reattori, ormai abbiamo la prova sperimentale di cosa queste perdite di radioattività a Fukushima rappresentano per il nostro Paese. Ci sono margini enormi tra i “valori di sicurezza” ed i valori che potrebbero ipotizzare in Italia, anche in caso di degrado completo dei reattori”.

Per questo motivo non dobbiamo aspettarci a breve divieti nell’uso di alimenti o altre prescrizioni particolari: “Allo stato attuale – spiega Sgorbati – il ministero della Salute ha disposto solo l’obbligo di effettuare controlli su alimenti importati dal Giappone, confezionati dopo la data del terremoto, coerentemente con le indicazioni comunitarie. Si tratta di una disposizione di carattere essenzialmente cautelativo, considerato che da quel Paese non vengono  importate derrate alimentari di uso massivo. E’ assolutamente da escludere che prodotti di origine europea, e italiana in particolare, possano subire una contaminazione minimamente significativa, così come l’aria e l’acqua che abbiamo a disposizione”.

Ci saranno comunque controlli sugli alimenti, ma non più di quanto  avviene già di routine dopo l’incidente di Chernobyl, spiega ancora Sgorbati: “Da oltre due decenni, oltre a rilevare  la radioattività dell’aria, lavoriamo in collaborazione con le Asl su  piani di rilevamento della radioattività degli alimenti. Nel 2010 sono stati analizzati circa duemila campioni, tra ambientali ed alimentari, per avere a disposizione un quadro di riferimento chiaro ed aggiornato. In questo ambito verranno esaminati i campioni di alimenti coem facciamo ogi giorno. Nulla a che fare con i controlli dell’immediato “post Chernobyl”. All’epoca, controllammo migliaia di prodotti in pochi mesi: il lavoro di analisi, anche per motivi di cautela e rassicurazione, fu imponente”

Stefania Cecchetti

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