Riceviamo e pubblichiamo volentieri questo contributo firmato dell’Associazione italiana industrie prodotti alimentari , sulla questione delle etichette salutistiche bocciate dall’Efsa, che ilfattoalimentare.it ha  trattato più volte.

La valutazione negativa di oltre l’80% dei claims salutistici decisa il 19 ottobre da parte dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) in base al Regolamento 1924/2006, necessita di una riflessione per capire meglio il problema. Il punto critico riguarda i criteri di valutazione adottati dagli esperti che complicano non poco l’esito dei lavori.

Deve essere innanzitutto chiarito che il processo di valutazione Efsa si riferisce sia a sostanze contenute negli alimenti (vitamine, sali minerali, fibre alimentari,  probiotici, ecc) sia a veri e propri alimenti come tè, prugne, miele, succhi di frutta, ecc.
Quindi Efsa non valuta etichette o prodotti specifici ma alimenti o sostanze in essi contenute. Nel caso di una vitamina ad esempio il parere degli esperti prescinde dal fatto che si trovi in frutta e verdura, o in un integratore. Quindi non è corretto affermare che Efsa ha bocciato un prodotto o un integratore specifico, ma piuttosto ha ritenuto che le evidenze scientifiche alla base della relazione tra una sostanza/alimento ed un effetto sulla salute non fossero sufficienti.
 Per questo motivo  le indicazioni sulla salute (“health claims”) che non hanno superato l’esame dell’Efsa non devono essere considerate automaticamente prive di evidenze scientifiche, e classificate come false e ingannevoli. A volte si tratta di diciture che si basano su “gradi di evidenza intermedi” cioè riferiti a risultati di ricerche scientifiche non ancora definitivi.

La valutazione scientifica dei claims dovrebbe inoltre tener conto maggiormente degli aspetti collegati alla nutrizione e non cpnsiderare solo un approccio e una visione farmacologia del problema. Va detto e ribadito che quando si esamina  un alimento esiste una difficoltà oggettiva nell’effettuare studi in doppio cieco contro placebo, e risulta complicato  identificare dosaggi e posologie e adottare lo stesso metodo dei farmaci. Un alimento salutistico o funzionale non è un farmaco e non dovrebbe essere valutato nello stesso modo.

In ogni caso la relazione tra sostanze contenute negli alimenti e i possibili effetti sulla salute, andrebbe valutata prendendo in esame tutte le evidenze scientifiche disponibili, comprese quelle relative all’epidemiologia osservazionale, basata sull’osservazione delle relazioni esistenti tra alcuni comportamenti/abitudini alimentari e gli effetti sulla salute. Tutto ciò rappresenterebbe uno stimolo per l’industria ad intensificare  gli investimenti nel campo della ricerca e dell’innovazione a vantaggio del consumatore. Per questi motivi auspichiamo una concertazione tra le parti per superare le problematiche emerse negli ultimi mesi.

Anna Paonessa (Associazione italiana industrie prodotti alimentari)

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