Crolla un mito: anche in Germania, la nazione europea più all’avanguardia in tema di ecologia, riciclaggio dei rifiuti, risparmio energetico e salvaguardia dell’ambiente, gli allevamenti di polli utilizzano con larghezza gli antibiotici. Ne dà notizia Albert Agmar nel suo blog Processalimentaire.com, citando una trasmissione della Radio Svizzera Romanda (la Svizzera importa molto pollame dalla Germania).

Gli antibiotici sono ampiamente usati per il trattamento delle infezioni batteriche umane e veterinarie; ma, mentre distruggono i ceppi sensibili, paradossalmente permettono anche ai batteri più resistenti di sopravvivere e di moltiplicarsi. Questo oggi succede sempre più frequentemente, tanto che in America vengono incentivati studi per mettere a punto nuovi farmaci che non diano problemi di resistenza, mentre in Francia è stato appena lanciato un piano nazionale ad hoc dal ministero dell’Agricoltura.

La trasmissione radiofonica svizzera On en parle il 18 novembre si è occupata del “Pollo tedesco carico di antibiotici”. Uno studio recente ha dimostrato che in Germania questi farmaci sono usati sistematicamente negli allevamenti estensivi di polli, e tracce sono state trovate nelle carni. I valori sono inferiori a quelli stabiliti dalla normativa europea, e la sicurezza dei consumatori a tavola non è in gioco. Ma la scoperta ha comunque dei risvolti negativi per la salute in generale. 

Questo studio, condotto nel land Renania del Nord-Westfalia, e commissionato dal ministro per il Clima e la protezione dell’ambiente Johannes Remmel (dei Verdi), è il primo del genere in Germania. Durato 4 mesi, ha esaminato 182 allevamenti. Risultato: il 96,4% dei polli sono stati trattati con antibiotici.

Cosa ancora più grave, la ricerca ha scoperto che i trattamenti vengono effettuati su tutti gli animali, e non solo per curare quelli malati. I polli ingollano in media 3 diverse sostanze farmacologiche, ma il cocktail può arrivare anche 8 (complessivamente lo studio ne ha individuate 13). In Germania è vietato l’uso degli antibiotici come promotori della crescita degli animali: ma questo uso così indiscriminato fa venire il sospetto che lo scopo potrebbe essere proprio questo.

Secondo Remmel, in ogni caso, gli allevatori hanno lasciato credere ai consumatori che l’utilizzo degli antibiotici sugli animali fosse un’eccezione, come previsto dalle leggi tedesche: «E invece ora abbiamo nero su bianco la prova che è in realtà la regola», e che il risulato dello studio nel suo land possa essere esteso a tutta la nazione. 

Ha anche sottolineato che la somministrazione massiccia di farmaci può indurre resistenze ai principi attivi che potrebbero rendere impossibile la cura di gravi patologie. Per il Robert Koch Institute, oltre 15mila persone in Germania muoiono ogni anno a causa di infezioni da batteri resistenti agli antibiotici.

In risposta allo studio, il Ministero federale di cibo, agricoltura e protezione dei consumatori ha prontamente annunciato, il 21 novembre,  un pacchetto di misure per migliorare le procedure di controllo sull’utilizzo degli antibiotici negli allevamenti, rendendo più trasparente ed estesa la raccolta di informazioni sui trattamenti in un database, con monitoraggi più stringenti, studi ad hoc sulla farmacoresistenza e pene severe per i trasgressori. 

La Svizzera nel 2010 ha importato circa 4.000 tonnellate di petti di pollo dalla Germania. L’Italia, invece, per quanto riguarda pollame e uova è quasi totalmente autosufficiente.  

Mariateresa Truncellito

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