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La Procura di Vicenza ha notificato nove avvisi di garanzia ad altrettanti manager della Miteni Spa di Trissino

La Procura di Vicenza ha notificato nove avvisi di garanzia per adulterazione dell’acqua e inquinamento ambientale ad altrettanti manager della Miteni Spa di Trissino (Vicenza), nell’ambito dell’inchiesta sull’inquinamento delle falde acquifere da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas). I Pfas sono riconosciuti come interferenti endocrini correlati a patologie riguardanti pelle, polmoni e reni. L’inquinamento, scoperto nel 2013, interessa una sessantina di Comuni nelle province di Vicenza, Verona e Padova, e probabilmente è in corso da decenni dato che la principale fonte sospettata è proprio l’impianto della Miteni, entrato in attività nel 1964 e specializzato nella produzione di molecole fluorurate per la farmaceutica, l’agricoltura e l’industria tecnica.

I provvedimenti della Procura di Vicenza sono stati annunciati dalla stessa Miteni e sono stati emessi quattro giorni dopo che, nel corso delle attività di analisi dei terreni esterni all’impianto, i tecnici ambientali dell’azienda hanno rinvenuto a un metro e mezzo di profondità sull’argine del torrente Poscola alcuni sacchi di plastica che contengono rifiuti industriali. Si tratta di materiali diversi, mescolati a calce, sepolti presumibilmente, afferma Miteni in un comunicato, negli anni Settanta, quando furono realizzati gli attuali argini del torrente dalla società Rimar (Ricerche Marzotto), prima proprietaria dell’impianto.

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Il ministero della Salute ha raccomandato di limitare l’utilizzo idrico nelle zone interessate dall’inquinamento,

«La scoperta è stata fatta dai tecnici ambientali Miteni – afferma l’azienda – nel corso di una campagna di caratterizzazione esterna allo stabilimento, secondo un piano sviluppato nella conferenza dei servizi. Durante la campagna sono stati fatti numerosi carotaggi nel terreno sull’argine del torrente; in corrispondenza di uno di questi carotaggi è avvenuto il ritrovamento. Attualmente sono stati rinvenuti circa due metri cubi di rifiuti che devono essere esaminati per definirne la natura e l’origine. L’azienda ha immediatamente informato Arpav e tutti gli Enti per definire le modalità di rimozione dei materiali e concordare tutte le azioni di bonifica eventualmente necessarie». Secondo Miteni, il seppellimento di rifiuti ai margini dello stabilimento «è un potenziale danno contro la collettività, contro i lavoratori di Miteni e contro l‘azienda stessa», il cui personale ha dato «piena disponibilità e collaborazione, così come l’attuale proprietà e l’attuale gestione hanno fatto fin dal suo insediamento, con ogni istituzione».

Tre giorni dopo i provvedimenti della Procura di Vicenza, il 2 febbraio, alla commissione affari sociali della Camera il sottosegretario alla Salute, Davide Faraone, ha risposto a un’interrogazione della deputata Daniela Sbrollini (Pd), relativa a un documento in possesso della Regione Veneto sin dall’ottobre scorso ma reso pubblico solo in gennaio, dopo indiscrezioni apparse sulla stampa. Il Fatto Alimentare ne ha parlato in questo articolo, documentando i rischi e i danni alla salute rilevati su donne incinte e neonati causati dall’inquinamento delle acque da Pfas. Il sottosegretario ha ricordato che per queste sostanze non esistono dei valori di riferimento collegati a un rischio per la salute umana, ma solo valori che «riguardano indici di performance, variabili a livello europeo e nella normativa dei singoli Stati». Inoltre, nell’attuale normativa sugli inquinanti nelle acque «sono ancora assenti diverse sostanze di interesse per la salute pubblica», tra cui i Pfas. Per quanto riguarda le possibili infiltrazioni nella falda, il sottosegretario ha ricordato che nell’area interessata dall’inquinamento tutta l’acqua potabile deve essere trattata e che «il ministero della Salute, assieme alla Regione Veneto, ha raccomandato fortemente di limitare l’utilizzo idrico nelle zone interessate dall’inquinamento, ponendo particolare attenzione sul rischio afferente alla matrice agricolo-alimentare».

Sulla questione dei Pfas, il 22 e 23 febbraio si terrà a Venezia un workshop internazionale, organizzato dall’Istituto superiore di sanità, in collaborazione con la Regione Veneto, per fare il punto della situazione e delle ulteriori indagini necessarie per una corretta valutazione dell’esposizione, dei rischi sanitari e dell’impatto complessivo sulla salute della contaminazione ambientale da Pfas. Intanto, una ricerca condotta negli Stati Uniti dal Silent Spring Institute e pubblicata dalla rivista Environmental Science & Technology Letters ha analizzato più di 400 campioni di packaging di 27 catene di fast food, scoprendo che un terzo di essi contiene Pfas, possibili contaminanti del cibo. I Pfas sono ampiamente utilizzati in una vasta gamma di prodotti antiaderenti, antimacchia e impermeabili, tra cui tappeti, pentole, abbigliamento per esterno, così come nel packaging alimentare, come involucri di carta per hamburger e dolci, cartone per pizze e patatine. La ricerca ha riscontrato la presenza di Pfas nel 46% delle carte a contatto con gli alimenti e nel 20% dei contenitori di cartone. I ricercatori osservano che in alcuni casi gli oggetti di packaging alimentare vengono volutamente trattati con composti fluorurati dai produttori, mentre in altri casi le sostanze chimiche possono provenire da materiali riciclati. In ogni caso, ci si trova di fronte a un’esposizione potenzialmente significativa ai Pfas nell’alimentazione, oltre che a una possibile contaminazione ambientale in fase di produzione e di smaltimento di questi oggetti.

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luigi
luigi
15 Febbraio 2017 12:48

che disastro!

Giorgio Chiodi
17 Febbraio 2017 13:40

Ma di cosa ci lamentiamo! Quello che emerge per i PFas, è una parte infinitesima di ciò che causa inquinamento ambientale. Il problema gravissimo ha diversi padri, ma il tutto dev’essere ricondotto sull’ignoranza delle autorità sui pericoli di tutte le sostanze chimiche che inquinano da decenni per la produzione, per l’uso, per l’ingestione e per la respirazione di sostanze chimiche che l’uomo, gli animali e le piante, non possono tollerare e che una politica della prudenza che non viene praticata per vigliaccheria e per l’interesse delle lobby chimiche che non hanno alcuna scusante per seguitare ad inquinare aria, acqua, terreni con i loro micidiali veleni. La popolazione si deve organizzare, rifiutando i prodotti chimici inquinanti a partire dalla farmacologia non strettamente necessaria, dai cibi e dalle bevande, prodotti senza i controlli preventivi, effettuati da istituti terzi che possano garantire salubrità a tutta la filiera dei prodotti chimici che ha distrutto le nostre coste, con i micidiali petrolchimici, le nostre falde, con le concerie e con i detersivi, i nostri terreni agricoli con le tonnellate di pesticidi e simili nefandezze, i nostri polmoni con l’aria irrespirabile di alcune industrie cui si sommano i gas da riscaldamento e dei tubi di scarico. L’inquinamento chimico si somma nel nostro sangue, riducendo la salute ad una scommessa che perderemo per l’insipienza, l’egoismo, la bestialità di uomini politici, di industriali e di sindacati che hanno sempre barattato la vita umana per assicurare un misero stipendio alle maestranze. Basta!!! Organiziamoci civilmente promuovendo una gigantesca class action contro la chimica assassina , perchè stanno morendo milioni di cittadini incolpevoli a causa dei produttori disonesti, dei controllori ignoranti e interessati e di una politica “occupata e in tutt’altre faccende affacendata.