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Il problema del pesce al mercurio ha creato dubbi nei consumatori, soprattutto per mancanza di informazioni chiare

Il problema del mercurio nel pesce solleva molte perplessità  tra i consumatori, soprattutto quando alcune trasmissioni televisive  come  alcuni servizi del programma Le Iene , descrivono la questione in modo impreciso e allarmistico. Per questo Il Fatto Alimentare ha voluto dare voce alle obiezioni di Eurofishmarket e riportare una parte dell’intervista a Maurizio Ferri, medico veterinario e membro del Consiglio Direttivo SIMeVeP (società italiana di medicina veterinaria preventiva) per  comprendere al meglio la questione, fare una corretta valutazione del rischio mercurio.  L’intervista è molto interessante e fornisce consigli utili sulla frequenza e modalità di consumo di pesci per adulti, bambini e donne  nel periodo della gravidanza.

Che cos’è il mercurio e quali sono gli effetti tossici per le persone?

Il mercurio è un metallo che esiste in diverse forme chimiche ed è rilasciato nell’ambiente sia da fonti naturali che artificiali. Una volta rilasciato, subisce una serie di trasformazioni complesse e fa parte di diversi cicli tra atmosfera, oceani e terra. Le tre forme chimiche del mercurio sono: mercurio elementare o metallico, mercurio inorganico e mercurio organico. Il metilmercurio è la forma più comune di mercurio organico, la più tossica, ed è presente nella catena alimentare principalmente nei prodotti ittici. L’esposizione umana al mercurio avviene per motivi di lavoro (miniere, industria chimica cementifici, raffinazione del petrolio) o per via alimentare sotto forma di metilmercurio. C’è da considerare inoltre l’esposizione non alimentare attraverso l’inalazione dalle amalgame dentali di vapori di mercurio elementare, il quale dopo l’assorbimento viene convertito in mercurio inorganico. I gruppi di popolazione particolarmente interessati o a rischio di esposizione al mercurio includono le donne in gravidanza o che allattano, e i bambini. La gravidanza e l’allattamento costituiscono i periodi più critici per la tossicità del metilmercurio. Questa sostanza è in grado di superare la barriera cerebrale e quella placentare causando danni a carico del sistema nervoso centrale e dello sviluppo del feto: alte dosi causano ritardo mentale grave del nascituro, dosi più basse provocano alterazioni dello sviluppo psicomotorio. Tra i sintomi legati all’esposizione cronica ci sono le alterazioni della funzionalità renale, della memoria, problemi motori e della coordinazione. È documentata l’associazione tra l’esposizione al metilmercurio e le malattie cardiovascolari (JECFA, 2007) anche se è noto l’effetto benefico del consumo di pesce (presenza di acidi grassi omega 3) che contrastarebbe l’azione del metilmercurio sul sistema cardiovascolare. Un’azione di contrasto è svolta anche dal selenio presente nell’ambiente o negli alimenti.

Quali sono gli alimenti che costituiscono un rischio sanitario per i consumatori ?

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Il tonno, insieme a pesce spada e squalo, è un predatore e pertanto presenta le dosi più alte di mercurio

Il mercurio è ampiamente presente negli alimenti, compresi i vegetali, ma la sua forma tossica, il metilmercurio, è riscontrabile a livelli significativi soltanto nei prodotti ittici. Le altre fonti alimentari contengono mercurio inorganico, poco assorbito nel tratto gastrointestinale e rapidamente escreto. Dall’esame della letteratura si stima che nei prodotti ittici circa il 90-99% del mercurio presente nei pesci si trova sotto forma di metilmercurio. In particolare le specie predatrici quali il pesce spada, tonno, squalo e altri (come smeriglio, verdesca, palombo), trovandosi all’apice della catena alimentare, possono contenere livelli elevati di metilmercurio (compresi tra 500 e 1.500 μg/Kg) e dunque costituire importanti fonti di esposizione per l’uomo. Tutti gli altri tipi di pesce a rischio (ovvero carnivori di terzo e quarto livello trofico nella piramide alimentare, quali salmone, merluzzo, sogliola, gamberetti …) contengono quantità inferiori. I pesci predatori presentano livelli di mercurio decisamente superiori rispetto a quelli erbivori della medesima taglia. Esiste comunque un’ampia variabilità nella concentrazione del mercurio tra esemplari pescati in tempi e luoghi differenti e appartenenti a diverse specie. Ricordo inoltre che nel muscolo del pesce il metilmercurio si lega specificatamente allo zolfo, quindi agli aminoacidi solforati, distribuendosi così in tutto il tessuto muscolare dell’animale. Per tale motivo è impossibile separare porzioni di pesce contenenti Hg da parti prive.

Esiste un limite di mercurio nei prodotti ittici?

Il problema che il legislatore ha dovuto affrontare è stato quello di tutelare i consumatori, ponendo un limite di concentrazione massima nei prodotti ittici (a loro volta calcolati sulla base dei consumi alimentari medi dei vari pesci da parte della popolazione) considerando la notevole variabilità di concentrazione nelle diverse specie ittiche. I grandi pesci predatori accumulano per ingestione alti livelli di mercurio durante tutto l’arco della loro vita, inoltre essendo anche migratori è possibile che raggiungano acque particolarmente inquinate, aumentando i propri livelli di contaminazione. A conferma di ciò è da evidenziare come nei pesci erbivori si riscontri normalmente un contenuto di Hg nettamente inferiore al limite di legge fissato dal Reg. (CE) 1881/2006 e s.m.i. (0.50 mg/kg), mentre non è inusuale riscontrare valori elevati di tale elemento, anche superiori al limite di riferimento (1.0 mg/kg), nelle specie predatrici quali tonno, pesce spada o squali. I limiti di mercurio nei prodotti della pesca sono stabiliti dal Regolamento (CE) n. 1881/2006, che ha fissato 0,5 mg/kg per i pesci e muscolo di pesce, e 1 mg/kg per lo squalo, pesce spada, tonno, rana pescatrice, storione, ecc..

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Carlo Enrico
Carlo Enrico
19 Marzo 2014 12:20

Ho letto l’intervista, praticamente si capisce che donne in età fertile e bambini dovrebbero evitare pesci come il tonno. Ma per uomini e anziani quali indicazioni si devono seguire? Perchè alla fine dell’intervista, se si prende il caso del tonno, è difficile non ammettere che si tratta di un potenziale veleno per tutti che tralaltro, aggiungo io, si trova sul mercato a caro prezzo.

Carlo Enrico
Carlo Enrico
Reply to  Roberto La Pira
19 Marzo 2014 18:13

Capisco la sua risposta, ma si tratta più di un calcolo probabilistico, anche favorevole per il consumatore, che di una effettiva scelta. Mi spiego. Sabato ero al reparto pescheria del supermercato, vedo un bel trancio color marroncino di tonno fresco in vaschetta in offerta, lo compro e lo cucino con un bel sugo e spaghetti. Ecco, ora che tonno ho mangiato? Non era indicata provenienza, qualità e nient’altro. Probabilmente non era un tonno obeso, ma è giusto una probabilità, perchè poteva anche esserlo. Con tutte queste variabili non controllabile, sinceramente da consumatore io preferisco ridurre al minimo e, quando possibile, evitare di comprare il tonno. Anche se so già che non rinuncerò ad avere una scatoletta in casa, che è sempre pratica e facile all’uso.

ste
ste
19 Marzo 2014 13:50

cosa si sa della presenza di metilmercurio nel pesce da “allevamento” o acquacoltura?

Lapo Strambi
Lapo Strambi
23 Marzo 2014 22:23

Vero che i pesci di medie dimensioni potrebbero essere meno ricchi di mercurio (ma dipende dove hanno vissuto e cosa hanno mangiato, non è così sicuro). Ma come si fa a dire con quali tonni si producono le scatolette? Generalmente si usa il Katsuwonus pelamis (skip jack o tonnetto striato) che è di piccole dimensioni, ma possono essere usati anche Tunnus obesus o Tunnus albacares di dimensioni ragguardevoli.
Resta valida la domanda circa i riferimenti a tali affermazioni relative all’assenza di Tunnus obesus nei nostri supermercati

Lorenzo
Lorenzo
25 Marzo 2014 15:52

Il tonno in scatoletta non è tonno del Mediterraneo ma principalmente del Pacifico del Sud o eventualmente dell’Atlantico del Sud. Anche quello lavorato in stabilimenti in Italia proviene dal Pacifico. Quello del Mediterraneo che è di alta qualità viene comperato dai giapponesi che lo pagano molto bene e lo usano per il sushi e non va all’industria.

Romeo
Romeo
28 Marzo 2014 09:34

Quindi, considerando che il tonno in scatola proviene molto spesso dal pacifico in zone di pesca che comprendono anche le coste del giappone, che garanzia abbiamo che non abbia contaminazione radioattiva con tutta l’acqua contaminata che fukushima ha sversato (e che continua a sversare ogni tanto). Se il tonno del mediterraneo è inquinato e quello in scatola non ci si può fidare, allora evitiamo completamente il tonno?

Giovanni
Giovanni
2 Aprile 2014 17:41

Sig La Pira,
il tonno obeso nel Mediterraneo non esiste, non è sgnalata neanche una cattura accoidentale di esemplari erranti….dunque come si può parlare di tonno obeso nel Mediterraneo?