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Gli ormoni per favorire la crescita dei bovini hanno un impatto ambientale maggiore di quanto sinora stimato

Gli ormoni per favorire la crescita dei bovini, utilizzati negli allevamenti di alcuni paesi come gli Stati Uniti ma vietati in Europa, hanno un impatto ambientale negativo per i fiumi e i pesci. Queste sostanze tendono a concentrarsi e a persistere nell’ambiente per lunghi periodi. Lo ha rilevato uno studio condotto da ricercatori delle Università dell’Indiana, Iowa e Washington, pubblicato dalla rivista Nature Communications, che illustra le potenziali debolezze del sistema statunitense di regolazione delle sostanze pericolose in relazione all’ambiente.

 

La ricerca, finanziata dalla National Science Foundation e dal Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti, si è focalizzata sul trenbolone acetato o TBA, un analogo sintetico del testosterone con effetti sul sistema endocrino, che viene metabolizzato anche dall’animale,  che attraverso il letame dei bovini utilizzato come fertilizzante dei terreni finisce poi in fiumi e torrenti. La maggior parte dei bovini da carne allevati negli Stati Uniti sono trattati con TBA oppure con  uno degli altri cinque ormoni autorizzati che, una volta nell’acqua, sono in grado di interferire con i processi riproduttivi e i comportamenti dei pesci e di altre forme di vita acquatica.

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Le concentrazioni di TBA nell’acqua possono essere fino al 35% maggiori di quanto si pensasse

Sino al 2013, si riteneva che il TBA non fosse nocivo per l’ambiente, essendo un composto che si metabolizzato  rapidamente alla luce del sole. Due anni fa, però, uno studio ha dimostrato che con il buio il TBA si ricompone. Ora, la ricerca delle tre Università statunitensi ha indagato più a fondo scoprendo che le concentrazioni di TBA nell’acqua possono essere fino al 35% maggiori di quanto si pensasse e che la persistenza è del 50% più lunga di quanto valutato in precedenza. Come spiega Adam Ward, docente dell’Università dell’Indiana e principale autore dello studio, “questi composti hanno il potenziale di distruggere interi ecosistemi, alterando i cicli di riproduzione di molte specie, tra cui i pesci. Ci aspettiamo impatti che si estendono per tutta la catena alimentare acquatica”.

 

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