Un quinto dell’olio venduto nei supermercati è a marchio della catena distributiva

Quasi un quinto (in valore) dell’olio di oliva extravergine acquistato nei supermercati e ipermercati italiani ha il marchio della catena distributiva. Anche le principali aziende olearie confezionano per le insegne della grande distribuzione. Prendiamo il caso dell’olio extravergine Coop, prodotto da Monini, che propone sugli scaffali l’olio extravergine Monini Classico. Per il consumatore è difficile valutare eventuali differenze in base all’etichetta. Oltre alla tabella nutrizionale sono riportati altri parametri analitici come il contenuto di perossidi* (parametro inferiore o uguale a 12 per Monini e a 13 per Coop, rispetto al limite legale di 20) e l’acidità (0,4% per Monini e inferiore o uguale a 0,5% per Coop, rispetto al limite massimo fissato a 0,8%). L’olio è comunque ottenuto in entrambi i casi con olive coltivate in paesi dell’Unione Europea e le tabelle nutrizionali sono simili, come capita in genere per tutti gli extravergini.

La tabella nutrizionale degli oli Monini è ottenuta valutando il valore mediano dei diversi nutrienti nel corso dell’anno, ma la composizione acidica dei blend utilizzati non varia in maniera significativa. Sostanzialmente, fatta eccezione per alcune cultivar e/o provenienze particolari, gli oli Monini hanno una composizione acidica similare pur potendosi differenziare per altre caratteristiche come quelle organolettiche, proprio in base alle miscele utilizzate.

Nel caso dell’olio di oliva extravergine con il marchio dell’insegna Coop , il prodotto è frutto di blend appositamente predisposti per la catena distributiva, con specifiche chimico-fisiche ed organolettiche definite da Coop: non si tratta, quindi, di un mero cambio di packaging, ma di un prodotto diverso. L’olio extravergine Coop è una miscela di oli selezionati, provenienti da olive coltivate nei Paesi europei (Italia, Spagna, Grecia e Portogallo).

La differenza tra Monini Classico e l’extravergine Coop (prodotto da Monini) è nelle miscela usata per produrre l’olio

Il prezzo è di 4,38 euro per Coop e di 5,03 euro per Monini Classico, ma bisogna dire che l’olio extravergine di marca è soggetto a frequenti promozioni, più di quanto non accada al prodotto a marchio dell’insegna. La catena sottolinea che i rapporti con i propri fornitori sono regolati da un Contratto di Fornitura e da uno stringente Capitolato Tecnico nel quale sono definite le caratteristiche qualitative degli oli, le modalità di gestione ed i controlli da effettuare in ogni fase del processo produttivo. I controlli Coop sul prodotto a marchio prevedono sia audit che analisi chimico-fisiche-organolettiche, per garantire il rispetto dei requisiti previsti.

Oltre alle analisi di legge, presso il laboratorio centrale di Coop Italia si sta lavorando già da alcuni anni, in collaborazione con importanti Università, Istituti ed Enti di ricerca, per la messa a punto di nuovi metodi analitici contro le frodi, grazie all’utilizzo di un innovativo strumento, chiamato Heracles II. Tecnicamente è un gascromatografo evoluto (gascromatografo FAST a doppia colonna), abbinato ad un potente software statistico, che “annusando” o meglio analizzando le sostanze volatili emesse dai prodotti, definisce una sorta di carta d’identità o “impronta digitale” specifica del prodotto stesso. Tale modalità di analisi viene applicata, al momento, per verificare da parte della catena quanto dichiarato in etichetta per l’olio extravergine a marchio Coop e soprattutto per certificare l’origine nel caso del “100 % italiano”.

(*)Nota: Il numero di perossidi misura lo stato di ossidazione dell’olio

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SERGIO
SERGIO
2 Gennaio 2017 15:32

grazie delle prezione informazioni!

…però alla fine non ho capito una cosa: al di là della diversa composizione organolettica e della esigua differenza economica (65 centesimi di euro) è meglio stare sul Molini Classico che sembrerebbe avere una struttura qualitativamente di poco migliore oppure è meglio prendere quello della Coop che costa meno e garantisce un doppio controllo che, immagino, sarà effettuato dal produttore in sede di lavorazione e dal rivenditore in sede di verifica?

Dnidny
Dnidny
Reply to  SERGIO
10 Gennaio 2017 17:29

Penso che la Redazione non risponda per il semplice fatto che la scelta è personale: l’esperto ha fatto un raffronto in base a dati scientifici quantificabili, poi se è meglio un olio o l’altro lo deve decidere l’acquirente, Il Fatto Alimentare non può, giustamente, dare “consigli per gli acquisti”…
D’accordo sul fatto dell’utilità delle informazioni: dello stesso autore ho visto l’argomento olio extravergine, lo devo leggere bene.
Buona giornata

Maurizio
Maurizio
Reply to  SERGIO
11 Gennaio 2017 00:54

Caro Sergio, mi permetto io di darti una preziosa informazione. No so di quale parte del mondi tu sia e oltre i tecnicismi e di audit e controaudit, ti do un consiglio spassionato. Non andare al supermercato a comperare l’olio. Va nelle campagne che ti circondano e fa amicizia con un agricoltore, vai in mezzo al campo con lui e informati dove lo porta a molire, magari ti suggerisco un biologico serio o uno che non fa trattamenti e che non ha certificazioni da sventolare. Acquista direttamente da loro, lo so il prezzo sarà un po’ più alto ma, chiediti quanto costa al chilo le sigarette che ti fumi, la benzina che respiri, l’alcool che bevi… stiamo parlando di olio, insomma una roba seria, che potrebbe “sostituire” il latte materno per i neonati… e non farti infinocchiare con strutture e controstrutture chimiche da analizzare, è tutto uno specchietto per le allodole per il consumatore. Se si dovesse fare una analisi seria sulle misture di olio che vengono messe in commercio, ci accorgeremo delle alterazioni che in maniera più o meno raffinata si riescono oggi a fare. E poi quanto olio consumi mai per andare a vedere 65 centesimi al litro di costo in più??

dante
Reply to  SERGIO
11 Gennaio 2017 11:12

Sono d’accordo con Maurizio ma, da molti anni non acquisto più dal contadino olio e non per mancanza di fiducia. In diverse occasioni in passato, pur avendo acquistato direttamente nei piccoli frantoi l’olio appena uscito, ho riscontrato nel consumarlo, bruciore di stomaco dovuto, ritengo, alla eccessiva acidità dello stesso, infatti tali episodi si ripetevano l’anno successivo, in corrispondenza del consumo di nuovo olio e, terminavano con la interruzione dello stesso.
Forse servirebbe far dotare i frantoi artigiani di strumenti per la misurazione della acidità, da riportare sulla fattura o bolla di accompagno del prodotto, per ciascun lotto lavorato.

Ivan Furlanetto
Ivan Furlanetto
Reply to  SERGIO
11 Gennaio 2017 14:41

Caro Sergio, lo vuoi un consiglio? Acquista un buon olio DOP al supermercato, certificato da un Ente autorizzato. Non acquistare l’olio dal contadino che non garantisce un bel nulla perchè fare le analisi costa! Non acquistare olio dal contadino che, anche sa le sue olive sono eccezionali le porta a molire presso un frantoio nel quale il precedente produttore può aver molito delle pessime olive ed ha lasciato quindi l’impianto carico del suo olio che si mescolerà a quello del tuo contadino! E’ ora di finire di demonizzare i prodotti industriali in toto. Ha più da perdere un’industria o un contadino? Ps: questo vale anche per il vino del contadino.

giampaolo sodano
10 Gennaio 2017 17:57

vorrei osservare che non si fanno miscele per produrre olio. e monini come coop non producono nulla. l’unico produttore di olio dalle olive sono i frantoi oleari. i frantoi artigiani per processo produttivo e dimensioni sono gli unici produttori di olio extravergine di qualità. tutti gli altri operatori sono imbottigliatori o distributori, agricoltori o commercianti. nel settore dell’olio come più in generale nel settore del cibo agiscono molti soggetti e alcuni si definiscono produttori pur non essendo. a questa confusione contribuisce una legislazione europea e nazionale scritta tanti anni fa.

Piggio
Piggio
Reply to  giampaolo sodano
12 Gennaio 2017 10:33

Mi permetto di dissentire.
Le aziende olearie fanno proprio questo, cioè creano la miscela (blend) composta da diversi olii provenienti da differenti posti al fine di caratterizzare il prodotto finale che imbottigliano.

giampaolo sodano
Reply to  giampaolo sodano
12 Gennaio 2017 15:47

piggio ha ragione: le aziende olearie fanno miscele. i frantoi artigiani producono olio dalle olive. questa è la differenza.

maurizio
maurizio
14 Gennaio 2017 01:59

Caro ivan furlanetto.. la materia è complessa anche quando si deve scegliere, è vero. Purtroppo massificare considerazioni di qualità su i due fronti sembra proprio difficile e inutile, l’alimentazione non è uno spot.
Ci sono agricoltori sempre più sensibili e attrezzati che sanno valorizzare bene il loro prodotto attraverso miglioramenti di gestione e di sistema e altri che magari per arretratezza non sono così all’avanguardia.
Il vero dilemma sta proprio nel fatto che le persone non conoscono affatto quello che comprano poiché è scomparsa la cultura alimentare sostituta da messaggi spot del marketing incessante, incidendo in maniera sibillina del concetto mentale di qualità.
Consorzi ed enti non sono sempre garanzia assoluta di qualità… Il cosiddetto olio o vino del contadino a volte è migliore di tanti altri prodotti titolati e certificati. Ti dico solo per esempio più volte detto in altri post, che l’Italia è il primo esportatore di olio ma non è il primo produttore, quindi si fanno miscele, si fanno tagli, si fanno sofisticazioni, raffinate non nocive nella maggior parte dei casi, ma pur sempre reati. Il fatto è che se perdi l’artigianalità dei piccoli produttori, avanza l’industria che per cardini propriamente intrinseci alla gestione guarda più gli utili che le qualità…. il fatto è DOVE SI PONE IL CONSUMATORE?
Cosa si chiede quando va a comprare l’olio?