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Tra gli ortaggi esotici più diffusi c’è l’okra o gombo (di origine africana)

A fotografare il fenomeno è stata una recente indagine condotta nell’ambito del progetto “Nutrire la città che cambia”, sviluppato da Cia (Confederazione italiana agricoltori) Lombardia e Ases (ong che si occupa di solidarietà e sviluppo), in collaborazione con l’Università di Milano. L’obiettivo è intrigante: poiché le comunità di immigrati della Lombardia  chiedono sempre più di poter disporre di prodotti freschi tipici delle culture d’origine, si tratta di verificare se l’agricoltura lombarda abbia effettivamente le potenzialità per rispondere a questa domanda.

 

La prima fase del progetto, presentato pochi giorni fa a Milano, ha visto appunto la realizzazione di una sorta di censimento delle produzioni di “ortaggi esotici” già effettuate in Lombardia. L’indagine ha riguardato in particolare quello che arriva ai mercati generali di Milano, Brescia e Bergamo, dove sono presenti in forma stabile 21 imprenditori agricoli non comunitari, provenienti per lo più da Bangladesh, Cina, Pakistan e India. Tra i prodotti più diffusi si trovano la korola, una specie di zucchina amarognola coltivata soprattutto nel sud-est asiatico, alcune varietà di zucche asiatiche, il coriandolo, l’okra o gombo (di origine africana), peperoncini sudamericani e numerose varietà di cavoli orientali.

 

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Ai mercati generali di Milano, Brescia e Bergamo sono presenti in forma stabile 21 imprenditori agricoli non comunitari

«Certo il fenomeno è ancora debole e i produttori sono di dimensioni piccola o piccolissima» ha spiegato Fabrizio De Fabritiis, della società di consulenza Beni Pubblici che ha svolto l’indagine. «Però la domanda è destinata ad ampliarsi, mano a mano che saranno inserite nuove produzioni e sarà ampliata la filiera distributiva».

 

Il passo successivo del progetto sarà la sperimentazione della coltivazione di alcune di queste specie esotiche in aziende agricole lombarde. La Lombardia, del resto, si presta benissimo all’iniziativa, considerando che da secoli ha fatto proprie piante alimentari di tutto il mondo: dal riso dell’estremo Oriente al mais dell’America latina. «Per il momento stiamo valutando su cosa puntare» ha raccontato Stefano Bocchi, agronomo dell’Università di Milano. «Si tratta di fare un’analisi di quale potrebbe essere l’impatto agro-ambientale delle colture, di valutare il sistema di produzione da utilizzare – se convenzionale, biologico o integrato – e capire dove e come procurarci le sementi». Probabilmente all’inizio la scelta cadrà su cereali non graminacei come amaranto, quinoa e teff, sull’okra e sulle crucifere (parenti di cavoli, broccoli e cime di rapa) come mizuna e pak choi.

 

L’intenzione è di avere qualche raccolto già nella primavera-estate del 2014, anche se il grosso delle produzioni è atteso per il 2015, in contemporanea con l’Expo.

Se vuoi vedere i prodotti guarda la galleria fotografica che Il Fatto Alimentare ha realizzato.

 

Valentina Murelli

© Riproduzione riservata

Foto: Photos.com