Anche nella patria dei semafori sulle etichette degli alimenti, l’istinto prevale sulla razionalità: i consumatori del Regno Unito sono ben capaci di intendere le informazioni nutrizionali fornite sulle confezioni, ma affidano al gusto le proprie scelte d’acquisto.

Da quasi tre anni si dibatte in Europa su come fornire le notizie sulle caratteristiche nutrizionali in relazione ai prodotti. Gli approcci sono due:

– quello “discriminatorio”, che contrassegna ogni prodotto alimentare come “buono” (semaforo verde), “cattivo” (semaforo giallo) o “pessimo” (semaforo rosso) per la salute, in base alla composizione. Sono questi i costumi delle autorità britanniche (sistema dei traffic lights), olandesi (“healthy logo”) e dei Paesi scandinavi (“keyhole system”).

– quello “obiettivo”, che fornisce le informazioni tal quali, senza esprimere giudizi affrettati e inevitabilmente grossolani su ciascun alimento. In linea con gli insegnamenti della scienza nutrizionale, per i quali sono le diete nel loro complesso, e non i singoli componenti, a doversi valutare come equilibrate o meno.

Il Parlamento europeo, nel voto in prima lettura sulla proposta di regolamento per l’informazione sui prodotti alimentari, ha rigettato con fermezza l’idea di apporre i semafori sulle confezioni alimentari. «Le indicazioni nutrizionali in etichetta devono fornire informazioni obiettive affinché il consumatore possa scegliere in modo libero e consapevole», ha chiarito Paolo De Castro, presidente della commissione Agricoltura del Parlamento – «ma non devono in nessun modo condizionare né coartare le sue scelte». 

Per Elisabetta Gardini, V. presidente della commissione Ambiente e sicurezza alimentare, «Si corre il grave rischio di fomentare le patologie nervose legate al cibo che già affliggono molti giovani. Dobbiamo trasmettere la cultura alimentare come occasione di nutrimento e di equilibrio, di piacere e socialità. Travisare questa cultura con immotivati allarmi sulle etichette significa stimolare di continuo le pulsioni verso anoressia, ortoressia e bulimia».

In questi giorni è stato pubblicato uno studio* su 2000 consumatori inglesi, realizzato dall’Università danese di Aarhus con Eufic (European Food Information Council).

–       l’88 per cento dei consumatori è stato in grado di comprendere le caratteristiche dei prodotti che riportavano in etichetta un’informazione obiettiva (tabella nutrizionale e Gda**), mostrandosi capace di riconoscere gli alimenti più apprezzabili dal punto di vista della composizione

–       il livello di comprensione delle notizie è stato lievemente inferiore (84 per cento degli intervistati) nel caso di etichette con codici cromatici di tipo semaforico (verde, giallo, rosso)

–       solo il 27 per cento dei soggetti consulta le informazioni nutrizionali prima dell’acquisto. Vale a dire che neppure i semafori apposti sul fronte delle etichette sono in grado di condizionare le scelte alimentari.

L’interpretazione dei dati da parte dei ricercatori è positiva e induce ottimismo: le notizie in etichetta sulla composizione dei prodotti sono solo uno tra i diversi fattori, e neppure quello determinante, che possono motivare le persone verso scelte alimentari e di vita equilibrate. Perciò, prima di accanirsi nell’affollare le etichette di informazioni e dati, vale la pena di concentrarsi a educare i cittadini al buon vivere fin dall’infanzia, a metter loro a disposizione infrastrutture e risorse per l’attività fisica.

Un’ultima nota: poiché è il gusto a guidare le scelte, gli Autori invitano le industrie a mantenere grande attenzione sul sapore ogni volta che ri-formulano gli alimenti in chiave salutistica.

Dario Dongo

Foto: photos.com

 © Il Fatto Alimentare 2010 – Riproduzione riservata

———————————–

(*) Appetite 55(2):177-189,  “Nutrition Knowledge, and use and understanding of nutrition information on food labels among consumers in the UK”, Grunert, K., Willis, J.M., Fernandez-Celemin L

(**) GDA, Guideline Daily Amounts, o “quantità giornaliere indicative”. Un’informazione sintetica che esprime, in termini percentuali, in quale misura una porzione dell’alimento contribuisce al fabbisogno giornaliero medio raccomandato (es. 100 kcal = 5 per cento del fabbisogno energetico medio). Vedi anche http://www.whatsinsideguide.com, http://www.eufic.org/article/it/artid/Making_Sense_of_Guideline_Daily_Amounts