Un’indagine ha cercato di scoprire quali sono le scelte alimentari dei Millennials italiani

Quali sono le scelte alimentari dei giovani italiani, e che cosa le orienta? Questa la domanda cui ha voluto rispondere un’indagine promossa dal Laboratorio analisi politiche e sociali (LAPS) del Dipartimento di scienze sociali, politiche e cognitive (DISPOC) dell’Università di Siena in occasione del lancio del “Millennials Lab” del 2017, una manifestazione di incontri dedicati ai giovani che si è tenuto lo scorso maggio.

Lo studio, coordinato da Pierangelo Isernia, ha coinvolto circa mille persone residenti in tutta Italia e di età compresa tra i 16 e i 35 anni, interrogate su alcuni temi relativi al comportamento in ambito alimentare e non solo. Il quadro che ne è emerso è lo spaccato di una società, anche nelle fasce più giovani, che risente ancora pesantemente della crisi economica e della precarietà del lavoro, dal momento che l’elemento decisivo nelle scelte è quello economico, come si vede nel caso dell’olio di oliva.

Gli autori hanno proposto un’alternativa tra un olio extravergine di oliva italiano e una miscela comunitaria: i ragazzi non hanno avuto dubbi, hanno optato per quello nostrano, mostrandosi consapevoli del valore aggiunto di un prodotto tipico. Ma quando è stato imposto un prezzo ai due prodotti, e cioè rispettivamente 10 e 4 euro, la scelta è mutata radicalmente, e i fedeli dell’olio italiano sono passati dal 99 al 69%.

I Millennials affermano di voler mangiare meglio ma non ci riescono

Non a caso il 78% del campione ha affermato che vorrebbe, in generale, mangiare meglio, ma non ci riesce. È tuttavia rassicurante il fatto che, al secondo posto tra i criteri orientativi, i Millennials pongano il valore nutrizionale di ciò che mangiano (nell’85% dei casi), seguito dall’italianità e dalla stagionalità del prodotto.

Non esiste, com’è ovvio, un solo comportamento alimentare, ma ne sono stati individuati quattro: i consapevoli (circa un quarto del campione), che prediligono i cibi biologici e i marchi DOP, IGP e così via; gli sbrigativi (il 19% del campione), che non esitano di fronte ad alimenti confezionati e snacks; i politeisti alimentari (il 24% del totale), che consumano indifferentemente alimenti di qualità ma anche junk food, a seconda delle circostanze, e gli agnostici alimentari (un intervistato su tre), poco inclini sia agli alimenti bio e DOC sia al cibo di qualità inferiore.

Anche i ragazzi, come gli adulti, hanno categorie di alimenti più o meno amati (e forse di moda): su tutti, tra quelli temuti ed evitati – probabilmente non sempre con ragioni fondate – ci sono il latte vaccino e i suoi derivati, evitati dal 18% del campione, insieme a quello caprino (23%). Frutta e verdura, pasta e pane invece reggono abbastanza bene, essendo indesiderati da pochi punti percentuali di giovani. Tuttavia c’è un argomento cui è sensibile buona parte dei ragazzi, cioè la sostenibilità, in base alla quale quattro su dieci sarebbero disposti a modificare le proprie abitudini.

Per i Millennials, nativi digitali, i social media non sono affidabili come fonte di notizie

Ma è quando si va a indagare dove i Millennials traggono le informazioni che emergono tutte le caratteristiche tipiche dei nativi digitali. Se infatti i giovani mostrano una certa tendenza al complottismo (per esempio, più dell’80% teme i residui presenti negli alimenti, e molti – più della metà – sono d’accordo su affermazioni che descrivono complotti di aziende alimentari, o la presenza di ingredienti OGM nei cibi e così via), sono anche abbastanza consapevoli del rischio bufale, e disincantati sull’attendibilità di certe notizie. La fonte principale di informazioni resta la famiglia, seguita dal medico di base e dagli amici, mentre i social media e la tv sono in fondo alla classifica della fiducia. A metà graduatoria troviamo internet, la stampa tradizionale e anche i negozi di fiducia.

Infine, i ragazzi sanno poco di Politica agricola comunitaria, soprattutto se hanno un livello di istruzione non elevato. Chi conosce l’argomento,  meno di uno su due, vorrebbero più investimenti nelle zone rurali, viste come possibile motore di crescita economica e occasione di nuovi posti di lavoro.

“Dalla nostra indagine” ha commentato Isernia “emerge un quadro diversificato degli stili alimentari dei giovani italiani. La maggioranza è potenzialmente attenta e consapevole delle proprie scelte alimentari, ma anche per la difficile situazione economica del paese le considerazioni di convenienza e di prezzo sono preminenti. I giovani sono scettici verso la grande industria e la maggioranza teme che possa manipolare   la qualità dei prodotti per interessi economici”.

© Riproduzione riservata

Le donazioni si possono fare:

* Con Carta di credito (attraverso PayPal). Clicca qui

* Con bonifico bancario: IBAN: IT 77 Q 02008 01622 000110003264

 indicando come causale: sostieni Ilfattoalimentare.  Clicca qui

0 0 voti
Vota
2 Commenti
Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Maria
Maria
13 Luglio 2017 10:43

Potrebbe chiarire il discorso relativo alla “tendenza al complottismo”? Si tratta, piuttosto, di una tendenza al “voler essere informati in modo trasparente”, indicandola come “complottismo” sembrerebbe descrivere una massa di “paranoiati”. Secondo questa visione, anche la vostra testata parteciperebbe alla diffusione di teorie complottiste.
Grazie

ezio
ezio
13 Luglio 2017 13:13

Registro con soddisfazione che i consumatori italiani di tutte le età, “millennials” compresi in larga maggioranza, hanno le idee abbastanza chiare su cosa sia vantaggioso per loro, la salute e l’economia agroalimentare nostrana.
Avanti così rimarranno solo quelli del marketing aziendale di produttori fuori onda, a confondere le idee a quelli disattenti e comunque potenzialmente menefreghisti, che restano in tanti e sempre resteranno.