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Il lupino è una fonte alimentare ricca di proprietà nutraceutiche

Il lupino è un legume poco presente nelle tavole degli italiani, anche se l’analisi nutrizionale rivela ottime proprietà benefiche per la salute. La gente lo conosce perché si trova in alcune diete e perché è considerato una buona fonte di proteine dalle persone vegetariane. Per colmare questo deficit di conoscenza, durante  Expo, Milano ospiterà la quattordicesima edizione della Conferenza Internazionale sul Lupino, dal 21 al 26 giugno. Obiettivo degli organizzatori – guidati da Marcello Duranti, docente di biochimica dell’Università Statale – è portare il Lupinus Albus fuori dalla nicchia

L’approccio avverrà da diverse prospettive. La più rilevante è quella che considera il lupino una fonte alimentare ricca di proprietà nutraceutica e adatto ai celiaci essendo privo di glutine. Come spiega Cesare Sirtori, direttore del centro per le dislipidemie all’ospedale Niguarda di Milano e presidente della Società Italiana di Nutraceutica, «alle proteine alimentari è oggi riconosciuto un potenziale farmacologico, oltre che strutturale. Quelle contenute nel lupino aumentano l’espressione dei recettori per l’Ldl: così da ridurre, in maniera consequenziale, i livelli del “colesterolo cattivo” nel sangue. Ma alle proteine contenute negli alimenti va riconosciuta anche un’altra proprietà: quella di controllare il senso di fame e l’introito di cibo». Diverse ricerche hanno  provato ulteriori benefici garantiti da una dieta ricca di lupini: si va dalla riduzione della pressione sanguigna al miglioramento del transito intestinale, fino alla protezione dei vasi dalla formazione delle placche aterosclerotiche, preludio di infarti e ictus.

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Si terrà a Milano la conferenza sul lupino con il patrocinio di Expo

Il seme di lupino, secondo quanto riportato dalla banca dati di composizione degli alimenti dell’Istituto Europeo di Oncologia, è composto principalmente da acqua e proteine. Su cento grammi di prodotto umido,  16,4 sono proteine. Completano il profilo i carboidrati (7,2 g), le fibre (4,8 g) e una piccola quota di grassi vegetali (2,4 g): queste ultime assenti dalla soia. Come tutti i legumi, tra gli amminoacidi abbonda la lisina e scarseggiano la metionina, la cisteina e il triptofano. «Per questo motivo – afferma Chiara Magni, ricercatrice del dipartimento di scienze per gli alimenti, l’ambiente e la nutrizione dell’Università Statale di Milano – è opportuno abbinarli a una fonte di cereali, che apportano un quantitativo adeguato di amminoacidi solforati. Il consumo di trenta grammi di prodotto al giorno assicura il raggiungimento del 25% della dose giornaliera raccomandata per la quota di proteine. C’è di più. I lupini sono una valida alternativa anche per i diabetici per il ridotto contenuto di zuccheri e il basso indice glicemico». In realtà, per questi pazienti i maggiori vantaggi deriverebbero dalla conglutina-gamma, una proteina che mima l’effetto dell’insulina, le cui proprietà sono state descritte per la prima volta in uno studio pubblicato cinque anni fa su Nutrition, Metabolism & Cardiovascular Diseases e confermate successivamente in altri lavori. Oltre ai macronutrienti, i lupini assicurano un adeguato apporto di vitamine (folati, niacina, B6 e beta carotene) e sali minerali (potassio, calcio e fosforo).

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In Italia si coltiva il lupino bianco per uso alimentare umano

Nonostante queste proprietà e le origini mediterranee, il consumo è limitato, schiacciato dal suo parente prossimo: la soia. In Italia per uso alimentare umano si produce solo il lupino bianco, fra le tre specie esistenti. coltivato nelle regioni meridionali: Lazio, Campania, Puglia e Calabria, dove  tradizionalmente è anche presente nella dieta. Le maggiori coltivazioni si trovano in Australia e in Cile mentre in Europa primeggiano Polonia e Germania (tra i pochi Paesi, assieme alla Francia, ad aver investito a livello industriale sul prodotto). Secondo gli esperti è proprio  la scarsa disponibilità di ingredienti a base di lupino, l’elemento critico che ha ritardato l’ingresso sul mercato favorendo la soia. In Italia si trova quasi sempre cotto – il seme secco non è commestibile anche per l’elevato contenuto di alcaloidi – e conservato in salamoia. Qualche azienda italiana o multinazionale, come come Mopur Vegetalfood e Biaglut del gruppo Heinz, ha iniziato a lavorare sugli ingredienti, ma è difficile trovarli nella grande distribuzione.

Lo scenario potrà cambiare a breve con le nuove acquisizioni scientifiche, tra cui il sequenziamento completo del genoma. L’intento è dare inizio al miglioramento ulteriore del seme, già di per sé in grado di crescere su suoli poveri di nutrienti quali dune sabbiose o terreni lavici. Non essendo inoltre incline alla modificazione genetica, a differenza della soia, il lupino si presta anche al consumo da parte di tutti i consumatori che rifuggono dall’idea di portare a tavola gli Ogm.

Twitter: @fabioditodaro

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Sandro della cascina Cirenaica
24 Giugno 2015 08:34

Finalmente si parla di Lupino anche in Italia, come azienda agricola nel Parco Ticino stiamo coltivando i Lupini da diversi anni con discreti risultati, ma visti con occhi titubanti, ci auguriamo che il Lupino possa avere il meritato posto nella nostra dieta.

francesco
francesco
27 Giugno 2015 16:49

Grazie, a quanti hanno fatto le ricerche per una importante pubblicazione come questa sul lupino, veramente interessante e istruttiva e salutare.

LUCA
LUCA
28 Giugno 2015 18:24

Non si capisce bene l’ultima frase: se si “lavora sul genoma”, per “migliorare il seme”, vuole dire che siamo in presenza di modificazione genetica, al contrario di quanto affermato poco dopo.

O no?