spreco muffa 470777655
In alcuni casi può essere più conveniente distruggere in loco la merce anziché rimandarla indietro

Oltre alla questione del superamento della data utile per la vendita ai supermercati, i produttori hanno indicato altre due cause che contribuiscono a incrementare le eccedenze e quindi a generare sprechi. «Le perdite dovute ai processi di trasformazione dei prodotti alimentari, come nel caso della lavorazione della polpa di frutta e di alcune verdure durante la fase di pelatura-sbucciatura» spiega il tecnologo.

Il secondo elemento da considerare riguarda i resi contestuali alla consegna. «A volte la grande distribuzione rifiuta ordini con qualche difetto o imperfezione, magari di natura burocratica, e in alcuni casi può essere più conveniente distruggere in loco la merce anziché rimandarla indietro». Se una catena di ipermercati situata in Lombardia rifiuta prodotti freschi, con una breve shelf life provenienti dalla Sicilia, ad esempio, al produttore conviene procedere alla distruzione in loco piuttosto che accollarsi le spese di trasporto del viaggio di ritorno.

 

eccedenza alimentare 167116939
È necessario a livello locale, discutere per trovare nuove soluzioni cercando di rendere più flessibili certe procedure

Ma a quanto ammontano questi gli sprechi delle aziende interpellate che hanno risposto al questionario? Per il 30% degli intervistati si tratta di percentuali oscillanti da 0,3 a 0,5% delle vendite, mentre per il 46% è ancora meno, lo 0,05%. Si tratta però di un dato talmente basso da far sospettare che non sia proprio sincero.

In effetti, produrre eccedenze o, peggio ancora, sprechi, è considerato un comportamento sbagliato, negativo e può darsi che qualcuno cerchi di nascondere il problema o di minimizzarlo. Per quanto riguarda la gestione delle eccedenze, nel 25% dei casi queste diventano rifiuti (magari conferiti per lo smaltimento in ambito energetico), mentre nel 23% sono donate a strutture caritative, sia per cessione diretta sia attraverso banchi alimentari.

 

Il quadro emerso da questo studio locale sembra confermare quanto descritto dall’indagine del Politecnico: una situazione non drammatica, ma con margini di miglioramento. Secondo Zardetto, la chiave giusta per affrontare e ridurre il problema è l’approccio di filiera. «Mondo agricolo, mondo della produzione e mondo della distribuzione sono spesso in conflitto tra di loro pur essendo strettamente legati. È necessario a livello locale, sedersi attorno a un tavolo e discutere per trovare nuove soluzioni cercando di rendere più flessibili certe procedure. Per esempio, i produttori si potrebbero impegnare a inviare i prodotti con maggiore celerità e i distributori dovrebbero in alcuni casi riceverli anche se hanno superato i due terzi della data di scadenza».

 

Valentina Murelli

© Riproduzione riservata

Foto: Thinkstockphotos.it

0 0 voti
Vota
5 Commenti
Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Gianluca Vacca
Gianluca Vacca
30 Aprile 2014 13:12

Una buona idea la avuta la catena Eataly. I prodotti in prossimità di scadenza viene venduto con sconti vicini al 50%. Ed infatti io sono un usufruitore di questa iniziativa.

Valeria Nardi
Reply to  Gianluca Vacca
30 Aprile 2014 13:26

gentile Gianluca,
per fortuna sono molte le catene di supermercati che attuano politiche di questo genere. Avevamo approfondito l’argomento in questi due articoli: http://www.ilfattoalimentare.it/prodotti-in-scadenza-lotta-spreco.html http://www.ilfattoalimentare.it/prodotti-in-scadenza-ao-meta-prezzo.html

marco luzzini
marco luzzini
7 Maggio 2014 08:31

E’ molto positiva l’iniziativa degli sconti sui prodotti prossimi al TMC, ma non è a mio parere la soluzione definitiva.
Il problema è il TMC in sé che in gran parte dei prodotti non rispecchia la curva di qualità reale del prodotto,in alcuni casi è troppo corto, in altri troppo lungo; in tantissimi casi è un mero numero burocratico dettato da regole come quella dei “due terzi residui” che altretutto fuorvia il consumatore sulla reale qualità del prodotto.
Sono rari i produttori che hanno compiuto studi seri sul reale TMC dei loro prodotti.

A questo si aggiunge una vasta incompresnione del TMC: benché la comunità Europea si affanni a dichiarare che un prodotto oltre il TMC può essere venduto e consumato (TMC = termine MINIMO di conservazione), di fatto l’opinione prevalente dei consumatori continua a considerare il TMC come una scadenza e cioè un “termine MASSIMO” di conservazione.

CHE CE NE FACCIAMO DI UN CARTELLO CHE CI INDICA LA DIREZIONE ERRATA?

glmazzolari
glmazzolari
12 Maggio 2014 15:14

Ma chi determina la scadenza/TMC/da consumarsi preferibilmente entro…/ etc etc, da assegnare ai vari prodotti?
Il produttore, al quale compete eventualmente di prepararsi a motivare il proprio operato.
sbaglio?
glm

Roberto La Pira
Reply to  glmazzolari
12 Maggio 2014 19:31

È il produttore che in base al trattamento industriale , al tipo di confezioanmento e alla materia prima stabilisce il TMC . Eccezion:poche uova e latte