Il bilancio della più grave contaminazione da Listeria da oltre un decennio in corso negli Stati Uniti è grave: 15 morti e 84 intossicati, e purtroppo l’elenco delle vittime è destinato ad aumentare nelle prossime tre-quattro settimane. La causa sembra una partita di meloni distribuiti tra il 29 luglio e il 10 settembre da un’azienda del Colorado, la Jensen Farms, in 18 Stati.

Il caso, che sta allarmando le autorità sanitarie, è apparso subito serio per le insolite modalità di diffusione del batterio: attraverso un frutto e, in particolare, per la prima volta il melone (benché negli Stati Uniti nel 2003 fosse già stata richiamata una partita di meloni contaminati e il melone fosse stato identificato come causa di listeriosi in indagini epidemiologiche nel 2007).

Spiega a Ilfattoalimentare.it Antonello Paparella, ordinario di microbiologia alimentare dell’Università di Teramo: «La listeria è uno dei pochi patogeni che si riproduce bene alle basse temperature ed è quindi possibile che abbia avuto modo di replicarsi in un punto qualunque della filiera (magazzini, camion-frigorifero, supermercati, frigoriferi dei consumatori), fino a raggiungere la dose infettante.

Inoltre, c’è una caratteristica che la rende particolarmente insidiosa: i sintomi dell’intossicazione si manifestano in un periodo di tempo che può variare da pochi giorni a otto settimane, a seconda dello stato del sistema immunitario dell’ospite. Ciò rende più complicata la diagnosi e la ricerca dell’alimento implicato, dal momento che si deve ricorrere alla memoria dei pazienti».

Questo è anche uno dei motivi per cui le epidemie sono rare, ma meno di quanto ci si potrebbe aspettare perché spesso si interviene tardivamente. Per esempio, sempre negli Stati Uniti nel 1998 la contaminazione di hot dog e salumi ha provocato la morte di 32 persone e il contagio di un centinaio di cittadini.

E in Italia? Continua Paparella: «Il limite consentito di Listeria monocytogenes in Europa è di cento cellule per grammo di alimento, mentre la dose infettante è stimata pari a mille per grammo. La normativa europea, inoltre, stabilisce una serie di controlli e provvedimenti molto precisi da assumere in caso di positività, e anche per questo il numero di casi è tutto sommato limitato.

Tra l’altro le aziende, muovendosi dentro un quadro normativo chiaro, hanno tutto l’interesse a eseguire controlli scrupolosi. Restano comunque differenze significative da paese a paese: per esempio, in Italia si stima che vi siano 0,2 casi ogni 100.000 abitanti, cioè poco più di cento casi all’anno, ma nel Nord Europa il numero sale sensibilmente, per esempio in Danimarca è di 1,8 casi su 100.000 abitanti. Questo accade perché tra gli alimenti ideali per la proliferazione della Listeria ci sono i pesci affumicati, come il salmone, e i latticini ottenuti con latte non pastorizzato; non a caso gli altri paesi più a rischio sono quelli francofoni, Francia, Svizzera e Lussemburgo in testa».

Secondo i Centers for Disease Control (Cdc) di Atlanta, i meloni possono essere assimilati ad altri alimenti particolarmente a rischio come i germogli perché non vengono cotti e perché la lama del coltello che li taglia è un ottimo veicolo per trasportare i batteri dalla buccia o dalla superficie alla polpa. Non a caso dal 1990 a oggi solo negli Stati Uniti vi sono stati ben 36 focolai di infezione veicolati da meloni. Ciò non significa che si debbano eliminare dalla dieta, ma solo che è importante ricordare alcune precauzioni sia in questo specifico momento sia in generale:

Comprare frutta e verdure fresche più spesso e consumarle nel giro di pochi giorni; in questo modo non si dà il tempo alla Listeria e ad altri batteri patogeni di replicarsi e assicura un contenuto più elevato di nutrienti.

Non basta lavare il melone. Per avere un buon margine di sicurezza bisogna sbucciarlo sotto l’acqua corrente e poi lasciarlo asciugare perché se lo si taglia quando è bagnato si corre il rischio di trasportare i batteri dalla buccia alla polpa.

Conservare il melone e in generale frutta e verdura a 4°C o a temperature inferiori perché al di sopra di tale soglia possono replicarsi molti tipi di batteri.

Tagliare il melone poco prima del consumo, curando con attenzione l’igiene dei coltelli e delle superfici a contatto con l’alimento.

Non pensare che i prodotti biologici siano più sicuri; contengono meno pesticidi, ma non necessariamente meno microrganismi.

Considerare la possibilità di eliminare dalla propria dieta alimenti particolarmente a rischio soprattutto se si è in gravidanza o se si ha una compromissione del sistema immunitario. Tra le categorie che devono prestare più attenzione vi sono anziani e bambini.

Infine, c’è un aspetto paradossale nella vicenda dei meloni alla Listeria, così come in altre crisi simili, sottolineata da molti esperti, compresi quelli dei Cdc: le contaminazioni non potranno mai essere del tutto evitate e diventeranno più frequenti – come è già oggi rispetto al passato – non tanto perché siano diminuiti i controlli o sia stato in generale abbassato il livello di sicurezza, ma perché le persone mangiano molti più vegetali rispetto a qualche anno fa e perché ora i controlli si fanno più di prima, e permettono di individuare i responsabili di intossicazioni alimentari molto più spesso rispetto a ciò che accadeva qualche anno fa.

Agnese Codignola

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