Donna con occhiali esamina l'etichetta di un sacchetti di insalata

In questi giorni a Strasburgo si vota la proposta di regolamento UE sull’informazione al consumatore relativa ai prodotti alimentari. L’argomento è molto importante perchè il testo prevede nuove regole per le etichette  dei prodotti  e la relativa pubblicità oltre ad  estendere le norme al mondo del web. Per gli operatori del settore si tratta di una partita forse più importante della finale dei Mondiali di calcio in Sudafrica. Per i consumatori il discorso è altrettanto decisivo perchè si tratta delle indicazioni che dovranno essere riportate sulle confezioni. Il testo in discussione prevede l’obbligo di stampare su tutti i prodotti confezionati  l’etichettatura nutrizionale nel formato Big 8 . Questo vuol dire che dovranno essere indicate ben otto voci (valore energetico, proteine, carboidrati, zuccheri, acidi grassi, grassi saturi, fibre alimentari e sodio) riferite a 100g/ml di prodotto e /o ad una  porzione. I valori riferiti ad una porzione sono importanti per prodotti come  caramelle, chewing-gum o anche all’olio di oliva dove i valori potranno essere  riferiti ad un cucchiaio.

Un punto molto delicato riguarda l’indicazione relativa all’origine delle materie prime, che secondo  alcuni dovrebbe diventare obbligatoria per le carni, i prodotti lattiero-caseari e quelli composti da un solo ingrediente. Altri suggeriscono un approccio meno rigido e propongono di valutare  gli alimenti singolarmente, previa valutazione dell’impatto economico sulle singole filiere. Ciò che davvero preoccupa è il capitolo VI della proposta, quando si prevede che ogni Stato membro possa imporre in etichetta  ulteriori notizie rispetto a quelle stabilite dall’Unione europea. Accogliere la proposta vorrebbe dire  invalidare  i principi base del Mercato unico e della libera circolazione delle merci in vigore in tutta l’Europa, in nome dell’orgoglio nazionalista e degli interessi locali.   L’adozione del provvedimento vorrebbe dire ritornare agli anni in cui esistevano le frontiere  con le relative barriere doganali, decise per difendere i prodotti nazionali e limitare la concorrenza.

Gli operatori sarebbero costretti a modificare le etichette in virtù degli aggiornamenti legislativi  decisi dai 27 Paesi, ad affrontare burocrazie e certificazioni per poter apporre i logo imposti in ciascuna nazione, e dovrebbero modificare ogni volta le diciture. Per i consumatori e le autorità di controllo sarebbe il caos. Il legislatore europeo deve onorare il Trattato e non abdicare al proprio ruolo di protagonista nel regolare il commercio delle merci alimentari, quelle che più di tutte circolano in Europa. Così si spera. Altrimenti, tra il ballo delle debuttanti e il teatrino dei localismi, sarà farsa e tragedia.

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