formaggio

latte in polvereIl 5 agosto, la commissione agricoltura della Camera dei deputati ha approvato una risoluzione unitaria, con il parere favorevole del governo, in merito all’etichettatura e alla tutela delle produzioni lattiero-casearie nazionali. La risoluzione prende spunto dal fatto che la Commissione europea ha contestato all’Italia la legittimità delle disposizioni contenute nella legge n.138 del 1974, che vieta ai produttori italiani di detenere latte in polvere negli stabilimenti dove si producono formaggi. La produzione dei formaggi può essere fatta con diverse materie prime, sia in Italia che nell’Unione europea, infatti si può usare sia latte fresco che cagliate oppure cagliate congelate o semi-lavorati. Però, mentre in Italia è vietato l’uso di latte in polvere, nelle altre nazioni europee questo è possibile e i formaggi prodotti con latte in polvere possono essere commercializzati in Italia, senza alcuna informazione in etichetta, il che viene giudicato “inaccettabile” dalla risoluzione, perché pone il consumatore in “una situazione assurda”, dal momento che non può essere informato correttamente.

Su richiesta del governo, la Commissione europea ha concesso all’Italia una proroga fino al 29 settembre 2015 per rispondere alla lettera di diffida, che chiede all’Italia di porre fine al divieto di detenzione e utilizzo di latte in polvere, latte concentrato e latte ricostituito per la fabbricazione di prodotti lattiero caseari.

lattosio assortment of dairy products (milk, cheese, sour cream, yogurt)Come già sottolineato da Il Fatto Alimentare, i deputati della commissione agricoltura riconoscono che “un adeguamento del diritto nazionale a quello comunitario, come chiesto da Bruxelles, non riguarda le produzioni DOP e IGP, per le quali non sarà mai possibile un utilizzo di materie prime diverse da quelle indicate nei rispettivi disciplinari”. Tuttavia, nella risoluzione si afferma che “la fine del divieto di detenzione e utilizzo di latte in polvere, concentrato o ricostituito, per la produzione di formaggi e yogurt, rappresenterebbe senza dubbio una soluzione al ribasso, che rischia di compromettere la qualità di oltre 400 produzioni nazionali, in gran parte formaggi, la cui specificità ed originalità sta proprio nella qualità della materia prima utilizzata, ovvero il latte, oltre che nel valore dei saperi e dei territori; una simile previsione danneggerebbe irrimediabilmente il patrimonio agroalimentare italiano, frutto di una attenzione particolare alla qualità delle materie prime impiegate ed appare invece sostenere gli interessi delle multinazionali dell’industria alimentare e di una concezione di cibo come merce disponibile a basso prezzo”.

formaggio grana iStock_000011603474_SmallLa risoluzione osserva che “l’etichettatura dei prodotti alimentari si dimostra un tema sempre più sensibile nel rapporto tra Italia e Unione Europea, considerato che la prima vanta un’eccellenza nella produzione dei prodotti agroalimentari che non ha pari negli altri Paesi, mentre la seconda resta tuttora ancorata ad un concetto di tutela della libera concorrenza imperniato nel rendere obbligatorie solo le indicazioni necessarie per distinguere le proprietà organolettiche dello stesso prodotto, a discapito dell’importanza che il consumatore attribuisce alle indicazioni relative alla provenienza e alle caratteristiche del processo produttivo del bene posto in vendita”.

Fatte queste premesse, la risoluzione approvata dalla commissione agricoltura della Camera “impegna il Governo ad intraprendere ogni utile azione volta a tutelare le produzioni lattiero-casearie italiane non certificate DOP ed IGP, in modo da mantenere in vigore le disposizioni recate dalla legge n. 138 del 1974, e ad assumere iniziative volte alla revisione del regolamento (UE) n.1169/2011, per introdurre l’obbligo di indicazione in etichetta di quante più informazioni possibili relativamente ai prodotti lattiero-caseari, con particolare riguardo all’utilizzo di latte fresco o cagliate o cagliate congelate o semilavorati nel prodotto iniziale e all’indicazione della presenza o meno di furosina, ovvero ad individuare ogni utile misura, tenuto conto della compatibilità con il diritto comunitario, che sancisca l’obbligo, almeno a livello nazionale, di tali indicazioni”.

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