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Ogni anno milioni di litri di latte vengono ritirati dal commercio anche se la scadenza indica ancora 2-3 giorni di validità

In Italia milioni di litri di latte fresco di alta qualità, ancora in ottime condizioni di conservazione, vengono destinati  all’alimentazione animale e solo in parte recuperati dalle onlus.

Si tratta di uno spreco assurdo: stiamo parlando del migliore latte in commercio ritirato dagli scaffali due-tre giorni prima della scadenza perché, secondo i responsabili dei supermercati, i consumatori non lo comprerebbero. Questo latte finisce in buona parte nei centri specializzati nella lavorazione dei sottoprodotti e trasformato in mangime per animali.

 

Il latte fresco è uno dei pochissimi prodotti alimentari con una scadenza fissata dalla legge (sette giorni a partire dal giorno di confezionamento), anche se tutti gli esperti sanno che quando la materia prima è di buona qualità e la bottiglia viene conservata bene nel frigorifero di casa, si può tranquillamente bere uno-due giorni dopo senza problemi.

 

L’aspetto paradossale è che la legge affida alle aziende alimentari la libertà di scegliere la scadenza dei prodotti in relazione alla qualità della materia prima, al trattamento, alle condizioni di imballaggio, tranne per il latte fresco e le uova.

Forse quando è stata varata la norma, una decina di anni fa (legge 3 agosto 2004 n. 204), il discorso aveva un senso, oggi però questi vincoli sembrano superati.

 

Nonostante la dilazione della scadenza, il latte sparisce dagli scaffali due tre giorni prima della data indicata. Il ritiro non è stabilito da norme, ma si tratta di accordi tra aziende produttrici e supermercati, per cui ogni mattina, quando il camion frigorifero consegna i cartoni, ritira le confezioni in scadenza. Le spese di questa operazione sono a carico del produttore e possono arrivare fino al 5% del fatturato. Perchè non ridurre questo spreco e devolvere il ricavato agli allevatori aumentando il prezzo della materia prima?

 

latteLa questione merita attenzione perché molti supermercati e ipermercati promuovono la vendita del latte fresco con il loro marchio che costa il 20-30% in meno, e rendono meno visibile quello di marca utilizzato come riserva. In questo modo il latte con il nome del supermercato finisce sempre, mentre l’altro resta sino a tarda sera sugli scaffali. 

 

Il punto vendita garantisce così un servizio ai clienti senza rischi, visto che il latte in scadenza viene ritirato a costo zero. La soluzione più semplice sarebbe vendere a metà prezzo le confezioni in scadenza, ma si tratta di una scelta non gradita dai supermercati in quanto comporta la creazione di nuovi spazi e una riduzione del margine di guadagno.

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Danilo
Danilo
15 Dicembre 2012 12:16

Egr. dott. La Pira, mi risulta che, in base alla legge citata nell’articolo, la data di scadenza del latte fresco è calcolata al sesto giorno dal trattamento termico non al settimo dal confezionamento, come ho già letto proprio in questo sito.
La differenza è fondamentale: Se fosse come detto nell’articolo potrei pastorizzare il latte e dilazionarne il confezionamento di alcuni giorni (pratica tecnologicamente possibile) con indubbi vantaggi economici ma probabile diminuzione delle caratteristiche organolettiche. In base a quanto prescritto dalla legge invece il produttore ha tutto l’interesse a confezionare subito dopo il trettamento termico.

Martino
Martino
7 Dicembre 2012 23:11

donare il latte scaduto? i grandi supermarket ne trarrebbero pubblicità e farebbero del bene a chi è in difficoltà economiche.

Luca
Luca
10 Dicembre 2012 10:19

Dott. La Pira, è sicuro che il latte fresco, una volta esaurita la sua "vita" commerciale finisca in discarica? A parte gli enormi costi di smaltimento che comporterebbe ciò, si tratterebbe di buttare un capitale dato che quel latte ha ancora un valore come materia prima per tantissime lavorazioni dell’industria casearia. Quel prezioso contenuto di grasso e di proteine possono essere gettate alle ortiche secondo lei? Panna, burro, alimenti proteici e tanti altri prodotti possono tranquillamente derivare dal latte ritirato dal mercato. Io sono il primo a non allarmarmi quando vedo sopraggiungere la data di scadenza del latte fresco che consumo quotidianamente, e acquisto il latte fresco prossimo alla scadenza quando viene venduto a metà prezzo, ma non sono d’accordo all’informazione "viziata".
Le consiglio di contattare per avere maggiori informazioni in merito, il Prof. Mucchetti dell’Università di Parma, dipartimento degli alimenti, docente di "tecniche casearie" e tra i massimi esperti e conoscitori del settore caseario in Italia.
Sono sicuro che sarà disponibilissimo a chiarire qualsiasi suo dubbio in merito .

piero
piero
11 Dicembre 2012 14:34

Un consiglio per i consumatori è di acquistarlo al miglior prezzo facendone scorta (massimo 2 mesi) congelarlo nel congelatore di casa ( attenzione porre il congelatore a -25/30 durante il congelamento), scongelarlo nel frigo e utilizzarlo entro 4 gioni dallo scongelamento

mauro
mauro
18 Dicembre 2012 13:50

Stranezze ne ho sentite, ma acquistare latte fresco e congelarlo nel freezer di casa è tra le top 5. Se ha senso consumare latte fresco per le migliori proprietà rispetto all’UHT, non vedo il senso di congelarlo in condizioni non certo ottimali (nel proprio freezer). A questo punto è meglio l’UHT, a mio parere.

jacopone
jacopone
19 Dicembre 2012 12:46

Il problema del latte reso sta assumendo dimensioni drammatiche. Iconsumi di latte fresco stanno calando (-6%) e la quota delle private label sta aumentando, per cui ormai i resi dal commercio sono arrivati a rappresentare il 6% dei volumi venduti. E non serve a nulla, al riguardo, nemmeno il famoso art. 62, perché nessun produttore può denunciare l’imposizione della GDO in metito al ritiro dei resi come pratica sleale, se non vuole perdere il cliente. La vera pratica commerciale scorretta, comunque, è quella di rendere disponibile per il consumatore il prodotto di marca solo quando ha esaurito le scorte del proprio prodotto private label, è qui l’art. 62 non c’entra nulla.
Il dramma è che, in pratica, si voglia relegare il latte a mera commodity, come già avviene in gran parte del mondo, costringendo l’industria, pian piano, a lavorare solo per conto terzi.
Non manca molto tempo perché ciò avvenga.
Oggi l’art. 62 da una mano alla GDO a far fuori dal mercato il normal trade e la piccola distribuzione; qundo avrà il controllo completo del mercato …. farà fuori pure le marche!

Roberto La Pira
Roberto La Pira
24 Dicembre 2012 11:13

Costante – il latte microfiltrato ha un altro sapore e per un bevitore di latte e’ un aspetto importance.

Costante Pinelli
Costante Pinelli
20 Dicembre 2012 20:33

Se fosse vero che viene gettato tanto latte fresco "di alta qualità", che peraltro in base alle leggi ed alla situazione produttiva e di gestione attuale è ormai , non solo in Italia, ma in tutta Europa semplicemente "latte pastorizzato di ‘dovuta qualità‘, se proprio si vuole aumentarne il periodo di conservazione, senza assolutamente inficiare la qualità della materia prima ‘di buona e ormai normale qualità agricola secondo le indicazioni del DM 185, ed applicando "il più basso danno termico compatibile con la sicurezza igienica" in modo da soddisfare anche le caratteristiche chimico fisiche oggettivamente dimostrabili indicate nella legge n.169, la via più sicura, senza ulteriori, inutili e sterili polemiche, è la MICROFILTRAZIONE, che lo stesso consumatore ha già da tempo riconosciuto come capace di garantire nel tempo di 15-25 giorni (secondo il rispetto della catena del freddo)le caratteristiche migliori di un buon latte sottoposto a pastorizzazione.

Roberto La Pira
Roberto La Pira
25 Dicembre 2012 11:19

Danilo. La scadenza del latte fresco è 6 giorni oltre quello del confezionamento e quindi sono 7 in totale.

costante
costante
23 Dicembre 2012 09:13

Perché non comprare latte Microfiltrato pastorizzato, che sostanzialmente equivale a quello pastorizzato cosiddetto di Alta Qualità, spessoè anche migliore, e dura oltre il doppio avendo filtrato la quasi totalità dei microbi senza alterare le altre componenti!!

Roberto La Pira
Roberto La Pira
31 Dicembre 2012 08:20

Luigi, che il latte invenduto sia utilizzato come supporto al mangime per animali è un’ottima idea. Il problema è che si usa un prodotto che ha ancora 2-3 giorni di validità o se preferisce un prodotto giunto al 60% della scadenza. Si dovrebbe trovare il metodo di vendere questo latte ancora ottimo e poi, se rimane effettivamente invenduto destinarlo alla mangimistica. Il pane dopo 24 ore in genere non è più fresco e questo lo rende non più commerciabile e quindi giustamente viene destinato alla mangimistica. Lei sa che in famiglia il pane avanzato viene messo in freezer e si mangia il giorno dopo

Luigi Tozzi
Luigi Tozzi
30 Dicembre 2012 16:46

Il recupero del latte invenduto utilizzato in supporto al mangime aiuta a produrne di meno ed è una delle modalità di lotta allo spreco alimentare compatibile con l’ambiente che la Commissione europea guarda con molta attenzione. Sostenere che questa pratica sia uno spreco assurdo, è vedere solo una parte del fenomeno.
Ora mi aspetto un suo articolo contro il riutilizzo del pane come mangime, che avviene quotidianamente in moltissime aziende d’allevamento italiane ed europee (e lì non ci sono frigoriferi da incolpare). E magari anche un’altro sul reinterramento dei prodotti agricoli che non vengono raccolti.