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I cuccioli di orango orfani sono centinaia

In Indonesia, nell’isola di Borneo sono ospitati in un centro di riabilitazione e di reinserimento circa 500 oranghi orfani a causa degli incendi e della distruzione delle foreste pluviali. L’orfanatrofio dei cuccioli, fondato nel 1999 dalla conservazionista danese Lone Droscher Nielsen, si trova nella provincia di Kalimantan, si chiama Nuary Menteng e vi collaborano più di 200 persone. In natura, i piccoli oranghi restano con la madre fino a sei-otto anni e possono morire se non vengono nutriti e coccolati. Nel centro Nuary Menteng i volontari  insegnano ai piccoli oranghi come arrampicarsi sugli alberi, trovare cibo, riconoscere un pericolo, costruire una dimora come si suppone facciano le madri.

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Gli oranghi hanno bisogno della madre fino ai 7-8 anni

Secondo le stime della Banca Mondiale, gli incendi che nel 2015 hanno devastato 2,6 milioni di ettari di foreste e torbiere indonesiane sono costati all’economia del paese asiatico 16,1 miliardi di dollari e sono stati in gran parte di origine dolosa, per fare spazio alla coltivazione di palme. Circa un terzo dei terreni bruciati erano torbiere e questo ha causato l’emissione di grandi quantità di fumi, che hanno invaso ampie zone della regione, comprese grandi città, causando danni ai trasporti, al commercio, al turismo, costringendo alla chiusura forzata delle scuole. Gli impatti negativi sulla salute sono stati rilevanti, con infezioni respiratorie che hanno colpito oltre mezzo milione di persone e che hanno comportato grandi emissioni di gas a effetto serra.

Oggi meno di 50.000 oranghi vivono ancora allo stato libero nelle isole di Borneo e Sumatra, una delle aree dove la coltivazione di palme è più diffusa: migliaia di animali sono stati uccisi o feriti come diretta conseguenza delle coltivazioni, o sono morti in seguito alla deforestazione.

 

 

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alessandra
alessandra
19 Aprile 2016 18:46

L’uomo è il peggiore abitante della terra, sta distruggendo quanto di più bello c’è nel pianeta, non ha ancora compreso che stiamo autoditruggendoci