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La carne del Kebab in alcuni punti vendita di Roma contiene anche maiale. È quanto emerge da uno studio realizzato su 44 esercizi nella capitale che evidenzia anche altre irregolarità  di minor rilievo in almeno in 9 esercizi.

La decisione di esaminare il tipo di carne utilizzata nello spiedo di kebab posizionato in bella vista in questi tipici fast-food arabeggianti, è stata presa da Bianca Maria Varcasia, tecnologa alimentare dell’Istituto Zooprofilattico di Toscana e Lazio, incuriosita dai risultati di alcune indagini svolte in Europa.  Dai dati della letteratura la situazione negli altri Paesi non risulta proprio entusiasmante.

Nel biennio tra il 2008 e il 2009 in Inghilterra i ricercatori hanno rivelato che «più del 50% dei döner kebab contiene carne diversa da pollo o vitello […] tra cui quella di pecora o maiale». Per la precisione va detto che in Italia è più diffuso il döner kebab (in turco) o shawarma (in arabo) a base di carne di vitello, pollo e tacchino tagliata a fettine, condita con spezie e aromi e impilata su uno spiedo verticale rotante. Lo studio italiano è stato realizzato a Roma su 44 campioni di kebab, prelevati dai Servizi Veterinari delle ASL di competenza presso alcuni negozi nel periodo 2010-2011, e analizzati dal Laboratorio di Biotecnologie applicate alla Sicurezza Alimentare dell’Istituto Zooprofilattico.

Il gruppo di esperti – composto da Bianca Maria Varcasia, Paola De Santis responsabile del laboratorio, Stefano Bilei, responsabile della Direzione Operativa Controllo Alimenti, nonchè da tutto lo staff del laboratorio – ha dunque analizzato i campioni, processandoli con la tecnologia “microarray” (GeneTop Meat™ kit, LifeLine Lab, Italia). Questa metodologia consente di rilevare e distinguere la presenza di carni avicole (pollo e tacchino), da altri tipi (bovine, suine, ovine, caprine, bufaline ed equine) e di evidenziare l’eventuale frode commerciale. Il metodo permette di identificare anche la presenza di altre carni meno diffuse in Italia eventualmente aggiunte in modo fraudolento. Lo studio italiano è stato realizzatosu 44 campioni di kebab, prelevati dai Servizi Veterinari delle ASL di competenza presso alcuni negozi nel territorio di Roma nel periodo 2010-2011, e analizzati dal Laboratorio di Biotecnologie applicate alla sicurezza alimentare dell’Istituto Zooprofilattico.

Che cosa è risultato? 33 campioni di kebab sono risultati preparati con carne di pollo, tacchino e vitello, in conformità a quanto dichiarato in etichetta e riportato nella letteratura scientifica. Negli altri 11 campioni  mancava l’etichetta oppure le dichiarazioni non corrispondevano a quanto riscontrato in laboratorio (in 9 kebab non è stata trovata la carne bovina dichiarata in etichetta). In realtà l’aspetto più rilevante riguarda la presenza di carne suina in 2 kebab.

Siamo di fronte ad una frode commerciale e in parte sanitaria, perchè la presenza di carne suina non dichiarata può rappresentare un pericolo per chi soffre di allergie alimentari. C’è poi una spetto etico da considerare, la presenza di carne di maiale lede il diritto di scelta di musulmani ed ebrei ai quali il consumo di questa carne è espressamente vietato.

© Riproduzione riservata. Foto: Photos.com

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elsak
elsak
10 Dicembre 2012 09:13

io vivo a Roma e mangio regolarmente kebab, non si può sapere quali sono gli undici esercizi che contravvengono alle regole?

Roberto La Pira
Roberto La Pira
7 Dicembre 2012 11:53

Guido, questo aspetto è stato evidenziato dagli autori. E’ vero che da noi la carne di maiale non figura nell’elenco degli allergeni che è obbligatorio dichiarare in etichetta. Si tratta però di un obbligo legislativo quello di dichiarare l’elenco degli ingredienti.

Guido
Guido
7 Dicembre 2012 11:39

Sicuramente non è una bella scoperta per la comunità islamica. Tuttavia ho un dubbio. Lei dice che "la presenza di carne suina non dichiarata può rappresentare un pericolo per chi soffre di allergie alimentari": non mi risulta che la carne di maiale contenga allergeni, sicuramente non è tra i 14 regolati a livello comunitario. La legislazione Giapponese prende in considerazione anche questo tipo di carne menzionandola tra gli allergeni maggiori, ma stessa cosa fa con la carne di manzoe e di pollo, con le arance, le banane e le mele (insomma i giapponesi hanno seri problemi di allergie), ma in Europa le ose sono un po’ diverse, per quel che ne so. Potrebbe, gentilmente, chiarire questo punto?

Marco
Marco
7 Dicembre 2012 14:55

Guido, sbagli. Ti dico solo che conosco tre o quattro amici allergici alla carne di maiale 🙂 buona giornata

Giorgio
Giorgio
12 Dicembre 2012 08:20

Interessante che qualcuno si sia (finalmente) posto il problema di valutare questa produzione. Porrei un quesito diverso: siete a conoscenza di studi ufficiali (o meno) sullo stato igienico del prodotto che rimane a fine giornata, invenduto, sul cilindro? Valutazioni sul campo, hanno dimostrato che l’invenduto è indifferentemente tolto e messo in cella o lasciato direttamente sul cuocitore (spento) fino alla mattina dopo. Ci saranno dei virtuosi con l’abbattitore?

ricivet
ricivet
12 Dicembre 2012 08:54

Buongiorno a tutti,
Marco, sei sicuro che i tuoi amici siano allergici e non intolleranti? i due termini non sono sinomi fra loro. In Europa la lista degli allergeni obbligatori in etichetta non riportano le carni (escluso alcune speci di pesci). Vorrei capiere meglio una cosa prima di gridare al solito scandalo di "frode alimentare": l’articolo riporta l’utilizzo di uno strumento che dal nome rileva la presenza di una specie animale ricercandone il DNA, ma questa presenza è stata quantificata? di solito questi test genetici sono estremamente precisi, ma non quantificano la presenza della specie riscontrata. Quindi il dubbio finale è: si tratta di una vera omissione di ingredienti in etichetta o di semplice contaminazione durante la lavorazione? il metodo utilizzato è stato accreditato?

Bianca Maria Varcasia
Bianca Maria Varcasia
14 Dicembre 2012 09:09

Ricivet. Come tutti i laboratori di analisi, noi riceviamo campioni anonimi dagli organi ufficiali deputati al controllo degli alimenti. L’anonimità dei campioni è dovuta ad ovvi motivi di privacy e per avere un’obbiettività dei dati: per cui non conosciamo la provenienza dei campioni. Inoltre dopo l’esito delle analisi gli organi istituzionali sono stati prontamente avvisati ed essendo un’indagine del 2010, avranno sicuramente preso provvedimenti in merito. Noi abbiamo fatto una "fotografia" di quella che era la situazione, per cui la nostra indagine è stata di natura qualitativa.
Per quanto riguarda il metodo, lavorando campioni ufficiali la metodica microarray è stata accreditata.

ricivet
ricivet
19 Dicembre 2012 16:36

Bianca, non volevo essere critico nei confronti dell’operato del laboratorio. volevo solo capire se, a fronte di un esito di "presenza" di specie diversa da quanto dichiarato in etichetta, erano state approfondite le modalità operative delle aziende … magari si tratta di una banale contaminazione in produzione e sarebbe stato opportuno indicarlo nell’articolo senza lasciare dubbi aperti ai lettori