Ricevere il cibo a domicilio è comodissimo: basta una telefonata, e un ragazzo parte sfrecciando in bicicletta per consegnare sushi o pizza, ma anche piatti gourmet. Ovviamente confezionati in contenitori usa e getta e corredati di posate e tovaglioli, materiale in gran parte destinato a finire nei rifiuti. Con quale impatto per l’ambiente?  Il fenomeno è ancora piuttosto nuovo, ma una rivista americana si è presa la briga di studiarlo e i dati che ne emergono sono preoccupanti. Soprattutto per quanto riguarda la posateria, che raramente è realizzata in materiale riciclabile: solo nel 2015 negli Stati Uniti sono stati “piazzati” circa due miliardi di ordini per consegna cibo a domicilio. “Se anche solo la metà di questi comprendesse posate di plastica, staremmo gettando via miliardi di utensili che non sono destinati a sparire nel nulla”, spiega l’autrice dell’inchiesta, Jenny Luna. A questo si aggiungono confezioni, incarti, tovagliolini e altro ancora: uno studio recente realizzato nella San Francisco Bay Area segnala che il 67% di tutti i rifiuti gettati in strada sono legati al consumo di cibo: a rappresentare i problemi più seri, secondo le associazioni ambientaliste americane, sono incarti, tappi e sacchetti in plastica.

In Italia la consegna di pasti a domicilio è una moda recente, che ha attecchito soprattutto nelle grandi città, ma si sta rapidamente diffondendo, tanto che la Federazione Italiana Pubblici Esercizi ha espresso preoccupazione per il possibile impatto – anche ambientale – di questo tipo di servizi

Dalle informazioni da noi raccolte risulta che ad avere una diffusione capillare sul territorio è soprattutto l’italiana “Just eat” con una rete di oltre seimila ristoranti – soprattutto pizzerie, sushi , kebab e cinesi – mentre Foodora è presente soprattutto a Milano Torino Roma e Firenze con oltre 1.300 ristoranti partner – soprattutto pizzerie sushi e hamburger – e Deliveroo, che propone ristoranti di fascia medio alta, è presente in otto città, da Milano dove è arrivato a fine 2015, all’ultima arrivata Verona.

Just eatIl problema rifiuti esiste, anche se è difficile quantificarlo visto che la maggior parte dei distributori lascia ai ristoranti la libertà di scegliere come imballare gli alimenti o si limita a fornire indicazioni sui prodotti da scegliere, con un occhio alla tutela ambientale. “Foodora aiuta i propri partner suggerendo loro fornitori di alta qualità, biodegradabili o composti da materiali riciclati”, spiegano i responsabili della società. “Inoltre, fornisce ai ristoranti partner dei sacchetti biodegradabili composti da carta riciclata, all’interno dei quali vengono inseriti i vari packaging prima di essere affidati al rider per la consegna”. Deliveroo non dà informazioni sulle confezioni, che sono responsabilità dei singoli ristoratori, concentrandosi sulla velocità ed efficienza della consegna.  Just eat propone ai clienti i propri materiali e dichiara di avere in corso una valutazione su “nuove confezioni e pack in grado di aiutare il consumatore nello smaltimento e  di orientare i ristoranti partner verso un comportamento virtuoso nelle consegne a domicilio per quanto riguarda le scatole per il trasporto della pizza, e la consegna di cibi fusion, giapponese e hamburger”. “Alcuni ristoranti partner”, aggiungono i responsabili di Just eat, “sono già sensibili al tema, e propongono confezioni  in materiali riciclati, alluminio e cartone ecologico”.

just eat
Alcuni ristoranti propongono confezioni per il trasporto in materiali riciclati, alluminio e cartone ecologico

Quello dello spreco è un problema da affrontare a tutto tondo. Secondo un’indagine realizzata da Just eat su un campione di 500 ristoranti della propria rete italiana, è emerso che per l’83% dei ristoranti lo spreco è un tema importante su cui il 77% ritiene di poter contribuire attivamente.  Anche per questo Just eat ha lanciato Ristorante Solidale, un progetto di food delivery – attivo per ora a Milano – che si propone di trasformare le eccedenze alimentari e i prodotti freschi dei ristoranti partner in consegne solidali. Il progetto è realizzato  in collaborazione con PonyZero che si occupa delle consegne e dei ritiri di cibo per trasportarli dai ristoranti aderenti alle comunità di accoglienza identificate insieme a Caritas Ambrosiana.

Anche a livello internazionale qualcuno sta cominciando a correre ai ripari. Nel 2010 la società indiana Bakeys ha cominciato a produrre posate commestibili a base di cereali mentre  la californiana Spudware utilizza fecola di patate “Una soluzione solo parziale”, spiega Jenny Luna “visto che oltre al costo sia economico che in termini di energia spesa le alternative pongono problemi di smaltimento”. Anche Greenpeace China ha lanciato una campagna per limitare l’uso delle bacchette usa e getta – nel paese ne vengono consumate ogni anno ottanta miliardi – invitando i clienti a chiedere bacchette riutilizzabili o a usate le proprie: un’iniziativa che ha portato al bando delle bacchette usa e getta alle Olimpiadi di Pechino del 2008. “Forse sarebbe il caso di far pagare una piccola somma ai consumatori per la posateria, per indurli a usare le loro”, conclude Luna. “Un modo per risparmiare riducendo la spazzatura e tutelando l’ambiente”.

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Piero
Piero
8 Agosto 2017 16:02

Vuoi essere comodo e sia. Non vuoi uscire di casa e sia. Questo modo produce una eccedenza di rifiuti oltre che uno spreco. Paga. Un sovrapprezzo proporzionale al conto del servizio. Un modo semplice e pulito per risolvere la questione

Costante
Costante
10 Agosto 2017 15:25

Il commento di Pietro non fa una piega. Posso aggiungere che per una maggiore comprensione da parte degli utenti il sovrapprezzo per spreco e gestione rifiuti dovrebbe essere chiaramente evidenziato nello scontrino, staccato dal costo del prodotto e della consegna.