Se i pesci fossero vegetariani, sarebbero più sicuri per l’uomo, meno “costosi” per l’ambiente, ma altrettanto ricchi dal punto di vista nutrizionale? Sì, secondo i ricercatori del progetto Aquamax che hanno messo a punto mangimi a base di vegetali per salmoni, trote e orate per sostituire quelli tradizionali fatti con farine e oli animali con risultati molto positivi.

Aquamax (“Sustainable aquafeeds to maximise the health benefits of farmed fish for consumers”)  è stato finanziato dall’Ue con 10,5 milioni di euro e coordinato dall’Istituto nazionale norvegese di ricerca sull’alimentazione e gli alimenti marini (Nifes). Il consorzio ha riunito 33 partner provenienti da Belgio, Cina, Estonia, Francia, Germania, Grecia, India, Norvegia, Regno Unito, Spagna, Svezia e Ungheria. Allo studio ha partecipato anche l‘Italia, attraverso l’Istituto superiore di sanità (Iss): Ilfattoalimentare.it ne ha parlato con la ricercatrice Francesca Maranghi che ne ha seguito gli aspetti tossicologici.

Il progetto si è strutturato in 4 differenti aree di lavoro:

sviluppare dei mangimi più salubri per l’acquacoltura e, nel contempo, salvaguardare le risorse marine;

studiare gli effetti per la salute umana del consumo di pesce alimentato con questo nuovo sistema, concentrando l’attenzione sulle donne in gravidanza e i bambini allergici;

valutare la sicurezza del pesce allevato (salmonidi, orate, carpe)  , parte affidata  ai tossicologi dell’Iss;

comprendere qual è la percezione del pesce d’allevamento da parte dei consumatori e degli scienziati.

Spiega Francesca Maranghi: «La richiesta crescente di pesce da parte dei consumatori, sulla spinta delle campagne nutrizionali a favore del suo valore alimentare a fronte di un contenuto calorico ridotto che ne fa un alimento ideale per tutte le fasce d’età, comprese le più vulnerabili (bambini, anziani) anche nei regimi dimagranti, sta depauperando l’ambiente, perché molta fauna ittica viene utilizzata per produrre i mangimi a base di farine e oli di pesce». Come si legge sul sito di Aquamax, per produrre 1 kg di salmone destinato all’alimentazione occorrono ben 4 kg di pesce pescato.

«In Italia – continua Maranghi -il consumo procapite annuo di pesce è molto inferiore rispetto a quello di carne bovina. Non è così nel Nord Europa. Il pesce è una fonte di principi nutritivi importanti, come grassi “buoni” omega tre, proteine facilmente assimilabili, vitamine, iodio e selenio, elementi presenti sia in quello di allevamento che in quello pescato: Aquamax non ha notato dfferenze di rilievo. Di contro, però, le carni possono contenere “contaminanti persistenti”: diossina, PCB (policlorobifenili, in passato usati per esempio nei fluidi per condensatori e trasformatori, circuiti idraulici, come additivi vernici, pesticidi, carte copiative, adesivi…) e ritardanti di fiamma (varie sostanze aggiunte, per esempio a tappezzerie, circuiti stampati, video per computer, contenitori di plastica e i cavi, per ridurre la loro infiammabilità). Questi ultimi sono riconosciuti anche come “interferenti endocrini” (IE) perché hanno effetti a carico del sistema ormonale».

Questi contaminanti fanno parte della “sporca dozzina”, le sostanze delle quali la Convenzione di Stoccolma sugli Inquinanti organici persistenti (POPs) – sottoscritta nel 2001 da 92 nazioni – ha ristretto o bandito la produzione, l’uso, il commercio e lo stoccaggio. Nell’agosto 2010, alla sporca dozzina sono stati aggiunti altri 9 composti chimici (pesticidi e ritardanti di fiamma). Sono tra le sostanze chimiche più studiate perché hanno la caratteristica di accumularsi nei tessuti ricchi di lipidi e di restare nell’ambiente per parecchio tempo dall’immissione. I PCB, per esempio, erano banditi già dagli anni Settanta, ma così come accade per il DDT, sono ancora ampiamente presenti nell’ambiente.

Spiega la ricercatrice: «Diossina, PCB e ritardanti di fiamma (due in particolare, esabromociclododecano e PBDE47) sono stati individuati da Aquamax come i più presenti nel pesce, soprattutto nelle specie ad alto contenuto lipidico come  isalmoni, sgombri, anguille che, tra l’altro, sono predatori all’apice della catena alimentare (e quindi “accumulano” i contaminanti presenti nelle specie ittiche di cui si nutrono direttamente oppure attraverso  i mangimi). Lo studio si concentrato sulla produzione di  mangimi privi di contaminanti».

 Mettendo a punto un mangime per i pesci di allevamento più ricco di componenti vegetali riducendo quelle  animali (farine e oli di pesce) diminuisce  anche la presenza di contaminanti. Il rischio è di  far “dimagrire” troppo salmoni, trote & C. e  modificarne le caratteristiche organolettiche e nutrizionali. «Per esempio – puntualizza Maranghi – alterando il rapporto tra acidi grassi omega 3 e omega 6 si potrebbe compromettere l’obiettivo finale di avere un prodotto alimentare sano ma anche salutare. Per mettere a punto la miscela “giusta” ci sono voluti anni di lavoro, studiando diverse soluzioni e utilizzando diversi tipi di oli vegetali per ridurre il più possibile la parte proteica animale a rischio di contaminazione modificando il meno possibile le caratteristiche intrinseche del pesce. Le valutazioni conclusive sono state fatte su due gruppi vulnerabili di popolazione: bambini e donne in gravidanza».

All’Iss è stato affidato il compito di controllare la sicurezza dei nuovi mangimi “semi-vegetariani”. «Abbiamo nutrito roditori da laboratorio con pesci allevati con mangime tradizionale e altri con quello messo a punto da Aquamax, per studiarne stato l’impatto sulla salute. È stato valutato anche l’effetto protettivo o meno della dieta quando il roditore veniva esposto direttamente ai contaminanti. I topini alimentati con diete tradizionali risultavano più sensibili all’azione di queste sostanze chimiche tossiche: abbiamo trovato alterazioni a carico degli ormoni della tiroide, del sistema riproduttivo e immunitario maggiori rispetto ai roditori nutriti con dieta a base di “salmone Aquamax”».

Secondo Aquamax, gli ingredienti vegetali possono sostituire il 70% dell’olio di pesce e l’80% delle proteine marine nei mangimi tradizionali senza avere alcun impatto negativo sulla salute del pesce, e permettendo al salmone di mantenere il suo valore come alimento fonte di  di acidi grassi salutari. Le donne in attesa e i bambini che hanno in grembo sono i più a rischio di essere colpiti dagli inquinanti persistenti, ma, nello stesso tempo, sono anche i soggetti che hanno maggior bisogno dei nutrienti del pesce, omega tre in particolare.

Nello studio, 62 donne in gravidanza hanno consumato due volte a settimana il salmone nutrito con vegetali, dalla 21° settimana di gravidanza fino al parto. Il team ha anche seguito i neonati per i primi sei mesi. Un gruppo di controllo di 62 donne incinte ha consumato la stessa quantità di pesce come avrebbero fatto normalmente. I risultati sono stati molto incoraggianti: nel primo gruppo i livelli di omega tre erano elevati sia nella madre che nel bambino, anche se i salmoni erano cresciuti con mangime  basato principalmente su ingredienti vegetali.

Mariateresa Truncellito

 foto: Photos.com

Per maggiori informazioni

AQUAMAX: http://www.aquamaxip.eu/

Consiglio della ricerca norvegese: http://www.forskningsradet.no/en/Home_page/1177315753906

Ricerca sulla qualità e la sicurezza alimentare: http://cordis.europa.eu/fp6/food.htm

Sugli interferenti endocrini (IE): http://www.iss.it/inte/