OGM Greenpeace
Greenpeace sostiene un’alternativa agli OGM: la selezione assistita da marcatori

Si chiama Marker Assisted Breeding (MAS) ossia “selezione assistita da marcatori”e viene considerata l’alternativa ambientalista agli OGM. Lo scorso novembre Greenpeace International ha stilato un report su questa tecnica, cercando di spiegare i motivi che hanno conquistato il favore dell’associazione nell’ambito delle biotecnologie applicate al mondo alimentare. All’interno del report si possono leggere alcune considerazioni sulla sicurezza del MAS, sulla possibilità di ottenere varietà con caratteristiche utili, come quella in grado di contrastare attivamente alcune gravi patologie che si registrano nella coltivazione del riso, o ancora la diffusione di una varietà redditizia di miglio perlato. Il rapporto di Greenpeace International – si legge nel comunicato – analizza gli effetti migliorativi che la MAS ha su diverse colture nei vari continenti. I casi studio riguardano gli sviluppi di questa tecnica al fine di affrontare stress biologici, come virus, funghi, batteri, erbe infestanti e insetti, affrontare gli stress fisici e chimici, come siccità, eccesso di salinità o inondazioni, migliorare la concentrazione di micronutrienti nelle colture, ottenere grani di qualità migliore.

 

Molte delle considerazioni sono di stampo politico, più che scientifico, e permettono alla nota associazione di portare avanti le loro battaglie, proponendo un’alternativa che sia in grado di contrapporsi all’ingegneria genetica. Il MAS è infatti una tecnica che sfrutta una caratteristica genetica di una pianta e che si differenzia dall’innesto realizzato in modo tradizionale perché permette di selezionare anche quei caratteri più ostici e difficili, come le resistenze ad alcuni parassiti non sono immediatamente visibili. La tecnica parte dalla considerazione che due o più geni possono essere così vicini sul cromosoma da comportarsi come un unico “carattere”. In altre parole se il gene che interessa è difficile da individuare, ma si trova tra due geni in grado di conferire caratteristiche riscontrabili in modo più facile e rapido (colore, dimensione, forma) e si comporta come se fosse “unito”, la probabilità di riuscire a selezionarlo insieme alle  altre due caratteristiche (marcatori), e di abbinarlo alla pianta è molto alto.

 

mele OGM MAS Greenpeace
La MAS non prevede l’introduzione di materiale genetico, ma incroci che permettono di selezionare anche caratteri poco “visibili”. È tuttavia costosa sia in termini di tempo, sia come soldi

Questa tecnica incontra  le esigenze di Greenpeace perché  si tratta di incroci, senza l’ introduzione di materiale genetico esterno o di specie animali, con un livello di tecnologia maggiore dovuto allo sfruttamento dei “geni marker”. Ovviamente gli inconvenienti non mancano: per prima cosa è necessario disporre di marcatori efficaci e solidi, trovare le caratteristiche desiderate e stabilire le cosiddette mappe di linkage, ossia i legami tra questi geni marker e il  gene di interesse,  sperando che non vi sia un legame altrettanto forte con un carattere indesiderato.

 

La tecnica comunque può essere studiata e migliorata. Come si legge nel report: «Negli ultimi anni la MAS si sta diffondendo grazie alla riduzione dei costi, al miglioramento dell’efficienza e allo sviluppo delle tecnologie di marcatura. Viene applicata con successo ad un’ampia gamma di colture, tra le quali alcune fondamentali per l’approvvigionamento alimentare mondiale: orzo, fagioli, manioca, ceci, arachidi, mais, patate, riso, sorgo e frumento. Poiché non esiste una documentazione esauriente sulle effettive applicazioni della MAS, non sono disponibili stime precise sul numero delle varietà ottenute né dell’attuale utilizzo da parte degli agricoltori. Tuttavia, come si può desumere dalla letteratura disponibile, è evidente che la MAS è un filone prominente per le aziende private del settore e gioca un ruolo di primo piano nei programmi pubblici di miglioramento genetico, come illustrato dalle 136 varietà ottenute tramite questa tecnica e identificate nel rapporto integrale di Greenpeace International».

 

Sara Rossi

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Foto: iStockphoto.com

 

Il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade hanno lanciato una petizione per chiedere che sulle etichette dei prodotti alimentari rimanga l’indicazione dello stabilimento di produzione

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Giovanni Tagliabue
Giovanni Tagliabue
23 Febbraio 2015 16:54

Un paio di domande a Greenpeace. 1. Dato che la loro lotta a quelli che chiamano “gli OGM” è in gran parte legata a un – discutibile ma legittimo – atteggiamento anti-industriale, cioè contrario all’agribusiness, si dichiarano in favore della MAS anche se, come accade, la tecnica viene utilizzata dalle stesse grandi aziende che a volte creano “OGM”? 2. Se appunto l’ostilità per “gli OGM” è legata a legittime motivazioni socio-politiche, perché si oppongono alla ricerca universitaria e alle applicazioni pubblico-filantropico-umanitarie del DNA ricombinante (“gli OGM!”)? Si tratta di uno strabismo di prospettiva, perché la MAS dovrebbe essere benvenuta, quando funziona, così come la ricombinazione del DNA, la mutagenesi indotta, la coltura in vitro e qualsiasi applicazione di biotecnologie “verdi” che dia buoni risultati; l’utilizzo commerciale, i brevetti, ecc. sono questioni importanti che devono coinvolgere tutti i prodotti e il loro uso, “OGM” e non. Invece troppi eco-attivisti si sono amminchiati – come direbbe Montalbano – sulla errata identificazione tra “OGM” e capitalisti agro-industriali. Combattano pure le loro battaglie contro lo strapotere delle multinazionali, ma abbiano il buon senso di lasciare in pace la ricerca pubblica, rinsavendo dall’errato e controproducente abbaglio “OGM”!

Giancarlo Curzel
Giancarlo Curzel
3 Marzo 2015 12:31

Mi sa che Greenpeace o non conosce l’argomento, o vuole alzare volutamente una cortina fumogena tra miglioramento genetico per ibridazione/incrocio o irraggiamento (aumentando quindi la variabilità genetica), e la MAS, che in soldoni, è un metodo rapido di selezione, esistente da più di 30 anni. Vedi https://www.google.com/url?q=htt p://www.salmone.org/wp-content/uploads/2011/01/mas.pdf&sa=U&ei=DYv1VJyAMvLasASW_YIo&ved=0CAYQFjAB&client=internal-uds-cse&usg=AFQjCNEbip1QHprVJ__7lU9hOznuErUPpg.
Pontificare su OGM e MAS mettendoli in contrapposizione, è fondamentalmente un nonsenso, o quantomeno una posizione antiscientifica, perché, nella realtà, sono tecniche complementari, ma non sostitutive l’una dell’altra. L’argomento non è di comune comprensione, anche a causa del background culturale scientifico, non esaltante, che viene dalle nostre scuole primarie, e quindi molte persone, non afferrando la materia, hanno un approccio diffidente al punto di rifiutarla in blocco, come una qualsiasi cosa ignota, e seguire le sirene che proclamano slogan fondati sulle ideologie e sul supposto strapotere delle multinazionali. Il fatto disarmante è che questo riguardi anche molti nostri “POLITICI”, che di conseguenza avvallano dictat illogici, perfino in contrasto con l’EFSA, organo scientifico europeo istituito da loro e pagato da noi, ed anche col parere dei nostri ricercatori e scienziati. Per arrivare alla conclusione che gli OGM possiamo utilizzarli, ma non produrli, spendendo fior di soldini per importarli e così poter continuare a rendere fattibili molte nostre decantate eccellenze alimentari: sarà la più apoteosica zappa sui piedi, quando finalmente sarà obbligatoria l’etichettatura!
Comunque, per chi volesse saperne di più, https://www.google.com/url?q=http://www.salmone.org/ogm-mas-guidorzi-geneticamente/&sa=U&ei=DYv1VJyAMvLasASW_YIo&ved=0CAgQFjAC&client=internal-uds-cse&usg=AFQjCNETCyaJs2IfdpArXM2mHJGe7QGCQA
da cui si potrà anche essere informati che, in fatto di MAS, l’organismo più avanzato al mondo è la …Monsanto!

Roberto La Pira
Reply to  Giancarlo Curzel
3 Marzo 2015 13:52

Che la Monsanto sia l’organismo più avanzato al mondo in tema di Mas, non vuol dire che poi queste conoscenze vengano poi impiegate in modo utile per l’agricoltura . Diciamo che le conoscenze della Monsanto sono state utilizzate per produrre mais e soia OGM transgenica, per invadere le coltivazioni di mezzo mondo cercando così in tutti i modi di ridurre la biodiversità. Tutto ciò non certo in nome della fame del mondo ma del profitto privato di aziende. Sul fatto che noi spendiamo soldini per importare mais ogm e soia ogm per l’alimentazione animale è vero, ma è esattamente quello che avveniva prima in quanto la produzione nazionale non è sufficiente.

ezio
ezio
3 Marzo 2015 13:50

Penso che questa critica sia strumentale per confondere la lotta contro gli OGM, non solo di Greenpeace, con quella al sistema delle multinazionali.
A me risulta che questa associazione combatta sia le multinazionali per quello che di dannoso compiono e non per quello che sono, ma anche vari paesi come il Giappone per la caccia alle balene, o l’inquinamento dell’acqua, dell’aria e la distruzione dell’ambiente naturale, patrimonio di tutti.
Se poi i principali artefici di alcuni dei principali disastri già compiuti ed in corso d’opera, sono proprio alcune multinazionali autorizzate da molti paesi conniventi, questa è la realtà dei fatti e non un pregiudizio.
Il mondo è pieno di piccole e grandi multinazionali che operano correttamente in tutti i settori industriali, senza distruggere il patrimonio ambientale, anzi molte di queste del settore green, lo migliorano per noi e per i nostri figli e nipoti.

Giancsrlo Curzel
Giancsrlo Curzel
3 Marzo 2015 15:44

Vedo che parliamo due lingue diverse: la biodiversità cui lei accenna, corrisponde al concetto espresso dalla Coldiretti, che cioè essa si esprima “in termini di varietà e razze locali di interesse agricolo, zootecnico e forestale”. Per fortuna essa è soprattutto un’altra cosa, almeno stando al WWF, che così la definisce:”Biological diversity – or biodiversity – is the term given to the variety of life on Earth. It is the variety within and between all species of plants, animals and micro-organisms and the ecosystems within which they live and interact.” L’accezione secondo cui la biodiversità intende la diversità come numero delle varietà all’interno di una specie è scorretta. E non c’entra con gli OGM: l’Argentina, che non riconosce i brevetti Monsanto, ma ne riconosce i vantaggi, ha inserito in più di 600 varietà di mais locali il gene Bt. Ed infine, secondo lei, c’è più biodiversità nei terreni a mais Bt, o in quelli a mais non GM? Tenendo presente che per tenere fuori dai piedi piralide e diabrotica, nei non GM bisogna ricorrere agli insetticidi disponibili, e cioè a largo spettro, alla fine nei GM avremo l’assenza degli insetti target (i due soprannominati), mentre negli altri avremo dato una bella botta anche a quelli non-target, con tanti saluti alla biodiversità estesa. Tenga poi presente che Monsanto ed altri vuol dire anche Seminis, cioè i più avanzati costitutori, al di là delle commodities che lei nomina, anche di un numero enorme di varietà avanzate per l’orticultura (nelle quali eventualmente vale la pena di inserire il gene Bt), per esempio il pomodoro. Il fatto è che abbiamo lasciato in mano la ricerca genetica agricola alle multinazionali, ed anzi l’abbiamo favorita con regolamentazioni così costose, da renderle inaccessibili ad altri; contemporaneamente, abbiamo smantellato quella pubblica. Mi sa dire quante siano le società italiane lavorano per la costituzione di nuove varietà di commodities, a partire dal mais? Si fidi di me: il maiscoltore italiano non ne ha a disposizione nemmeno una. A meno che lei non si riferisca al mais da polenta…

Roberto La Pira
Reply to  Giancsrlo Curzel
4 Marzo 2015 12:41

Parliamo due lingue diverse. La ricerca genetica agricola della Monsanto e di altre aziende non è certo mossa da motivi etici o filantropici . Ma da ragioni economiche e quando serve non seguono certo le regole della corretta informazione. Non siamo di fronte ad angeli dell’agricoltura come lei li descrive

Giampaolo
Giampaolo
3 Marzo 2015 15:46

Condivido il lucido commento di Giovanni Tagliabue. Troppe volte la posizione nei confronti della ricerca deriva da idee pur lecite, ma appartenenti ad altre aree. Vorrei che la lotta contro gli OGM fosse condotta in modo aperto e onesto, valutando – pesando e misurando – anche il dramma (ecologico e umano)causato dalla mancanza di sviluppo in tal senso – distinguendo in modo chiaro ciò che è scientifico da ciò che è ideologico. Poi si potrà anche prendere decisioni ideologiche in campo scientifico, ma sapendo da dove arrivano, non decisioni prese nella nebbia dell’osurantismo ideologico, ma nell’apertura di ideologie capaci di confronto sui fatti, sulla realtà. La storia è costellata di drammi causati da scelte emozionali, ma pare non sia ancora abbastanza: è più facile fare leva sulle emozioni, anche palesemente infondate o soggette a errori sistematici, piuttosto che misurare i fatti, al meglio delle nostre possibilità, e aiutare le nostre emozioni ad essere più realmente efficaci

Roberto La Pira
Reply to  Giampaolo
3 Marzo 2015 18:48

La realtà è però fatta di due multinazionali che hanno imposto in Europa l’arrivo di mais e soia ogm non etichettata che ha invaso il mercato e di consumatori che non potevano scegliere. Questo non è oscurantismo ideologico ma un dato di fatto, un’invasione fatta ignorando le regole dell’etichettatura e della trasparenza. Queste sono le premesse di un confronto realizzato in modo profondamente scorretto e furbesco dalle multinazionali. Tutto il resto viene dopo. Perchè questo difetto non viene preso in considerazione, ma si parte dal presupposto che gli ogm sono arrivati sul mercato dal cielo. Gli Europei non hanno mai voluto gli ogm chi li ha imposti ? Vorrei che mi si rispondesse a questa domanda.

ezio
ezio
5 Marzo 2015 10:30

C’è una scala gerarchica nell’affrontare i temi della vita, in tutti i suoi risvolti pratici, dalla sopravvivenza fino al benessere collettivo.
Quando si confrontano due posizioni opposte, il problema non è quello della mancanza di comprensione dei termini etici o scientifici della questione, ma è quasi sempre, come in questo caso, la missione di appartenenza delle diverse posizioni.
E’ evidente che chi ha la missione personale ed aziendale di vendere alimenti OGM, ha formato la propria convinzione con argomenti etici, sociali e scientifici, che supportano totalmente tale missione.
Ma è altrettanto evidente che chi ha scelto come missione personale, o di gruppo sociale la difesa della natura umana nel proprio ambiente di appartenenza e provenienza, si sia formato convinzioni etiche sociali e scientifiche a supporto del proprio fine.
Ora facendo un raffronto sulla scala gerarchica dei temi della vita che condividiamo sulla Terra, quale ci risulta essere la missione prevalente, quella di vendere alimenti OGM, oppure quella della difesa della natura umana, in tutti i suoi risvolti pratici?
Per la sopravvivenza ed il benessere collettivo, serve vendere OGM, oppure salvaguardare la natura senza stravolgerla e magari investire nella medicina, nella cultura lottando contro l’ignoranza diffusa, l’egoismo prevaricante ed il fanatismo ideologico?